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Un film horror tratto da una storia vera sta per esser proiettato nelle sale. Ma durante la proiezione in anteprima accade qualcosa di strano. Tutte le persone che vi hanno assistito spariscono senza lasciare tracce. Così Chen, pirata informatico che approfitta del suo lavoro presso la sala cinematografica per vendere in anteprima i film in uscita, si mette sulle tracce della storia originale.
Chen è un pirata informatico che vende i film alla criminalità organizzata, e una sera si trova a discutere col suo socio sull'opportunità di doppiare il nuovo horror in uscita nella sala presso cui i due lavorano. "Evil Spirit", questo il titolo che prossimamente uscirà nelle sale della città, racconta di una donna impazzita che, avendo perso i suoi figli, rapisce quelli degli altri e li acceca. I familiari dei bambini rapiti irrompono nella sua casa e, dopo averla sfregiata, la impiccano.
Curiosamente le persone che hanno assistito alla proiezione in anteprima spariscono e Chen, insieme a Som la sua ex ragazza il cui fratello è tra gli scomparsi, indaga sulla storia originale.
Quello che finiranno per scoprire potrebbe anche esser un discreto finale per la storia leggermente derivativa che ci troviamo di fronte, ma il tutto viene sciupato da un eccesso di effettacci, e da una recitazione decisamente troppo enfatica persino per un horror di serie B.
Prima esperienza di regia per Sophon Sakdaphisit, già autore dello script di "Shutter" e di "Alone", "Coming Soon" avrebbe in teoria tutte le carte in regola per esser definito un discreto film horror, ma alla fine quello che convince di meno lo spettatore è una certa ingenuità nella rappresentazione e un uso massiccio degli stereotipi del genere, che finiscono per soffocare tutto il potenziale di coinvolgimento che si intuiva nei primi fotogrammi.
Ovvio che da un regista alle prime armi ci possa aspettare il saccheggio delle idee più innovative degli ultimi dieci anni di cinema asiatico, ma quello che proprio non ci sembra il caso di infliggere allo spettatore sono un totale di novanta minuti di gente che gira a vuoto con la bocca spalancata e che viene braccata da una tizia impiccata, brutta come il peccato, che infesta pure la doccia di uno dei protagonisti.
Il tentativo di istillare ansia tramite lo scarso uso delle luci, finisce soffocato dall'incredibile comicità involontaria del fantasma che, complice un'eccessiva presenza in scena, rende patetico il panico apertamente simulato dai protagonisti, i quali alternano espressioni di candido stupore a silenzi che si vorrebbero carichi di pathos, ma che stimolano nell'annoiato spettatore soltanto l'ennesimo controllo del minutaggio.
La ricerca delle fonti, punto forte di un capostipite del J-horror: l'arcinoto "Ring" ("Ringu" 1998) di Nakata Hideo, qua assume connotati grotteschi, non tanto per il fatto che non ci sia niente da trovare, quanto per la rappresentazione del tutto priva di tensione. Il contesto metafilmico poteva senz'altro essere un buon terreno di gioco per creare uno schermo su cui proiettare le peggiori ansie circa il destino dei pirati informatici colti sul fatto, ma la scelta di emulare milioni di altri modi per rappresentare un concetto semplice, come può esser quello della caccia sovrannaturale, uccide ogni idea di coinvolgimento dello spettatore che risulta assai più smaliziato degli ingenui protagonisti.
E se l'idea finale, che comunque non è certo originale, può in parte motivare il tempo passato a guardare dei pessimi attori in una sorta di omaggio agli horror asiatici degli ultimi dieci anni, è certo che il sottofinale metafilmico, relegato all'interno della pellicola e demandato alla brutta faccia del fantasma meno spaventoso della storia, rendono ancora una volta inutile tutti gli sforzi dello spettatore di regalare la tanto sospirata sospensione dell'incredulità, che qui viene facilmente sostituita da un sonoro sghignazzo finale.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 10/06/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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