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Dello stesso genere (l'inclassificabile/allegorico) ho preferito i due cult di Jodorowsky e Sweet Movie. Non lo consiglierei. Ottimo montaggio comunque.
Ricchissimo e grottesco capolavoro, intriso di critico e criptico simbolismo.
In apparenza c'è una trama semplice: un uomo, ritenuto l'assassino della propria madre, fugge nel deserto, dove incontra un ometto bizzarro che cambierà la sua vita. In realtà è un pretesto per mascherare un'autobiografia arricchita da spunti infiniti. Storia di un Edipo moderno: vulnerabile ed impreparato al mondo perché castrato dalla madre, Aden cresce nell'amore totalizzante ed univoco di lei e per lei ("Nessuno ti amerà come ti amo io"), che arriva persino a suggerirgli come dovrebbe ucciderla senza lasciare indizi. Gli occhi si aprono nell'incontro con Marvel, ometto e Messia, ingenua purezza e amore generoso. Origine, via e mèta della redenzione di un uomo.
Ogni fotogramma trasuda metafora. Come la vita di Aden è sistematicamente intervallata da improvvisi flash-back, accompagnati dal trottare di un cavallo pazzo, così la storia narrata è intervallata da momenti altamente simbolici, più o meno criptici. Nel complesso, Arrabal effettua a più riprese una pesante critica nei confronti di tutte le contaminazioni che l'uomo ha operato sul mondo e su di sé, nella superficiale e controproducente ricerca di una felicità che già gli appartiene. Diceva Shakespeare: "Cercando il meglio, spesso guastiamo il bene" ("King Lear"). Tutto questo viene espresso tramite lo sguardo, limpido ed ingenuo, di Marvel sulla civiltà.
Marvel, abituato all'aria pulita, vede gli uomini farsi del male portando alla bocca sigari e sigarette in un gesto assimilabile al poppare dal seno materno. Marvel, abituato a una grotta nel deserto, vede la casa lussuosa comprata da Aden e dice: "Mi piace molto, ma a cosa serve?". Marvel, che quando Aden non sa rispondere alla domanda "Cos'è la felicità?" si precipita verso di lui, correndo sorridente e nudo giù da una duna. Marvel, abituato a soddisfare le necessità primarie, vede i soldi e i gioielli con cui Aden può comprare ogni cosa, e gli chiede: "Anche la salute? L'amore? La felicità? Danno il latte come le capre?".
Non è assolutamente un film per tutti. Si deve essere disposti a lasciarsi coinvolgere, con mente libera, incondizionata e recettiva. Bisogna accettare il grottesco, scendendo a patti con la propria sensibilità davanti ad un film visivamente crudo. Sangue e sperma, urina e feci. Cadaveri e scheletri. Coprofagia e necrofagia. Nudità e ambiguità sessuali. Eppure nulla, di questi eccessi, è fine a sé stesso, e tutto assume rilevanza nell'ottica di insieme.
Si potrebbe parlare per ore di questo film, dei suoi contenuti e dei riferimenti autobiografici. Di visione in visione si aggiungono nuove possibili interpretazioni oppure nuovi dubbi. E' veramente difficile da affrontare e sviscerare, perciò è bello che vi sia pluralità di interpretazioni. L'unica critica che verrebbe da fare potrebbe riguardare gli attori non eccellenti e alcuni effetti speciali estremamente rozzi. Per il resto, è un film indimenticabile.
Questo è un film che si ama o si odia, non ci sono mezze misure, perché o si sta al gioco dell'autore sino alla fine o ci si arrende al primo quadretto nonsense granguignolesco. E' enorme il numero di intuizioni, idee, spunti interessanti, scioccanti in una pellicola di solo un'ora e mezza. Secondo me è meglio di El Topo perché più breve e più coinvolgente.
Abbiamo bisogno di pazzi, Arrabal è il numero dieci con la fascia da capitano. Davvero un cavallo pazzo, vita e arte si fondono per una delle menti più lucide (dunque offuscate) del '900. Viva la muerte e Andro come un cavallo pazzo, dieci. Ogni commento al film deturpa il fim stesso, una esperienza indicibile, come indicibile è il genio in questione dietro la macchina da presa.