the brutalist regia di Brady Corbet USA 2024
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the brutalist (2024)

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locandina del film THE BRUTALIST

Titolo Originale: THE BRUTALIST

RegiaBrady Corbet

InterpretiAdrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Stacy Martin, Raffey Cassidy, Alessandro Nivola, Emma Laird, Isaach de Bankolé, Jonathan Hyde, Peter Polycarpou, Maria Sand, Michael Epp, Benett Vilmányi, Salvatore Sansone, Ariane Labed, Charlie Esoko, Zephan Amissah, Dóra Sztarenki, Levente Orbán, Anna Mészöly, Abigél Szőke, Mariann Hermányi, Hermina Fátyol, Zsolt Páll, Daniel Washington, András Borgula, Dávid Puskás, Jeremy Wheeler, Jaymes Butler, Matt Devere, Natalie Shinnick

Durata: h 3.35
NazionalitàUSA 2024
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2025

•  Altri film di Brady Corbet

Trama del film The brutalist

Quando il visionario architetto László Toth e la moglie Erzsébet fuggono dall'Europa del dopoguerra nel 1947 per ricostruire la loro ereditŕ e assistere alla nascita dei moderni Stati Uniti, le loro vite cambiano per sempre nel momento in cui vengono approcciati da un ricco e misterioso cliente.

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Voto Visitatori:   7,38 / 10 (16 voti)7,38Grafico
Miglior attore protagonista (Adrien Brody)Miglior fotografia (Lol Crawley)Miglior colonna sonora (Daniel Blumberg)
VINCITORE DI 3 PREMI OSCAR:
Miglior attore protagonista (Adrien Brody), Miglior fotografia (Lol Crawley), Miglior colonna sonora (Daniel Blumberg)
Miglior film drammaticoMiglior regista (Brady Corbet)Miglior attore in un film drammatico (Adrien Brody)
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior film drammatico, Miglior regista (Brady Corbet), Miglior attore in un film drammatico (Adrien Brody)
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Voti e commenti su The brutalist, 16 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

TheLegend  @  21/04/2025 00:23:51
   7½ / 10
Film che non mi ha fatto pesare la sua durata, carico di spunti, ben interpretato e diretto.

Jumpy  @  13/04/2025 11:54:59
   8 / 10
Meritava l'Oscar anche come miglior film.
Spettacolare dall'inizio alla fine, Corbet lo ha realizzato avendo in mente probabilmente i colossal del passato più o meno lontano dalla struttura classica, come poi mi capita raramente (2001, c'era una volta in America e pochissimi altri film) il tempo è volato: la storia anche se dalla struttura canonica e con un ritmo lento in qualche passaggio, è ben raccontata.
I colori saturi enfatizzano i particolari come arredi, vetrate colorate, le architetture, i capi di abbigliamento... visivamente c'è da perdersi in molte scene.
Tantissime poi le tematiche tirate in ballo (anche troppe) e qualcosa poteva essere sviluppato di più, su tutte le illusioni, disillusioni del sogno americano e del capitalismo.
I personaggi son ben caratterizzati, tanto da dare l'impressione di una vera biografia.
Da come ho capito il regista ha attinto dalle esperienze personali della madre e dei nonni e si è ispirato alla figura di Marcel Breuer e dei tanti professionisti del Bauhaus che emigrarono dall'Est verso l'Inghilterra e gli Stati Uniti all'avvento del nazismo.

stratoZ  @  10/04/2025 12:54:03
   7 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Buon film di Corbet, una specie di colosso vecchio stile - in realtà a livello di budget risulta parecchio modesto, ma la durata e il respiro epico che a tratti prende possono ricordare qualche colossone che ha fatto la fortuna di Hollywood - che narra una storia nemmeno troppo originale, ed è forse questo estremo classicismo, a metà tra l'omaggio ad un certo tipo di cinema e la paura di osare, che non mi fa andare oltre con la valutazione, perché a livello di narrazione e tematiche è tutt'altro che brutto, anzi.

L'opera parla della storia di Laszlo Toth, architetto che ha studiato alla Bauhaus e in seguito alle persecuzioni naziste è emigrato in America, venendo separato dalla moglie, creduta morta, e dovendo ricominciare la sua vita da capo, qui inizia a lavorare come designer per il piccolo negozio del cugino, ma in seguito alle accuse della moglie di lui di averci provato e alla rabbiosa reazione di Van Buren riguardante i lavori in casa - tutti fattori che aimé non erano davvero colpa del povero Laszlo - viene cacciato via e finisce andare a spalare carbone, vivendo una condizione difficile inizia anche ad essere dipendente dall'eroina.
Ben presto però Van Buren torna sui suoi passi, rendendosi conto delle doti di Laszlo dopo aver visto su un giornale alcune delle sue opere e decide di commissionare un grande centro ricreativo all'architetto, da qui inizia il loro rapporto burrascoso che avrà grandi implicazioni sociali.

