71 frammenti di una cronologia del caso regia di Michael Haneke Austria, Germania 1994
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71 frammenti di una cronologia del caso (1994)

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locandina del film 71 FRAMMENTI DI UNA CRONOLOGIA DEL CASO

Titolo Originale: 71 FRAGMENTE EINER CHRONOLOGIE DES ZUFALLS

RegiaMichael Haneke

InterpretiGabriel Cosmin Urdes, Lukas Miko, Otto Grünmandl, Anne Bennent

Durata: h 1.36
NazionalitàAustria, Germania 1994
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1994

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Trama del film 71 frammenti di una cronologia del caso

Un giovane, due giorni prima di Natale (1993) uccide per un banale litigio tre persone in una banca, poi si uccide a sua volta. La vicenda si sviluppa in realtà negli ultimissimi frammenti, ma è preparata attraverso le storie individuali di più personaggi o gruppi: un anziano malato; una coppia di aspiranti genitori adottivi; un ragazzino giunto chissà come da Bucarest; addetti alla sicurezza della banca; impiegati; scene di famiglia e scene di lavoro; scene di spostamenti; superstrade e svincoli...

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Voto Visitatori:   6,71 / 10 (7 voti)6,71Grafico
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Voti e commenti su 71 frammenti di una cronologia del caso, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  23/01/2025 12:37:57
   6½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Il terzo episodio della trilogia della glaciazione probabilmente è uno dei film meno riusciti di Haneke, anche se è molto lontano dall'essere brutto e questo la dice lunga sulla qualità e la costanza del regista austriaco - remake inutili esclusi, ma a tutti noi fanno gola i quattrini -, fondamentalmente non raggiunge i livelli delle altre opere per il suo impantanarsi in tematiche che aveva già ampiamente affrontato, è diciamo un approfondimento non necessario di quanto ci aveva già mostrato con "Benny's video" e soprattutto con "Il settimo continente" continuando la sua disamina nei confronti di un'umanità vista sempre più senza speranza, riprendendo anche i due precedenti capitoli sotto il punto di vista visivo, dai toni estremamente freddi, è un film caratterizzato da un grigio metallico dominante e dalla solita regia distaccata, che come al solito non indugia sull'atto in sé, per quanto possa essere un elemento chiave, ma si limita a suggerire tramite il fuori campo e un efficace uso del sonoro, creando comunque una percezione emotiva non indifferente, qui Haneke, anticipa a livello narrativo la coralità di altri suoi film come "Storie", ma anche "Il nastro bianco" mostrando in con un sentore realistico la quotidianità di queste persone il cui destino sembra già segnato fin dai titoli di testa della pellicola, sappiamo tutti cosa succederà, ma l'autore usa l'intreccio come mezzo per mostrare la solitudine e l'alienazione dell'uomo contemporaneo, la freddezza e un'emotività che sembra ormai fuori dai radar, inghiottita dagli impegni di una vita frenetica in cui un vecchio genitore sembra di troppo, in cui un giovane soffre una certa dipendenza dai giochi per la mancanza di stimoli e vicinanza esterna, l'essere umano sembra aver tirato su le sue barriere d'isolamento e non lascia entrare più nessuno, creando profonde spaccature emotive e un'incomunicabilità che viene estremizzata finendo nella tragedia.

Di poco inferiore ai precedenti capitoli, è comunque un film valido nonostante una parte centrale in cui sembra dilungarsi eccessivamente, ma le basi per i (capo)lavori degli anni successivi erano gettate.

