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Tristo e freddo come la morte, il racconto della "fiammiferaia" di Kaurismaki vorrebbe essere essenziale quanto invece risulta noiosetto e inconcludente.
Il vittimismo della protagonista (una Kati Outinen espressiva come una melanzana essiccata) è così volutamente RI-marcato da risultare finto (può una proletaria intelligente, per quanto indigente, annoiata e narcotizzata dai genitori, farsi "fregare" così dalle spietate regole della vita?).
Ecco perchè non si prova compassione quando, finalmente, la perdente TOPAcida viene arrestata. Non aiutano alla causa nemmeno l'assenza di dialoghi (premonitori, in questo caso, di mancanza di approfondimento psicologico) o le belle canzoni che dovrebbero "parlare" al posto della penna di Kaurismaki.
Quello che rimane è tanto, ma TANTO, mal di stomaco.