"The Brutalist" parla di tante cose, è un film che mostra tutte le difficoltà dell'essere umano lontano da un contesto familiare, in cui deve ripartire da zero senza l'appoggio di praticamente nessuno, nonostante le sue grandi doti, l'emigrazione forzata di Laszlo lo porta nel contesto dell'America anni cinquanta, culla del capitalismo a senso unico in cui la distanza tra il povero e il ricco si stava progressivamente ampliando, e qui si ricollega a quello che è forse il significato principale della pellicola, il rapporto di potere, gestito totalmente dal denaro, alla fine Van Buren è un megalomane, lunatico, meschino, subdolo uomo che riesce a trattare tutti a pesci in faccia solo perché estremamente ricco, Laszlo diventa un suo subordinato ed è sempre in balia dei suoi umori, un giorno si sveglia inc4zzato come una iena e decide di tagliare tutti i fondi e trattarlo malissimo, un altro giorno si sveglia col piede giusto ed è più benevolo, il film è efficace nel creare questa atmosfera angosciante in cui sembra il destino del protagonista sia estremamente influenzato dagli umori di un ricco capriccioso e viziato, che considera il resto del mondo come degli oggetti da gestire a propria convenienza, d'altronde, l'episodio chiave, quel rapporto non consenziente che avviene nelle cave di marmo a Carrara, non è altro che il simbolismo più diretto e grezzo possibile del vecchio ricco che incul4 il giovane povero.

Ed è interessante anche come il film riesce ad approfondire le conseguenze di questo rapporto nella psiche e nella vita di Laszlo, evitando bene un certo manicheismo, anche il protagonista non è uno stinco di santo, mostrando le conseguenze dei comportamenti di Van Buren in atteggiamenti spesso intimidatori e rabbiosi nei confronti di qualche collaboratore, sottoposto o rivale, così come lo stesso rapporto con la moglie che vive di continui alti e bassi influenzati dallo stress e dalle dinamiche di un progetto con infiniti problemi.

Brody straordinario, a parte che è tranquillamente l'uomo con più stile sul pianeta, sempre credibile ed espressivo, col suo viso scavato e disilluso, capace di esplodere in pianti liberatori e sfuriate causate dalla frustrazione e allo stesso tempo mostrare una forte determinazione, ma anche Guy Pierce nel ruolo del viscidone ci sta meravigliosamente.

Tecnicamente è un film validissimo, con una fotografia splendida, satura e in qualche momento addirittura lisergica - splendide le scene nel sistema di raccolta dell'acqua sotto l'edificio, così come quelle nelle cave di marmo che hanno un non so che di ipnotico, anche grazie alla musica che le accompagna - e soprattutto un montaggio di grande fattura che riesce a non far pesare mai la corposa durata del film, personalmente mi ha soddisfatto.

Mauro@Lanari  @  10/04/2025 04:34:57
   5 / 10
Storia d'un Cipputi ebreo ch'equipara il Nazismo al capitalistico sogno americano (ancora?). Nonostante tutte le sue contraddizioni, la Tanakh offre un livello d'inclusività ben maggiore con Giobbe, l'unico protagonista della Bibbia ebraica non appartenente a tal'etnia (Rut alla fine viene riassorbita nella dinastia davidica). Gl'Israeliti cercarono di smussarne le asperità con una struttura redazionale a sandwich, una sorta di confinamento toroidale del tokamak, infilando il nucleo poetico 3-31 della ribellione dell'uomo dei dolori (Isaia 53, 3: "vir dolorum") fra un prologo e un epilogo in prosa e posticcio, che lo rende acquiescente verso il proprio carnefice. In realtà, quando Giobbe inveisce contro "dio", non si capisce bene contro chi ce l'abbia: un dio cananeo, un dio universale, il "dio dei filosofi", un precursore dell'ateismo? Ma ci mancherebbe che Corbet & A24 abbiano ambizioni così elevate: s'accontentano d'irreggimentare il male nel solito paio di categorie bau-bau e gl'Oscar son'assicurati.
Ah sì: László Tóth fece alla "Pietà" vaticana ciò che lo stesso Michelangelo fece al "Mosè". Un po' d'ambivalenza per i frequentatori dei marmi di Carrara.
Un sequel di "There Will Be Blood"? Quanto yankeecentrismo a vuoto. L'alternativa proposta da Corbet è l'altra "terra promessa": il sionismo.

