andro' come un cavallo pazzo regia di Fernando Arrabal Francia 1973
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andro' come un cavallo pazzo (1973)

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locandina del film ANDRO' COME UN CAVALLO PAZZO

Titolo Originale: J'IRAI COMME UN CHEVAL FOU

RegiaFernando Arrabal

InterpretiHachemi Marzouk, Nuria Espert, George Shannon, Anouk Farjac

Durata: h 1.38
NazionalitàFrancia 1973
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 1956

•  Altri film di Fernando Arrabal

Trama del film Andro' come un cavallo pazzo

Matricidio di un figlio cresciuto che andrà a espiare nel deserto dove incontra uno strano santone che per amor suo lo divorerà.

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Voto Visitatori:   8,65 / 10 (23 voti)8,65Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Andro' come un cavallo pazzo, 23 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Crabbe  @  23/12/2016 15:30:15
   5 / 10
Film di stampo surrealista sulla scia di Jodorowsky.

Sono lavori questi (così come quelli del cartomante Jodorowsky) , a mio parere, altamente sopravvalutati, e che in fondo risultano banali sotto tutti i punti di vista nonostante possano sembrare colti per via dell'alto simbolismo di cui sono impregnati.

7219415  @  22/07/2013 20:50:31
   6 / 10
Ho preferito viva la muerte...

Invia una mail all'autore del commento luca986  @  14/12/2012 00:37:26
   6 / 10
Dello stesso genere (l'inclassificabile/allegorico) ho preferito i due cult di Jodorowsky e Sweet Movie. Non lo consiglierei. Ottimo montaggio comunque.

4 risposte al commento
Ultima risposta 20/12/2012 15.50.44
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Weltanschauung  @  24/05/2012 12:59:30
   9½ / 10
*Presenza di Spolier

"Il Panico non è un movimento, non è una filosofia, non è un'estetica, non è una definizione, non è un manifesto, non è un'arte, non è scienza, non è questo e non è nemmeno quest'altro."
(Fernando Arrabal)

Fernando Arrabal è una delle figure più controverse e geniali del secolo passato, ha ottenuto vari plausi internazionali in tutto il mondo con le sue opere in campo letterario, cinematografico e teatrale.
Famoso soprattutto per aver fondato assieme ad Alejandro Jodorowsky e Roland Topor il cosiddetto 'teatro panico', un teatro in cui il sogno e la dimenticanza formano l'intessitura della narrazione, Arrabal è invece poco ricordato in campo cinematografico, dove tra il 1970 e il 1975 sfornò ben tre film di livello eccellente (ricevendo soltanto un premio Pasolini), ovvero "Viva La Muerte" (1970), "J'irai comme un cheval fou" (1972) e "Guernica" (1975).
Ed è proprio nel 1972 che lo spagnolo tirò fuori dal cilindro il suo capolavoro assoluto.

Un Arrabal sfacciatamente autobiografico, in "Viva La Muerte", ci aveva raccontato il rapporto edipico tra Fando e sua madre, autoritaria e religiosamente bigotta. "J'irai comme un cheval fou" ricomincia proprio da qui.

Nei titoli di testa l'incubo di Fussli: in un interno borghese un demone scimmiesco si siede in maniera decisa sul corpo di una giovane donna riversa sul letto, quasi da soffocarle il respiro. La citazione del poeta svizzero ci immerge immediatamente in un clima di surrealismo didascalico e si percepisce subito un disagio derivante dal legame uomo-natura.
Aden (questo il nuovo nome utilizzato dal protagonista) è cresciuto, ha ucciso la madre, le ha rubato tutto ed è in fuga verso il deserto dilaniato dai sensi di colpa. Il loro rapporto di amore ed odio lo ha sconquassato e attraverso dolorosi flashback ne veniamo a conoscenza.
Egli pensa e ripensa alla sua lacerazione infantile, agli orgasmi della sua generatrice con uomini orrendi e si masturba, si rivede bambino in una rastrelleria con una corona di spine in testa, rimembra le sue crisi epilettiche e le punizioni corporali subite.
Giunge nel deserto, luogo mistico di ascesi e di visioni, corroso dalla ricerca di una risposta sulle motivazioni del suo gesto atavico, ancestrale e supremo e qui viene a conoscenza di Marvel, una sorta di suo alterego pre-civilizzato. Questi è un nano (figura ricorrente anche nella filmografia dell'amico Alejandro Jodorowski) immortale e con poteri soprannaturali.
La chiave del film è rappresentata proprio da Marvel, personaggio funzionale alla riflessione sulla follia del mondo moderno consumistico di cui il regista spagnolo riprende i rituali, le ossessioni, le fobie, gli assilli e li delinea come tali.
Il freak rappresenta l'aldilà del bene e del male Nietzschiano: Adel inizialmente è intimorito, poi però, affascinato dal suo nuovo amico, decide di portarlo con sé nella civiltà, con l'obiettivo di renderlo ricco e felice.

