Voto Visitatori: | 6,60 / 10 (30 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 5,50 / 10 | ||
Uscite le nomination per gli Oscar, "Dreamgirls" l'ha fatta da protagonista, collezionando ben otto candidature e accendendo nuovamente i riflettori su un genere -il musical- mai troppo amato dal grande pubblico se non negli Stati Uniti.
Che l'Academy avesse un debole per questo tipo di film si sapeva da tempo, donando ben 13 nomination a "Chicago",5 a "Walk the line", ma se anche un'opera mediocre come "Dreamgirls", viene candidata a ben otto statuette, la credibilità della manifestazione stessa viene messa in discussione.
Lo spunto viene dato dalla biografia di Diana Ross, la sua scalata al successo con il gruppo The Primettes e relativo scioglimento, il tutto raccontato con moltissime licenze tanto che il film rinuncia da subito a qualsiasi intento biografico.
Andando con ordine la storia segue tutti i cliché dei film che trattano la scalata al successo: tre ragazze di periferia sfondano negli anni '60 nella Detroit della musica nera, da lì diventeranno un piccolo fenomeno musicale. Come al solito a un certo punto della trama, il solito impresario cattivo altera gli equilibri del gruppo e ne mina l'amicizia, portando all'abbandono di una componente.
Il prezzo del successo indurrà le protagoniste ad inseguire sogni irrealizzabili, a perdere di vista le vere cose importanti della vita, fin quando un evento drammatico le porterà a riconsiderare le proprie priorità.
La regia di Bill Condon è piatta e banale (ci si meraviglia anche che non abbia avuto una nomination?), non che ci si potesse aspettare di più da un regista che può vantare nel curriculum solo B-movie o film malriusciti.
Se si possono salvare le interpretazioni dei protagonisti, bravo Eddie Murphy, convincente la diva del pop Beyoncè e superlativa l'esordiente Jennifer Hudson, i pregi tendono a finire qui.
In primo luogo la struttura stessa del musical è zoppicante, le scene recitate e quelle cantante sono mal assortite, manca di fluidità ed è a tratti ripetitivo e macchinoso. Dopo un inizio entusiasmante e coinvolgente, il film cala in modo brusco dopo la prima mezz'ora, creando situazioni al limite del grottesco. La scena in cui Jennifer Hudson lascia il gruppo e si abbandona ad una serie di vocalizzi, invece di rendere la drammaticità del momento, trasmette solo un senso di fastidio e di ridicolo a causa di una regia che non riesce a comunicare emozioni con le immagini delegando tutto alla musica, spesso invadente. Ed è proprio questo il limite maggiore di "Dreamgirls", la colonna sonora, pregna di musica nera di r'n'b e soul, da sola vale il costo del biglietto, ma dopo più di due ore di film, risulta, almeno all'orecchio di un europeo non appassionato, eccessiva e difficilmente sostenibile. A questo aggiungiamo una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti, ricerca il lieto fine a tutti i costi forzando l'evolversi della storia, con il personaggio di Jennifer Hudson eliminato dal gruppo senza pietà e pronta a perdonare tutti, in un finale di redenzione collettiva veramente irritante.
Eppure le tematiche toccate sono tante, lo sfondo è quello delle battaglie per i diritti delle persone di colore, ma il tutto rimane sospeso, sfondo di una storia che non sa pungere, o più probabilmente non vuole farlo.
Si potrebbe dire che è necessario amare il musical per amare "Dreamgirls", è innegabile che chi non è preparato al genere può rinunciare a priori, ma qui è proprio il prodotto ad essere deludente. Chi ha visto "Walk the line", "Moulin Rouge" o "Chicago", ha avuto pellicole di grande spessore, caratterizzate da coreografie mozzafiato, trame avvincenti e musica ben assortita, in "Dreamgirls" anche l'elemento scenografico è abbastanza convenzionale.
Sicuramente Bill Condon non ha voluto strafare nella riproposizione di megaproduzioni musicali, eppure lo spettacolo offerto non stupisce, resta abbastanza freddo, caratterizzato in maggior parte da personaggi che si esibiscono sul palco in continuazione, arrivando ad essere eccessivamente ripetitivo.
Per quanto riguarda i costumi e le scenografie non si può rimproverare nulla, siamo in presenza di un ottimo lavoro sotto il punto di vista tecnico e credo che l'Oscar in queste sezioni e quello per Jennifer Huston, nonostante tutto, siano garantiti.
Nemmeno gli americani sembrano avere amato eccessivamente questa pellicola, se si pensa che nel primo mese ha avuto incassi decisamente sotto le aspettative. I risultati al botteghino sono stati molto più generosi nelle ultime settimane ma il motivo va cercato più che sul passaparola positivo, sull'attenzione mediatica ritrovata dopo la vittoria dei Golden Globes.
Nel complesso siamo in presenza di un prodotto ruffiano e commerciale, caratterizzato da bellissime interpretazioni canore, che non riescono però a giustificare l'entusiasmo con cui questo film è stato accolto.
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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 08/02/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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