BigHatLogan91  @  09/04/2025 22:27:13
   7½ / 10
Storia particolare, molto bravo Brody nell'interpretare un ruolo non facile. Il film, comunque, dura davvero troppo.

Cinder  @  07/04/2025 22:43:02
   10 / 10
Film preferito del 2024 <3.

Kyo_Kusanagi  @  06/04/2025 16:08:17
   3 / 10
3 ore e mezza di una noia non mortale....DI PIU'! un sequestro di persona...per raccontare una storia che non frega niente, poco avvincente e per nulla appassionante. 3 ore infinite che non lasciano niente. Un polpettone monumentale, inutilmente lungo, lento, triste e noioso...Andrò controtendenza, sarò io che non capisco niente ma a sto giro tra questo e Emilia Perez gli Oscar non hanno rappresentato per me sinonimo di bel film.

gantz88  @  04/04/2025 00:16:54
   8½ / 10
Con un budget basso il regista ha fatto un ottimo film, la durata non mi è pesato, anzi a mio parere doveva approfondire alcuni personaggi, oscar tutti meritati

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  20/03/2025 18:41:26
   7½ / 10
Opera complessa su quella terra delle opportunità che era l'America. Fin dall'inizio Corbet mostra già le sue intenzioni e dove vuole andare a parare, quando Toth vede l'immagine della Statua della Libertà al contrario. E' un processo di lenta disillusione, di falsa accoglienza di un talento cristallino per l'architettura, ma al servizio dell'ottusità e della grandiosità travestita da mecenatismo del ricco industriale americano, che ammira il talento ma lo vuole sottomesso alle sue leggi. La lotta per sopravvivere in Europa e la lotta per poter emergere in un paese che in fondo non ti apprezza, ma ti tollera, che ti usa per i tuoi scopi. Per Toth diventa vitale mantenere la sua visione che passa dalla solarità del primo restauro di una biblioteca, ad una visione più cupa del Centro polifunzionale che gli è stato affidato. Corbet ha una visione pessimistica dell'America dove l'arte deve piegarsi al mercato a scapito di chi la crea. Brody da applausi, meritato l'Oscar.

Oskarsson88  @  10/03/2025 19:21:42
   7½ / 10
Si può tranquillamente definire un colossal, molto bravo il protagonista principale e la sua dura vicenda e la sua passione per l'architettura brutalista.

mrmassori  @  09/03/2025 14:21:13
   8 / 10
ottimo film vecchia maniera, attori bravissimi e ovviamente su tutti il mitico Brody

Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  18/02/2025 13:32:27
   8 / 10
Davvero tanta roba, tra i migliori prodotti della stagione 2024-25. Uno di quei filmoni d'altri tempi: una grande storia che abbraccia un'epoca, con una durata mostruosa e tanta di quella carne al fuoco che ci si poteva fare comodamente intere stagioni di serie tv. Ma per fortuna il grande cinema non solo è vivo, ma gode anche di ottima salute e Corbet (che conoscevo solo come attore e non come regista, andrà approfondito) realizza un instant classic.
Considerazioni sparse, un tanto al kg: titoli di testa e di coda magistrali. Sceneggiatura straordinaria, montaggio potentissimo. Incredibili tutti gli attori. Fotografia nervosa, talvolta "nauseante", ma assolutamente notevole. Sotto questo aspetto, il piano sequenza in cui Erzsébet a casa dei van Buren

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER è una delle cose più notevoli che si siano viste negli ultimi 20 anni. Incredibile anche come, con un controllo pazzesco, Corbet sia in grado di dilatare o accorciare i tempi, facendo "numeri di prestigio" degni di Leone o PT Anderson. Ultimo, ma non ultimo: ennesima dimostrazione che se sai quello che stai facendo, il budget non è fondamentale: sfido chiunque a capire che l'intera produzione sia costata meno di 10 milioni di dollari.

matt_995  @  14/02/2025 19:13:13
   5½ / 10
Gran bella confezione specie considerato il budget bassissimo per un film hollywoodiano (praticamente una produzione medio-alta italiana) ma The Brutalist non lascia davvero granché.

