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Il film, uscito nel 2000, segna l'esordio sulle scene cinematografiche della cantante Bjork, islandese ma di fama internazionale.
Lars von Trier sembra uscire un attimo dalle regole del DOGMA, manifesto cinematografico sottoscritto insieme ad un gruppo di giovani cineasti danesi nel 1995, concedendosi qualche libertà, ma pur sempre mantenendo il purismo e il verismo predicati da tale movimento.
L'uso della camera a mano, il realismo dei dialoghi sostenuto anche dalla presa diretta, sono caratteristiche del movimento che vengono rispettate in pieno dal regista, il quale però, esce dagli schemi tentando una sua via di film musicale o piuttosto di melodramma considerando l'alta drammaticità della tematica affrontata.
Le canzoni, interpretate con grande impeto da Bjork, sono il mondo sognato e sognante della protagonista, un tentativo di fuga da una realtà triste e impassibile dalla quale sembra impossibile fuggire in cerca di un domani migliore e, nello stesso tempo, rappresentano il flusso di coscienza dei vari protagonisti (da ricordare il momento in cui Selma tenta di darsi una ragione della sua imminente cecità: ho visto tutto quello che avrei dovuto vedere recitano i versi della sua canzone).
E' proprio questo futuro migliore, non per sé stessa ma per suo figlio, il vero sogno di Selma (Bjork), giovane operaia di origine ceca.
Il lavoro ed il dolore di una futura cecità sono le uniche, autentiche realtà della donna, il mondo dei musical il sogno, il tentativo di fuga da un mondo ostile.
Eppure anche Selma ha chi si prende cura di lei: Jeff (l'uomo innamorato della ragazza) e Kathy (Catherine Deneuve, molto misurata e compresa nella parte), una collega di lavoro che per gran parte del film sembra essere il suo angelo custode.
Ciononostante non possono esistere nei film di von Trier spiragli autentici di speranza e bontà, il suo realismo esasperato ed esasperante ci dice che tutto è cattivo, che solo il buio della morte è quello che aspetta anche chi ha fatto della propria esistenza una continua rinuncia.
Il film ricalca in molti suoi aspetti un celebrato successo del regista danese: "Le onde del destino" ed è lo stesso regista ad avallare l'ipotesi; le protagoniste delle due pellicole sono entrambe molto ingenue e sognatrici, tendenzialmente aperte verso il prossimo ma sono ambedue vocate al sacrificio in nome dell'Amore come sentimento universale più che come legame verso un vero individuo.
Selma sogna il palcoscenico, si prepara per quasi tutto il film alla rappresentazione di "Tutti insieme appassionatamente", storia zuccherosa e piena di buoni sentimenti, l'esatta antitesi della sua esistenza ed è comunque dietro due cortine da palcoscenico e davanti ad un pubblico silenzioso ed attonito che si chiude la sua piccola grande esistenza; all the world's a stage and we are merely players (tutto il mondo è un palcoscenico e noi siamo semplicemente degli attori): lo ha detto anche il grande Shakespeare...
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 28/03/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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