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Splendido film di Bresson che prende spunto da "Le notti bianche" di Dostoevskij, e realizza un film sentimentale amaro e asciutto, come da suo stile, puntando molto forte sulla caratterizzazione dei personaggi, specialmente mi ha stupito tanto e creato un sacco di empatia il personaggio di lui, Jacques, giovane pittore molto introverso, che trascorre una pallida quotidianità dipingendo e ascoltando musica, interpretato splendidamente da questo giovane attore sconosciuto che però caratterizza benissimo il personaggio con un linguaggio del corpo curatissimo, chiuso, titubante, quel tipo di persona che pensa troppo ed ha tante insicurezze, leggermente ingobbito, poco eloquente, una persona che ha difficoltà ad aprirsi, lascia parlare la gestualità, una sera salverà Marthe, una giovane donna, dal suicidio, tentato per una delusione d'amore dopo essere stata lasciata dall'uomo che amava, da lì in poi i due faranno conoscienza, Jacques si innamorerà perdutamente di Marthe e nelle successive notti in cui si incontrano cercherà di farle capire i suoi sentimenti e rimane con la speranza che lei vada oltre la passata relazione con quell'uomo che l'ha abbandonata e dia un'opportunità a lui, è un film sull'amore non ricambiato, quello sussurrato di un soggetto che non riesce ad esprimere bene i sentimenti, che mostra tramite gesti di cura il suo interesse, un amore sperato fino all'ultimo, estramamente volubile con lo stato d'animo che può essere incendiato o spento semplicemente dai gesti e dalle scelte dell'amata.
Bresson ci regala sequenze di grande spessore emotivo, in una città - presumibilmente Parigi - buia in cui i due spesso si ritrovano a passeggiare e chiaccherare per conoscersi fino in fondo, Jacques sperimenterà un progressivo attaccamento, Marthe troverà una spalla su cui piangere l'amor perduto, la speranza del protagonista è che questo rapporto prima o poi possa cambiare e che lui stesso diventi l'amato di Marthe, anche se la sceneggiatura, come tipicamente accade nelle opere di Bresson, lascia poco scampo alla positività e realizza uno dei suoi classici finali spezzacuore ricacciando Jacques nella sua solitudine dopo aver assistito da spettatore quasi passivo, inerme, al ritorno di fiamma che nessuno sperava accadesse.
Stilisticamente Bresson regala qualche sorpresa, addirittura ricorre all'utilizzo del flashback, cosa molto inusuale nella sua filmografia, per narrare il passato dei due personaggi principali e contestualizzare gli eventi che accadono e le scelte di entrambi, splendidi i momenti in cui Jacques incontra nuove donne che lo degnano a malapena di uno sguardo e lui in tutta la sua timidezza si infatua, così come i momenti di spensieratezza di Marthe col suo amato prima dell'abbandono, per il resto l'autore ci regala il suo solito ermetismo fatto di dialoghi efficaci e dei confronti molto basati sulle espressioni psicosomatiche, oltre a qualche sequenza musicale, pure queste abbastanza rare nel suo cinema, che sembrano fare da intermezzo tra un dialogo e l'altro e accompagnano i due personaggi nel loro girovagare per la città.
Ennesimo grande film di Bresson che applica la sua poetica al film sentimentale - già era venuto a contatto col genere con Perfidia ma anche Pickpocket ha diversi elementi al riguardo, qui però siamo abbastanza lontani da entrambi - con risultati notevolissimi, riuscendo ancora una volta a fare una grande breccia nelle emozioni dello spettatore.
Sicuramente il mio film di Bresson preferito, ma di certo non il migliore, ma io sono allergico ai best of. Un oceano di torpore che annienta l'effettismo parvenu e spiega il dispiegarsi illusorio sensoriale del notturno. Bresson continua la sua personale scalata all'equivoco della vita, e non è facile concludere con l'ultima scena con un mezzo sorrisetto da ebete quando in realtà è un finale da figura di m.e.r.d.a tale che non resterebbe altro che buttarsi da un ponte.
"Quattro Notti di un Sognatore" è un buon film, ma secondo me non completamente riuscito. Tratto dal bello ma immaturo romanzo di Dostoevskij "Le Notti Bianche", Bresson dirige quest'opera gradevole ma un po' lacunosa. La regia è buona, Bresson non vuole fare il virtuoso, le inquadrature vogliono sondare l'animo dei personaggi, le loro espressioni sono l'enfasi della scena, non servono movimenti di macchina eccessivi. Ma tra la bellezza delle inquadrature, del montaggio e dei silenzi ci sono una fotografia veramente molto insipida, una sceneggiatura a volte meravigliosa a volte completamente adagiata sulle parole dell'opera a cui si ispira e una interpretazione degli attori veramente rigida e fredda. Penso che complessivamente il punto più basso del film sia proprio la recitazione: i volti svampiti, i personaggi freddi, incompresi, esistenze silenziose nella caotica Parigi notturna, fanno tenerezza nella prima mezz'ora, per poi diventare irritanti e noiosi per tutto il resto del film. Non si sente l'amore, la passione che comporta, ma c'è freddezza assoluta. Forse è una caratteristica che Bresson ha voluto mettere esplicitamente per descrivere qualcosa che evidentemente io non ho capito. Tuttavia rimane un buon film, scorrevolissimo ma purtroppo a tratti veramente pesante.
"Quattro Notti di un Sognatore" è uno dei miei Bresson preferiti, per il semplice fatto che il protagonista - Jacques, un giovane pittore - sono io, quello lì, molto simile anche fisicamente, incline a gesticolare, a parlare poco, un ragazzo "innamoratosi un numero imprecisato di volte ma di nessuno, di un ideale". "La mia storia? Ma io non ho una storia, non vedo nessuno, non parlo con nessuno". Il film è raccontato in quattro notti, dove l' ossessiva narrazione per monologo interiore già usata dall' autore, qui può diventare una registrazione da ascoltare, ancora più ossessivamente, anche in un tram affollato. Il protagonista una sera salva la bella Marta da un tentativo di suicidio (film successivo a "Una Femme Douce" tra l' altro) da un ponte di Parigi; il "peccato" e la salvezza sono ridotti a simboli: un paio di scarpe riposte simmetricamente sul cornicione del Pont-Neuf, e una mano che afferra il braccio. Marta è una ragazza che ha perso la speranza di rivedere il suo amato, e della quale Jacques si innamora subito, e realizza che forse, a qualcuno, vale la pena raccontare se stessi; d' altro canto, pure Marta scopre di essersi innamorata di Jacques. Dalla particolare teoria di un amico, pittore accademico pure lui, che mostra un paio di foto con delle piccole macchie "più sono piccole, più è grande il mondo che definiscono suggerendo, quello che conta non sono le macchie, ma tutto ciò che non si vede" emerge forse il pensiero dell' ultimo Bresson, di un mondo astratto, popolato da uomini piccoli in balìa di un Male metafisico (in "Lancillotto e Ginevra" le armature contengono il vuoto dell' anima, nell' "Argent" le persone e le cose sembrano mosse per mezzo di fili). E' comunque un Bresson diverso, nessuna tragedia, c' è spazio per qualche inserimento blues. Solo una storia come tante altre, e quando lei, dopo quattro notti rivede il suo amato in mezzo alla folla, lascia Jacques con un bacio sulla guancia e un vuoto dentro marcato dalla solitudine.