Parte anche bene, con l'arrivo di Laszlo in America, il primo lavoro, la ristrutturazione della biblioteca, l'arte europea provata a spiegare al magnate becero e capitalista americano. Poi però il film non fa mai un vero e proprio salto di qualità, raccontandoci la storia anche in maniera didascalica e sempliciotta. I personaggi (quantomeno i due comprimari) sono davvero ottusi e macchiettistici, non si percepisce mai il tormento emotivo e fisico di Brody (neanche la dipendenza dall'oppio e dall'eroina), non si sente mai la fatica del processo creativo e della costruzione di questo edificio-mausoleo (addirittura a un certo punto del film, l'interruzione dei lavori è legata a un terzo evento, fuori scena, di cui ti frega poco e niente). Pearce porta in scena un miliardario che sembra uscito dal Monopoli, che non affascina nè intimorisce, anche leggermente isterico, che praticamente stupra (metaforicamente e non, qualora il film non fosse già abbastanza didascalico) il povero Brody, che invece è il solito eroe geniale puro, irreprensibile, da latte alle ginocchia.

Fosse durato due orette scarse, per la quantità (e qualità) di cose che accadono, sarebbe stato anche accettabile.

Per un film che racconta perfettamente ma indirettamente la storia americana del Novecento, mi vado volentieri a rivedere Il Petroliere.

Tempest78  @  13/02/2025 17:47:22
   8 / 10
stupendo, tutto il mondo che sta dietro all'espressione artistica della costruzione, della forma .. veramente ben narrato ed adrian magnifico nel ruolo.. potva essere più corto.. a mio avviso 3 ore e mezza sono decisamente troppe.. molte scene inquadrature sono di una bellezza disarmante ma anche talvolta ridondanti
bellissimo ma non potrei mai rivederlo

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento williamdollace  @  09/02/2025 22:18:50
   9 / 10
Inizio maestoso, sospeso tra gli anfratti bui di una nave e il cielo di Manhattan, un binomio che ritroveremo continuamente in questa opera, dagli edifici con spazi planimetrici angusti aperti alle vastità delle altezze fino al cielo fino alla connessione dell'anima che vogliono riprodurre, dai bassifondi verso l'alto. L'ambizione Monumentale di Brady Corbet è ripagata dall'opera che mette in campo, girata in 70 mm VistaVIsion, immersione TOTALE per essere coerente fino alle fine con gli anni che racconta, da cinefilo puro quale è. E la coerenza dell'opera la ritroviamo nelle opere di Laszlo Toth, architetture incorruttibili che a differenza dell'essere umano uomo non lasciano sconti, né nel concept e né nella realizzazione (non un metro di meno, non una variante in più). Un'assenza di compromessi totale, a partire dai 215 minuti con intervallo predisposto e scelto e programmato dallo stesso Corbet, che qui scrive insieme alla compagna. Le scene rasoterra o raso-rotaie che accentuano la velocità di apertura della vista con l'ouverture che insiste sono da pelle d'oca, degna dei film di Michael Mann. Così come tutto l'incipit (ship) fra l'europa e l'america. Ma Corbet ha un'estetica tutta sua, o da lontano, o da molto vicino, metafora dell'intera opera. Carrara è un paesaggio lunare, pietra materia prima e dolore, scavi e pertugi che ritroveremo nella cupola dell'edificio commissionato, tagli e lacrime che scendono come acqua sulle venature per risaltarle, come se fossero diversamente invisibili. E poi l'oppio che stipa un dolore narrante che ci si porta ovunque, per il passato, per il presente e per il futuro, motore derimente, eclissi del sé con il portamento del desiderio, memorabile l'amplesso sotto siringa dei protagonisti. Il Bauhaus è una lacrima che scende sugli articoli del passato, sui fabbricati che resistono alla guerra, concepiti come poesie in grado di salvarsi anche in mezzo a qualsiasi prosaico attacco bellico e naturale. È anche nei open titles e nei crediti, font massimalismo e segni pieni che concepiscono muraglie di concetto. Simbolismi, metafore, implosioni, carni corrotte che portano con sé anime pronte a convivere nell'eternité degli edifici composti, primari spazi pubblici piegati all'ego immaginifico, rabbia collera e spigoli da prendere in faccia, senza orrori se non nell'evocazione che ogni volta illuminano, sia a mezzogiorno che a mezzanotte nelle infrastrutture cementizie che si confrontano con la potenza evocativa dell'ignoto spazio profondo, cielo, libertà, incorruttibilità (al confronto con la vita terrestre, esiliata, piegata, sodomizzata). Il Mito americano è ostracizzato, reso esperienza politica da dimenticare, fra organismi che raccontano una corruzione dei cuori da cui rifuggire. Fantasmi si annidano nei letti sudati e fra le mura in cemento armato, fantasmi nei cessi e nelle cassaforme pronte per il getto, nelle feste organizzate, nel sesso, nel silenzio, nell'ambiguità di un credo religioso da trasformare in farsa, in luce in/credibile, da biglietto da visita da appartenenza, da cammino diretto, frontale, che mi scusi ma non si scuserà, perché il potere non si argina che con la verità sfacciata e brutale, così come vuole essere ogni edificio di Toth e ogni sequenza di Corbet.

