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Io mi arrogo il diritto di stillare una scala di voti esclusivamente felliniana. Perché questo non è affatto un voto "di cuore": Fellini non mi piace. E quando dico "non mi piace" alludo ad una mancata corrispondenza fra le intenzioni del regista e le mie corde sentimentali (scusate i paroloni ma meglio non so spiegarmi). Il punto è che io riconosco in Fellini un "cattivo maestro", una medicina amara quanto salvifica. Insomma lo ritengo un profeta vagamente saccente, un cavaliere eroico ma antipatico. Quindi, seppur la commozione è in definitiva un sentimento lontano da quello lasciatomi dal film, trovo sia un'opera intoccabile. Uno ci può disquisire sopra fino allo sfinimento, può dire che è fastidiosamente grottesco, che le questioni sociali sono toccate con mano un po' ignava et cetera , ma Amarcord ha tutta la sacralità della memoria (per l'appunto). Fellini s'è concesso il lusso di trasferire un bagaglio di vita sulla celluloide, l'ha usata a mo' di diario, di lascito ai posteri se preferite. Pochi hanno avuto lo stesso coraggio, lo stesso ardire o, perché no, la stessa presunzione. Et voilà, l'inviolabilità.
Per me la figura più significativa è stata quella del padre. Il suo vergine stupore di fronte al mistero della natura, il suo affetto verso la moglie, il rispetto verso il padre, denotano un'intelligenza emotiva sorprendente, tanto più che è nascosta da voci grosse e modi rozzi. E' un po' il ritratto del mio di padre e mi fa gran tenerezza.