Voto Visitatori: | 7,20 / 10 (5 voti) | Grafico | |
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Film del 1961 e prima pellicola "seria" di Nanni Loy dopo una serie di prove con tematica sentimental-brillante, "Un giorno da leoni" si inserisce nel filone di "revisionismo" della seconda guerra mondiale ed in particolare del periodo della resistenza che caratterizzò i primi anni Sessanta. A quindici anni dalla fine del conflitto e con una situazione economica più solida, l'Italia guarda di nuovo a quegli anni in maniera meno dolente; l'obiettivo principale però, nato soprattutto con l'apertura a sinistra da parte del governo, è il voler dimostrare alla popolazione che la guerra non è stata persa, che la partecipazione a fianco dei tedeschi è stata imposta da un regime male accettato e che comunque gli italiani hanno voluto e saputo ribellarsi soprattutto dopo l'armistizio dell'otto settembre e lo sfaldamento di ogni sicurezza.
La storia inizia proprio con l'annuncio dell'armistizio a Roma, e si colloca nel periodo più buio per la capitale italiana abbandonata a se stessa dal re e dal capo del governo, e dominata dai nazisti.
I protagonisti sono dei giovani come tanti: uno studente con scarsa attitudine (Nino Castelnuovo), un borgataro orfano di padre che si ingegna a fare il borsaro nero (Tomas Milian qui al primo ruolo in Italia), un ragioniere pavido e fortemente miope (Leopoldo Trieste).
Per caso i tre si trovano a fare una inaspettata scelta di vita.
Accanto a questi "eroi per caso", altri attori celebri dell'epoca: Renato Salvadori, Romolo Valli, un solido attore di teatro noto per un'interpretazione sempre asciutta e misurata, e Saro Urzì mentre tra le donne spiccano la giovane Carla Gravina e Annamaria Ferrero in due ruoli poco presenti sulla scena, diversi ma comunque centrali per l'intera vicenda.
Da bravi eroi fortuiti i personaggi della storia hanno le loro debolezze, nulla a che vedere con i vari film sulla resistenza che mostrano uomini tutti di un pezzo, mai preda di sbandamenti o bassezze.
Il regista si sofferma invece sui lati negativi di ciascuno di loro e sui bassi istinti che una situazione forte riesce a creare. I vari personaggi prima di crescere e di passare dallo stadio iniziale di giovani ignavi a quello di uomini maturi e consapevoli si scontrano con delle realtà difficili. Primo fra tutti lo studente Danilo che assiste impotente al sacrificio di un suo compagno di scuola di opposta ideologia o il pavido ragioniere Michele disposto all'occasione a fare il delatore. "Bildungroman", quindi, cioè storia di formazione oltre che storia di guerra, perché la maturazione dei protagonisti è il vero scopo del regista più che l'azione eroica che viene da questi compiuta.
Gli interpreti, tutti nomi di spicco nella cinematografia italiana dell'epoca, hanno una recitazione senza sbavature, compreso il giovane Milian, attore di razza in grado di passare senza patimenti dal cinema colto al trash del Monnezza di quindici anni dopo. La scelta del bianco e nero e la bellissima colonna sonora completano l'opera: di sicuro un film da vedere considerando che al giorno d'oggi il nostro cinema è di tutt'altra pasta.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 24/01/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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