EddieVedder70  @  01/02/2025 16:14:54
   8 / 10
anteprima cinematografica in 70mm, sala Top (Energia - Arcadia di Melzo), pochissimo pubblico. Avvio con sottotitoli non tradotti, musica incalzante, movimenti di macchina, montaggio serrato, chiaro scuri molto bui .... poi la Statua della Liberta, storta, titoli e ripresa della strada che corre. Grande incipit di un film che durerà 3h e 35 min + un intervallo di 15 minuti voluto dal regista, che scorrerrà senza mai una pausa. Già vincitore ai Golden Globe, favorito alla prossima notte degli Oscar e soprattutto, per un architetto, un tema particolarmente intrigante.
Con questi ingredienti e questa "Overture", prima di parlare del film, non posso non citare il protagonista. Un intenso A.Brody, che, "tornato" fuori dal ghetto di Varsavia del "Il Pianista", interpreta ancora un sopravvisuto all'Olocausto, un uomo di regole, di principi, un'artista senza compromessi, rimasto imprigionato nelle ossessioni del suo vissuto, ora applicate alla sua arte.
L'architettura deve essere un "impronta" in grado di migliorare la collettività. L'architettura è politica, perchè si occupa della "res pubblica" e, in effetti, la corrente architettonica "Brutalista" ha come fine, proprio l'unione delle persone attraverso l'utilizzo di materiali grezzi in forme imponenti.
L'essenza del film è la dicotomia tra i 2 protagonisti, l'uno un mecenate non risolto emotivamente, che dall'architettura chiede continuità e celebrazione per il suo unico rapporto umano vissuto (sua mamma), l'altro un architetto distrutto emotivamente dal dramma dell'olocausto, che dall'architettura chiede soluzione al suo vissuto. Ne esce un confronto/scontro diviso magistralmente in 2 parti (il tema della dicotomia), la prima drammatica ma con un orizzonte di speranza, l'altra a mortificare ogni "speranza".
Impossibile dare risposta a 2 ossessioni, con lo stesso "manufatto". Impossibile realizzare 2 sogni con la stessa opera. E così a distruggersi sono anche le altre relazioni, dove ahimè gli interessi, spesso meschini, dei singoli, non possono trovare soddisfazione comune. L'architettura può essere polifunzionale, può modificarsi e modificare il contesto, ma gli uomini no. Sono l'essenza del loro vissuto e come tali sono finiti. Terminano con le proprie debolezze, nei propri incubi/drammi. Possono finanziare o "progettare" un edificio, ma non possono viverlo. L'architettura se funziona, vivrà per chi ci sarà dopo, plasmerà l'intorno, modificherà abitudini e sarà il contenitore di cambiamenti.
Ecco, forse mi sono fatto prendere la mano e sto scappando dal commento al film, ma i temi trattati sono tanti e complessi e per una volta le mie 2 passioni Cinema e Architettura si incontrano. La costruzione di un'assurda, e probabilmente brutta, cattedrale "nella prateria" non è solo il fil rouge del film, ma anche la chiave che usa il regista per raccontare visivamente l'orrore dei campi di concentramento, la freddezza della materia, l'incomunicabiltà delle persone. Così tra le umide e imponenti cave di marmo di Carrara, i cuniculi umidi e bui dell'edificio in costruzione, siamo tutti in cerca della luce, del simbolo che ci può elevare, eppure il comportamento degli esseri umani è degno di un film dei F.lli D'innocenzo. Tutti sono a loro modo non risolti, involontariamente cattivi, incapaci di comunicare; proprio in antitesi dell'opera architettonica, che era pensata per unire, per aggregare.
La visione cinematografica trova sfogo in 2 scene agghiaccianti, estreme. Si esce dal film con il gusto della ruggine in bocca.
Rimangono la regia eccellente (3 ore e mezza senza noia), le immagini fredde ma evocative (architettura e fotografia che perfetto binomio), le valide interpretazioni (piaciuto molto anche G. Pearce) e una colonna sonora che rimarrà; eppure nonostante tutto c'è qualcosa che mi è mancato. Qualcosa che non mi ha finito. Anche dopo 3 giorni, non è decantato del tutto.

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