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L'agente di custodia Cesare (Aldo Fabrizi) cerca di essere sempre permissivo e benevolo nei confronti dei detenuti del carcere dove lavora. Alcuni gli sono grati, altri se ne approfittano e per dispetto lo mettono in cattiva luce col suo superiore. L'uomo però non si lascia mai scoraggiare e si interessa a loro, leggendo su un diario i motivi per i quali sono finiti in carcere.
Una commedia davvero irresistibile questa girata da Giorgio Bianchi e interpretata da alcuni dei più grandi attori del cinema italiano, a partire dal corpulento Aldo Fabrizi, senza tralasciare i grandissimi Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari, Mario Riva e Memmo Carotenuto. Unica donna ad attirare l'attenzione è la bionda e affascinante Mara Berni.
Con una semplicità di contenuti e di situazioni davvero deliziosa, regista e sceneggiatore riescono a far sorridere e poi ridere di gusto lo spettatore sempre più divertito e piacevolmente intrattenuto dalle varie gag che riguardano i diversi carcerati, come pure dalle "scenette" che vedono alcuni di loro nei momenti precedenti l'arresto.
Ogni personaggio è ben rappresentato ed è contrassegnato da alcune caratteristiche che si ripetono quasi fino all'esasperazione, proprio per rimarcarne la natura ilare.
E' il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi, nel ruolo dell'agente di custodia, a collegare con un filo logico tutti i vari episodi. E' lui con il suo interesse per ogni carcerato, con il suo passare di cella in cella, di situazione in situazione, ad offrirci la possibilità di assistere ai loro siparietti, ai loro tic, alle loro manie, ai loro caratteri puramente comici o, in alcuni casi, anche poetici, seppur nascostamente.
C'è il vecchietto che continua a reclamare la presenza di un gatto in cella, in modo da liberarsi del topo che lo disturba; l'uomo che ogni giorno compra un pollo intero senza offrirlo avidamente a nessuno; il suo compagno di cella, il detenuto n. 77 (interpretato dal bravissimo Mario Riva) che fa di tutto per soffiargli il lauto pasto barando alle carte e che spesso mette nei guai il povero Cesare col suo superiore, incolpandolo di situazioni di cui effettivamente non ha colpa.
C'è poi il detenuto fissato con le foto di attrici famose da appendere al muro, nonostante il regolamento lo vieti; il detenuto nato all'interno di un carcere e desideroso di rimanerci fino alla morte (interpretato dal mitico Peppino De Filippo), che si fa protagonista di una delle tre "digressioni", nella quale si reca in un ristorante mangiando copiosamente per poi rifiutarsi di pagare il conto, solo perché vuole essere assolutamente arrestato.
Ancora abbiamo il detenuto-filosofo, sempre pronto a fare citazioni latine o a decantare poesie romantiche (interpretato dal delicato Walter Chiari), protagonista dell'altra digressione in cui scopriamo che è finito in carcere a causa di una bionda femme fatale, truffatrice di professione.
Infine il detenuto appena liberato (interpretato da uno spassosissimo Alberto Sordi) protagonista della terza digressione, la più divertente e surreale, in cui Sordi vaga ubriaco fradicio per le strade di Roma disturbando chiunque e continuando a ripetere in maniera sempre più esilarante "ma vattene a casa!", prendendo di mira soprattutto un povero vigile urbano (interpretato da Memmo Carotenuto) e facendosi poi verso la fine protagonista di un'altra gag con il vicecommissario.
Nonostante la quasi totale unitarietà di tempo e di luogo (il film è prevalentemente ambientato all'interno di un carcere), "Accadde al penitenziario" riesce a mantenere ritmo e consistenza, tenendo desta l'attenzione dello spettatore sempre più incuriosito da quello che i vari personaggi potrebbero combinare e sempre più soddisfatto dalla spensieratezza e dalle risate che tutti loro riescono a regalargli.
In più si può anche percepire una sorta di venatura "sociale" che attraversa la caratterizzazione di questi carcerati e di colui che deve sorvegliarli, che serve in qualche maniera a dimostrare che spesso c'è molta umanità anche in chi si ritrova dietro le sbarre per i più disparati motivi.
Da non tralasciare anche una sottile caricatura del sistema giudiziario, insita soprattutto nella parodia del superiore di Fabrizi, come pure nella gag di Alberto Sordi che cerca di sminuire l'importanza e le capacità professionali del vicecommissario.
Pesano però soprattutto gli errori che hanno portato ad arrestare almeno due dei detenuti protagonisti delle digressioni: uno è stato incastrato da una donna, l'altro si è ritrovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Entrambi, comunque, sono assolutamente innocenti.
Ma l'innocenza, nel senso metaforico del termine, e non solo in relazione al fatto di aver commesso o meno un crimine, sembra essere quasi il carattere predominante di quasi tutti i detenuti del carcere. Un'innocenza quasi infantile, che si mescola con un'altra caratteristica particolare: una sorta di furberia fanciullesca che porta poi al compimento di vere e proprie "marachelle" a cui è impossibile resistere.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 13/10/2010 11.45.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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