I due si differenziano nel modo in cui si approcciano al mondo: il primo trascendendolo, tramite le sensazioni e l'intuito, il secondo attraverso la razionalità e la dialettica.
Marvel simboleggia il sè profondo, ed ecco che in lui si dissolvono i concetti dualistici maschile/femminile, gioventù/vecchiaia, finito/infinito, perituro/eterno, bellezza/bruttezza, inferno/paradiso, bene/male. Egli è l'emanazione pura della coscienza cosmica, dove il vero sè è un tutt'uno con l'Io dell'universo.
Aden invece rappresenta la mente. L'intelletto però può fare soltanto domande ma non rispondere; può credere ma non percepire; può forumlare ipotesi ma non conoscere.
Il suo ego non fa che ingannarlo continuamente, insegnandogli ad essere in mille modi che non sono autentici ed impedendogli di vivere usando l'organismo in tutta la sua estensione.
Marvel diverrà così, giorno dopo giorno, il modello spirituale da seguire e i due rafforzeranno il loro legame di amicizia girovagando per le città.
Il nano accetterà sempre di buon grado ogni proposta senza snaturarsi mai e vivendo la quotidianità in maniera bizzarra agli occhi dell'amico; davanti ai ristoranti rimarrà fortemente disgustato nell'osservare uomini che divorano animali cotti e nei viali inorridirà vedendo le deturpazioni inflitte alla natura. E così nella potatura di un albero si trasfigurerà nella sua mente l'immagine spasmodica di una donna a cui vengono strappati i denti.

Il percorso alchemico comincia e tra la sperimentazione di pratiche sessuali, canti gregoriani, masochismo, cannibalismo, degustazione di feci, polluzioni, insetti, amputazioni e travestimenti si arriverà all'atto finale di amore estremo: Aden chiederà all'amico di esser mangiato per esser così depurato della sua colpa e riportato in vita. Marvel obbedirà e sbranerà vivo il devoto prima di girare su se stesso vestito di bianco sotto il rosso del tramonto ad ascesi raggiunta.
Una reincarnazione ove non vi è trasmutazione, la stessa anima passerà da un corpo all'altro. La resurrezione di Aden rappresenta la trasmutazione alchemica in cui il piombo rinasce tramutato in oro.

Il regista ci racconta una storia in cui famiglia, religione, erotismo, incesto, omosessualità e patria vengono trattati in maniera tragicomica, così come l'epoca moderna impone.
Come spesso accade nelle opere di Arrabal, la memoria è vista come fondamento imprescindibile su cui formare il testo e la rappresentazione, la sua chiara ispirazione autobiografica prende così la forma di un racconto estremamente filtrato dal soggetto.

"J'irai comme un cheval fou" è un un film fortemente iconoclasta, il teatro panico viene trasferito sul grande schermo per omaggiare il caos, per testimoniare la distanza abissale dal sè profondo dell'uomo contemporaneo e la sua impossibilità nel liberarsi del karma del proprio albero genealogico.
Ciò che ci viene raccontato è inimmaginabile, onirico e eccedente di metafore: Arrabal trascende la modernità rappresentando la grande nevrosi moderna attraverso la fantasia di deliri surrealisti, il tutto condito da uno humour Jarryano di fondo.
Più estremo di Sade e più diretto di Jodorowski, nei titoli di coda osserviamo l'ennesima citazione pittorica: un ritratto che raffigura una parodia di Gabrielle D'Estrees...

