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"La vita è bella" si può dividere in due parte distinte: la prima impostata sui canoni della commedia tipica di Benigni, ambientata in una tranquilla cittadina della Toscana negli anni '30. La seconda, di stampo drammatico, si svolge interamente all'interno di un lager nazista (Trieste).
Guido Orefice, toscano di origini ebraica, attraversa mille peripezie per far colpo su Dora destinata a sposare Rodolfo, un uomo dell'alta borghesia. Vincendo il confronto, Guido si unisce con Dora, apre una libreria e ha un figlio, Giosuè. Come un fulmini a ciel sereno, vengono istituite le leggi razziali di Mussolini e il piccolo ebreo viene deportato in un campo di concentramento insieme a suo figlio. La moglie li seguirà. Nonostante vi siano gag a dir poco esilaranti, com'è ovvio da questo punto in avanti inizierà la parte di impronta drammatica.
Nel lager Guido conoscerà le terribili sorti che il suo popolo è costretto a patire (con l'immediata uccisione di un suo zio anziano, Eliseo), ma nonostante tutto farà credere al piccolo Giosuè di trovarsi alle prese con un gioco a eliminazione, il cui premio finale è un carro armato. Ciò non perché sia completamente impazzito, ma bensì per sottrarre Giosuè all'immane crudeltà della shoah.
La vita è bella ha avuto un incredibile successo di pubblico (oltre 60 miliardi al di lire al botteghino), ma la critica si è spezzata in due tronconi, anche in ragione dell'attribuzione dei principali premi Oscar (Miglior film straniero, miglior attore protagonista, migliore colonna sonora). Infatti, da una parte vi sono che coloro che denunciano l'eccessivo squilibrio fra le succitate parti: i due capitoli rimangono incredibilmente divisi e diversi, in quanto nella prima metà guardiamo ad un film infantile e giocoso, mentre nella seconda vi sono chiari rimandi a tematiche ben più profonde.
E' quindi opinione abbastanza diffusa fra i critici che le due parti fossero fra loro incompatibili. Va inoltre sottolineato che una diatriba tra Benigni e Mihaileanu, autore di "Train de Vie", diede vita a diverse polemiche, in quanto quest'ultimo fece leggere all'attore toscano parti della sceneggiatura del film in lavorazione e successivamente il regista rumeno accusò il "nostro" Benigni di averlo copiato.
D'altro canto, vi sono invece una serie di estimatori di questa pellicola, tra cui Ehud Olmert attuale premier israeliano e numerose persone appartenenti alla comunità ebraica, che sostengono che la prima parte del film sia una falsa pista, un prologo che punta solo a meglio collocare l'attenzione sulla seconda parte, quella che al regista-attore interessa evidentemente di più.
Ma in realtà nessuno di queste tesi è da considerarsi autentica in quanto, la scelta di Benigni è volta a sottolineare come le cose andarono nella vita reale. Dunque, questo è quanto avvenne nella storia vera di quegli anni da incubo!
Come già affermato in "Schindler's List" e poi ne "Il Pianista", gli ebrei erano ben lungi dal pensare che i nazisti (in questo caso fascisti) volessero annientare il loro popolo. Infatti Benigni non fa altro che rappresentare a modo proprio, quanto già mostrato da Spielberg e poi ripreso da Polanski; con canoni radicalmente diversi, forse meno verosimili, ma sicuramente di grande impatto. Quindi, quello che appare come un puro espediente narrativo, si rivela in realtà una straordinaria ed efficacissima ricostruzione della shoah.
In definitiva va aggiunto semplicemente che Benigni decide di dar voce ad un tema indicibile, come la negazione della vita umana nei campi di concentramento, ribadendone proprio l'indicibilità: poiché nessuna logica potrebbe spiegare a un bambino finito in un lager ciò che sta vivendo, allora è meglio inventarsi uno strano gioco collettivo. Sul piano prettamente cinematografico, possiamo quindi affermare che con tale espediente il regista evita le trappole del patetismo, sottolineando per contrasto la follia dello sterminio e giustificando il rilassato umorismo della prima parte.
Una curiosa annotazione: per l'uscita in America, sostenuta dalla Miramax (importante casa produttrice), Benigni ha ridotto il film di 9' (tagliando il personaggio dell'editore) e ha aggiunto un commento fuori campo recitato dal figlio ormai adulto.
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Recensione a cura di Harpo - aggiornata al 08/08/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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