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Che questo film spada e sandalo parli di libertà ce lo dice la trama. Il discorso diventa più complesso se si intende considerarlo come un film che celebra la libertà, parlandone su più livelli. Benché SPARTACUS sia un peplum sopra la media di un genere quasi invasivo, data la quantità di uscite simili negli anni 50, soffre tutti i limiti di queste produzioni mastodontiche che non conoscevano il senso del rischio e dell'unicità commerciale: infatti, la pellicola è divo-centrica e tende ad avere una scrittura che eccede nella spacconaggine. Stanley Kubrick vuole spaziare su ogni genere, ma in questo caso riesce a metterci del suo solo tecnicamente, ricercando la perfezione stilistica attraverso un ampio uso dei mezzi, cioè carrelli alle panoramiche rivolte all'inquadrare scene molto complesse con ampie masse umane in movimento. Ma le musiche, le scenografie e le recitazioni non hanno quella modernità e quell'arte che il regista ha sempre immesso nei suoi film, anzi trasmettono uno scontato senso di banalità. Manca una giusta dose di violenza e credibilità per parlare di un film con una certa profondità politica.