Cala il sipario.

"Arrabal è meglio di Fellini, di Ingmar Bergman... sta al cinema come Rimbaud alla poesia."
(Raymond-Léopold Bruckberger, "Le Monde").

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  04/05/2012 20:31:38
   9 / 10
Surreale capolavoro (il secondo di fila) del genio Arrabal: eccessivo, crudo, visionario, simbolico, violento, goliardico, profondo, cannibale, onanistico, edipico, osceno, scandaloso, infantile, folle. Potremmo stare qui a snocciolar definizioni fino a domani e non riusciremmo a racchiuderne completamente il senso potentissimo del lavoro di Arrabal.
Viva la Muerte è un leggero gradino sopra. Ma siamo su livelli impensabili di eccellenza artistica.

sweetyy  @  18/02/2012 20:07:45
   8 / 10
Gran bel film ricco di metafore, grottesco e surreale. Da non perdere

lupin 3  @  13/02/2012 02:51:59
   8½ / 10
Gran bel film non perdetelo.
Consigliato!

Gruppo COLLABORATORI ilSimo81  @  10/02/2012 16:33:16
   9 / 10
Ricchissimo e grottesco capolavoro, intriso di critico e criptico simbolismo.

In apparenza c'è una trama semplice: un uomo, ritenuto l'assassino della propria madre, fugge nel deserto, dove incontra un ometto bizzarro che cambierà la sua vita. In realtà è un pretesto per mascherare un'autobiografia arricchita da spunti infiniti.
Storia di un Edipo moderno: vulnerabile ed impreparato al mondo perché castrato dalla madre, Aden cresce nell'amore totalizzante ed univoco di lei e per lei ("Nessuno ti amerà come ti amo io"), che arriva persino a suggerirgli come dovrebbe ucciderla senza lasciare indizi.
Gli occhi si aprono nell'incontro con Marvel, ometto e Messia, ingenua purezza e amore generoso. Origine, via e mèta della redenzione di un uomo.

Ogni fotogramma trasuda metafora. Come la vita di Aden è sistematicamente intervallata da improvvisi flash-back, accompagnati dal trottare di un cavallo pazzo, così la storia narrata è intervallata da momenti altamente simbolici, più o meno criptici.
Nel complesso, Arrabal effettua a più riprese una pesante critica nei confronti di tutte le contaminazioni che l'uomo ha operato sul mondo e su di sé, nella superficiale e controproducente ricerca di una felicità che già gli appartiene. Diceva Shakespeare: "Cercando il meglio, spesso guastiamo il bene" ("King Lear"). Tutto questo viene espresso tramite lo sguardo, limpido ed ingenuo, di Marvel sulla civiltà.

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Non è assolutamente un film per tutti. Si deve essere disposti a lasciarsi coinvolgere, con mente libera, incondizionata e recettiva. Bisogna accettare il grottesco, scendendo a patti con la propria sensibilità davanti ad un film visivamente crudo. Sangue e sperma, urina e feci. Cadaveri e scheletri. Coprofagia e necrofagia. Nudità e ambiguità sessuali. Eppure nulla, di questi eccessi, è fine a sé stesso, e tutto assume rilevanza nell'ottica di insieme.

Si potrebbe parlare per ore di questo film, dei suoi contenuti e dei riferimenti autobiografici. Di visione in visione si aggiungono nuove possibili interpretazioni oppure nuovi dubbi. E' veramente difficile da affrontare e sviscerare, perciò è bello che vi sia pluralità di interpretazioni.
L'unica critica che verrebbe da fare potrebbe riguardare gli attori non eccellenti e alcuni effetti speciali estremamente rozzi. Per il resto, è un film indimenticabile.