Goldust  @  29/11/2022 15:29:46
   6 / 10
Non è propriamente il mio genere di film eppure i lavori di Haneke hanno sempre qualcosa di interessante, ed in questo caso è chiara l'intenzione del regista di stimolare lo spettatore fino alle battute conclusive della pellicola, quelle in cui si tirano le fila dell'operazione e dove il racconto diventa finalmente comprensibile. Prima di allora la visione è abbastanza difficoltosa ( i frammenti del titolo sono azioni ed abitudini normali di persone comuni che non hanno nulla da spartire l'un l'altra ) e bisogna entrare presto nel meccanismo narrativo per non cedere alla noia. Atto conclusivo della cosiddetta Trilogia della Glaciazione, Haneke continua ad indagare le contraddizioni dell'animo umano e di un mondo ormai privo di valori e sempre più preda di se stesso. Lo fa con il solito rigore ma anche con uno sguardo d'insieme che forse in altri momenti è stato più ispirato.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  11/09/2014 13:59:30
   8 / 10
Terzo capitolo della cosiddetta "glaciazione". Un altro film di livello straordinario con evidenziato il malessere esistenziale che ci attornia.
Una coppia infelice, un'altra alle prese con una figlia adottiva problematica, un anziano abbandonato a se stesso, un giovanissimo clandestino rumeno, uno studente fissato con i rompicapo : tante vite, tanti spezzoni (frammenti, appunto) di gesti quotidiani estratti da un tran-tran uniforme, monotono, apparentemente senza alcuna eccezionalità.
Sullo sfondo c'è una Vienna grigia ed anonima e nel frattempo le televisioni blaterano: notiziari in cui alla tragedia, all'ennesima guerra o massacro fanno seguito notizie più leggere, se non stucchevoli. Un rituale in cui l'indifferenza del giornalista va a braccetto con quella degli spettatori. Non vi è indignazione, tanto meno coinvolgimento. Ci si illude sempre che il male non ci riguardi, che non possa ghermirci.
Haneke presenta la violenza nelle nostre case, del modo in cui è stata accolta senza alcun timore o remora, come faccia parte di noi e come sia facile e consueto ricorrere ad essa. In questo caso il regista austriaco parte da un fatto di cronaca -uno studente uccide tre persone all'interno di una banca senza alcun preciso movente- e dimostra questa sua teoria riguardo il declino di cui siamo vittime passive.
Lo stile glaciale, distaccato, come un quello di un entomologo che osserva i suoi insetti divorarsi a vicenda è tipico del regista, tanto da essere affinato splendidamente in alcune pellicole successive; i tanti segmenti convergenti nel finale offrono una narrazione destrutturata, magari non originalissima eppure intrigante, con i vari personaggi uniti da un epilogo collettivo in cui il destino deciderà a chi sono destinati i fatali proiettili.
Haneke suscita interesse mostrando scene di normalità assoluta, non cerca il clamore per attirare l'attenzione dello spettatore. Imposta un rapporto algido con l'argomento trovando aderenza ad una realtà possibile, dalla quale poi scaturiscono i mostri.
Non si cercano risposte, si giunge direttamente al dato di fatto, all'assodato, al mondo impazzito ormai lanciato in un rapporto sempre più oscenamente intimo con il male.

Ciaby  @  14/12/2013 19:00:31
   5½ / 10
Sicuramente è il meno riuscito della "trilogia della glaciazione": a fianco dell'insuperabile "Il Settimo Continente" e del meno riuscito, ma comunque interessante "Benny's Video", "71 Frammenti" non regge il paragone.

Resta comunque lo stile di Haneke, uno dei migliori registi contemporanei (e non solo).

