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L'arcangelo Michele scende sulla terra per contrastare Gabriele e le sue schiere di angeli che sono state mandate da Dio a fare da esecutori della Sua ira divina. Il campo di battaglia sarà una sperduta caffetteria ai bordi del deserto, dove un'ignara cameriera sta per dare alla luce un bambino molto speciale.
La nota pazienza biblica del Signore è venuta meno. Saranno state le ultime esportazioni di democrazia, o tutte quelle insensate guerre in suo nome. O magari un eccesso di Grande Fratello, chissà. Fatto sta che il Signore ha deciso per un castigo. Di quelli biblici, appunto. Gabriele, suo alfiere e braccio destro, accantona momentaneamente la spada fiammeggiante per usare una più virile e pratica mazza di ferro. Mentre Michele, che non è d'accordo con il capo, si rifornisce di un arsenale tale da far impallidire l'esercito degli Stati Uniti.
La battaglia sta per aver luogo in una sperduta caffetteria. Dentro c'è l'ultima speranza per l'umanità, a difenderla Michele col fucile a pompa. Fuori uno stuolo di angeli, capeggiati da Gabriele che esegue le direttive del Padre.
L'apocalisse che da tempo gli sceneggiatori americani invocano e ripresentano alle masse stordite dai botti provenienti dal Medio Oriente, sta per avere il suo culmine. Stavolta gli angeli del Signore scendono tra noi per sporcarsi le mani, e per eseguire le Sue direttive. Se davvero c'è un motivo per il quale l'umanità merita un castigo è da ricercarsi nell'uso smodato e decisamente eccessivo che essa fa del Suo nome. Dimenticate quindi il pastore di anime e i Libro dei Profeti, questo è il Dio irato del Vecchio Testamento che presenta il suo conto all'umanità.
Era dai tempi di "The Prophecy" che non si vedeva in giro Gabriele. Ma allora aveva dei dubbi e l'ambigua, fascinosa presenza di Christopher Walken. Adesso accantonati i dubbi e le ricerche si dedica all'esecuzione dei compiti affidatigli dal principale.
Mentre Michele fa la sua comparsa come paladino dell'umanità.
Difficile immaginare una trama più ovvia e insensata. Ma non è un problema, perché il film in realtà non richiede nessuna trama, né sforzi particolari da parte degli spettatori. Basta abbandonarsi alle scene di combattimento tra esseri alati e non, per passare un'ora e mezza in maniera spensierata.
Purtroppo il fatto ormai ovvio che si sia esaurita ogni possibile idea viene immediatamente fuori appena c'è un attimo di sospensione tra un combattimento e l'altro. E a nulla valgono le ali dei contendenti, uno sprovvisto per cause di forza maggiore, e l'altro che ne sfoggia un paio da competizione. Le uniche ali di cui vorrebbe disporre lo spettatore annoiato sono quelle di un qualsiasi velivolo che lo salvi all'istante dalla sola idea che un angelo possa imbracciare sul serio un fucile.
E già che ci siamo, ecco una domanda che sorge spontanea: ma gli angeli saranno vulnerabili alle pallottole?
Questi quesiti leggermente oziosi che vengono alla mente durante le scene di intensa colluttazione filosofica, sono in realtà indice dell'effettivo mancato coinvolgimento dello spettatore, da parte di uno stuolo di attori impegnati a sopperire con le armi alla mancanza di dialettica più ovvia e banale.
Dennis Quaid ha da tempo perso significato come attore, e qui sfodera la sua più intensa espressione, con la bocca spalancata a simulare incredulità, e con la fronte corrugata per suggerire una seria preoccupazione.
Michele, un Paul Bettany con una sola espressione, che presto vedremo anche in Priest, sempre con la regia di Scott Steward, ci suggerisce il dubbio che gli angeli del Signore siano in realtà dei cyborg un tantino freddi e molto poco caritatevoli. Mentre le coreografiche botte tra i due arcangeli danno un senso nuovo alle parole "crisi religiosa".
Tutto qua. Niente dibattimenti filosofici tra il bene e il male, e un'imbarazzante assenza di qualsiasi contenuto, che non si possa rappresentare con un'arma da fuoco. È pur vero che i botti e le espolosioni hanno da tempo sostituito la dialettica, nel più ovvio imbarbarimento di qualsiasi tentativo di dire qualcosa.
Ma il solo pensiero che la modalità preferita dal governo degli Stati Uniti per la risoluzione dei conflitti possa essere estesa anche al Regno dei cieli mette una tale tristezza da far venire voglia di dichiararsi atei.
Così tanto per sfuggire almeno una volta ai bombardamenti in nome della fede.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 23/03/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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