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9 risposte al commento
Ultima risposta 13/02/2012 19.16.07
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Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  @  19/03/2011 18:42:26
   7½ / 10
Boh, sarò sbagliato io, ma francamente non credo sia 'sto capolavoro decantato da molti(ma neanche la schifezza indicata dal Mereghetti).
Anzitutto i simbolismi sono fin troppo evidenti e l'opera soffre forse di una certa tendenza ad essere didascalica, né credo che il "messaggio" ultimo del film sia così rivoluzionario: si tratta molto semplicemente di una critica alla società dei consumi, argomento trattato già in moltissimi altri film dopotutto, non senza finire nel cliché e nel già visto che prelude ad un inno alla possibilità di "rinascita" della civiltà(il nano che fagocita Aden, l'uomo civilizzato, che rinasce allora come un uomo nuovo in grado di vivere in armonia con la natura). Non è un messaggio scontato, ma neanche così originale!
Per quanto riguarda i simbolismi, come dicevo, credo che siano spesso lampanti e tutto sommato neanche così originali: il deserto rappresenta il luogo per eccellenza dell'allontanamento della civiltà(infatti l'ingresso nel mondo civilizzato è caratterizzato dalla presenza di scheletri ed altri simboli di morte, come il feto/teschio che il protagonista "partorisce")e per un'ideale rinascita. Gli alberi abbattuti che vengono paragonati ad una donna cui vengono strappati i denti anche rimandando ad un simbolismo fin troppo palese... insomma, non ho nulla contro il simbolismo, però alle volte il film mi è sembrato anche un po' ingenuo.
Ci sono diverse scene particolari, ma non riesce mai a spiccare particolarmente perché credo tenda molto al grottesco, finendo per sdrammatizzare(ma anche per indebolire)il messaggio.
Insomma, sicuramente l'ho trovato un bel film, ma non credo si possa parlare né di capolavoro, né tantomeno di film rivoluzionario! Vedrò "Viva la muerte" perché me ne hanno parlato molto bene.
Questo è sicuramente da vedere, perché è un'opera abbastanza estrema(alcune scene sono molto forti, anche se inevitabilmente sdrammatizzate dai toni grotteschi)e francamente l'ho preferita di gran lunga a "El topo" di Jodorowsky(che proprio non mi scende), ma oggettivamente si muove sullo stesso territorio.

Oskarsson88  @  27/01/2011 23:34:21
   9 / 10
in realtà è difficile dare un voto a questo film incredibilmente particolare, delirante, visionario, folle... scene impressionanti, perverse, contorte... l'espiazione delle colpe di un uomo che ha ucciso la propria madre, fuggito nel deserto dove conoscerà un nano, semplice e puro, che lo condurrà in un viaggio dentro se stesso... un film che non si dimentica

paride_86  @  04/01/2011 19:36:07
   7½ / 10
"Andrò come un cavallo pazzo" è un film estremo nel suo surrealismo crudo, violento e perverso, un po' come gli antri più remoti dell'inconscio umano. Sicuramente è un risultato importante perché la provocazione di Arrabal non è mai fine a se stessa, ma - seppur in alcuni momenti volutamente brutale e disgustosa - finalizzata ad ampie e significative metafore psicologiche.
Sotto il profilo tecnico, invece, ci sono parecchie imperfezioni per quanto riguarda gli effetti speciali: in molte scene gli stratagemmi cinematografici sono fin troppo evidenti, anche considerando i mezzi degli anni '70.

pinhead88  @  28/09/2010 18:52:59
   8 / 10
Gran film di Arrabal, meno prolisso e simbolico di "El topo" di Jodorowski, che per alcune circostanze può ricordarlo molto. Intenso nella sua eccessività, ma mai "trasformato" in qualcosa di fastidioso o ponendo ipotetiche posizioni sprezzanti, caratteristica che si può trovare invece molto facilmente in Jodorowski. Uno dei migliori esempi anticinematografici che abbia mai visto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  23/09/2010 20:06:29
   7½ / 10
Nello stile ricorda Viva la Muerte sia dal punto di vista visivo che narrativo. C'è la presenza di elementi che fanno da trait-union con la precedente pellicola, come il tormentato rapporto con la madre e la negazione del padre. Certamente meno autobiografico, certamente spogliato di molti significati politici e molto più complesso e "tosto" rispetto a Viva la Muerte.

wooden  @  24/04/2010 12:27:54
   10 / 10
Perdiana, ero convinto di averlo votato!
Quà c'è poco da dire, il mio film preferito.