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  04/01/2011 21:15:59
   6½ / 10
Ci vuole pazienza e poco sonno per seguire questo film mortalmente banale nelle azioni quotidiane dei suoi vari protagonisti. Il tutto è ovviamente voluto dal regista e Haneke si conferma affilato come un rasoio nello stupire e sconvolgere pur avendo praticamente anticipato tutto quello che vedremo nel breve riassunto iniziale; arrivare alla fine non è facile ma quegli ultimi dieci minuti gettano nuova luce su tutto il film visto in precedenza. Effettivamente qui si tratta di un'analisi spietata del vuoto e della piattezza che attanagliano la vita dei molti personaggi,piattezza che porterà uno di loro al terribile gesto finale. Stacchi bruschi caratterizzano il montaggio quando si passa da un personaggio all'altro ma è difficile provare qualsivoglia emozione per tutta la durata del film,finale escluso ma è ovvio. Se fa parte della trilogia della glaciazione si capisce ovviamente il perché,e lo stile rigorosamente radicale di Haneke ancora una volta non fa alcuno sconto.
Si passa dalle tragedie evocate dai telegiornali ai gesti di vita quotidiana,analizzate entrambe con freddezza da chirurgo,e infine sarà il quotidiano ad entrare nei "casi straordinari"; I telegiornali,tra notizie inutili ed altre di crudele normalità,nella tragedia che sconvolge la normalità si chiedono il perché di tale follia; Haneke non dice nulla,non fa trasparire alcune emozione né alcuna sensazione per tutto il film ma si sente implicitamente la sua domanda nell'aria,dopo l'ultima interruzione del tg: perché? Guerre e stupri,atti improvvisi di pazzia senza motivo,alla fine rimane sempre questa domanda a pendere come una condanna.


Se si ha lo stoicismo di guardare scene colme di una vuotezza disarmante, con il risultato di farla apparire comunque una pellicola poco appetibile e troppo pretenziosa, può anche essere un'esperienza da fare comunque.

BlackNight90  @  18/02/2010 17:19:29
   6½ / 10
Né entusiasmante né innovativo, un minore di Haneke ma anche uno dei primi, bisogna dirlo.
La regia di Haneke è statica e fissa, quasi documentaristica, si riconsce già il suo stile personalissimo ma in questo caso ametto di aver fatto moolta fatica nel seguirlo.
Quello del regista austriaco è un mosaico di drammi personali, tante vite mediocri che si incrociano negli ultimi 15 minuti, la parte migliore del film: prima, a dominare è la freddezza dei rapporti umani, il senso di isolamento e di insofferenza comune ai giorni nostri.
Protagonista del film è la televisione, coi suoi telegiornali che pretendono di raccontare in mezz'ora la verità dietro le tragedie, le morti e le guerre del mondo per poi passare subito dopo a parlare di scandali amorosi, gossip o ca.zzate varie.
Non bisogna credere solo alla realtà proposta dalla tv, la vita è ben più tragica nei suoi piccoli drammi quotidiani.

1 risposta al commento
Ultima risposta 27/04/2010 01.57.17
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DarkRareMirko  @  22/10/2008 20:08:35
   8 / 10
Terza ed ultima parte della trilogia della glaciazione di Haneke, ed a mio avviso la migliore.

Gli attori sono bravi, la sceneggiatura e la regia (regia intesa sempre Haneke style, però, ossia "fredda e distaccata", come direbbe Travis Bickle nel capolavoro Taxi Driver[ed ecco che risalta fuori Scorsese, oh!]) ottime come al solito, e la vicenda interessante.

Questa volta non è la borghesia ad essere presa di mira dal regista, e nemmeno propriamente la violenza di per sè, ma bensì il potere mediatico della televisone (e in particolar modo il suo potere distorcente riguardante l'informazione) e, secondo me, un certo modo di fare televisione.

Per più di tre quarti della durata del film assistiamo a tante diverse storie di persone, che vanno dal vecchio al bambino passando per il lavoratore (eppure, a differenza di altri film di Haneke, primo fra tutti forse Benny's Video, qui non c'è nessuna ombra di noia), fino ad arrivare al momento clou della vicenda; un giovane per motivi futili spara ed ammazza svariate persone in una banca e poi si suicida egli stesso.

Il tutto, nell'incisivo finale assume un perchè (almeno per il senso del film); in sostanza la notizia della strage viene fornita dai telegiornali in modo normalissimo, empaticamente, per non dire velocemente, tra una notizia e l'altra, passando da un dramma infinito come quello che può essere una strage, per poi giungere in un batter d'occhio alle informazioni relative all'ultimo concerto di Michael Jackson.

Mediate gente, meditate.
Consigliato.

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