Quale 1973, questo è un film che non merita il nostro secolo. Questa è tragedia greca.

Da praticamente un anno (quando vidi per la prima volta il film) la musichetta col flauto (o cantata, non so, c'era anche in viva la muerte) mi tormenta.

Se incontrate un pazzo che fischietta quella canzoncina per strada sono io.

kullaz  @  07/03/2010 14:00:16
   10 / 10
immenso, il messaggio più spettacolare della storia del cinema. Un infinito atto di fiducia nelle potenzialità umane. Non per tutti.

1 risposta al commento
Ultima risposta 22/03/2010 19.17.39
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rapture  @  19/02/2010 00:02:48
   10 / 10
Questo è un film che si ama o si odia, non ci sono mezze misure, perché o si sta al gioco dell'autore sino alla fine o ci si arrende al primo quadretto nonsense granguignolesco. E' enorme il numero di intuizioni, idee, spunti interessanti, scioccanti in una pellicola di solo un'ora e mezza. Secondo me è meglio di El Topo perché più breve e più coinvolgente.

1 risposta al commento
Ultima risposta 18/12/2010 21.10.16
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donfabios  @  01/02/2010 20:10:47
   10 / 10
così come il 10 a "El topo", non posso che dare il massimo a questo film.
Un qualcosa che trascende il linguaggio cinematografico per sublimare in qualcosa in più.
E inoltre passa d'un fiato, non è il mattone psicanalitico francese di fotogrammi slegati tra loro.
Destabilizzante

carriebess  @  24/01/2010 16:20:14
   9½ / 10
Quest'opera è il viaggio liberatorio del protagonista, il riflesso di tutto quello che ha vissuto, dall'infanzia edipica alle sue visioni, dai suoi ricordi alle paure che lo pervadono, che terminerà nella vastità desolante del deserto. Fuori da ogni logica, l'esperienza visiva più folle e destabilizzante che abbia mai intrapreso, tra viscere e menomazioni, deliri ed ossessioni.

Gabo Viola  @  08/01/2010 13:12:34
   10 / 10
Abbiamo bisogno di pazzi, Arrabal è il numero dieci con la fascia da capitano. Davvero un cavallo pazzo, vita e arte si fondono per una delle menti più lucide (dunque offuscate) del '900. Viva la muerte e Andro come un cavallo pazzo, dieci. Ogni commento al film deturpa il fim stesso, una esperienza indicibile, come indicibile è il genio in questione dietro la macchina da presa.

1 risposta al commento
Ultima risposta 22/03/2010 19.20.55
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Sanjuro  @  09/03/2008 22:58:52
   10 / 10
Che gemma! Amputazioni, castrazioni, metamorfosi, surrealismo, Edipo, dolore, morte e gioco di bambini.

Addirittura sopra a "Viva La Muerte"

probiotik  @  15/12/2007 19:39:21
   10 / 10
se oggi seren non è domani seren sarà se non sarà sereno si rasserenerà

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

benzo24  @  03/08/2007 11:03:11
   10 / 10
il capolavoro di arrabal, un film duro, ma molto affascinante.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento goat  @  05/11/2006 21:25:05
   9 / 10
un film che per forza di cose spacca in due fazioni chi lo guarda.
rappresenta la dilaniata anima di arrabal, messa a nudo con tormentato edonismo?
o è una bassa, gretta, volgare opera di exploitation surrealista fatta per shockare e far parlare di sè? è, in ultima istanza, autoreferenziale e priva di qualsiasi contenuto?
ho letto qualcosa della vita di arrabal, del rapporto con sua madre e di quello, negatogli, con il padre e, seppur sia solo una mia considerazione, non posso che optare per la prima soluzione.
alcune scene potrebbero disturbare uno spettatore impreparato.

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