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Un giovane attivista prova il discorso del candidato alle primarie.
Ha trent'anni ma sa muoversi nelle campagne elettorali con competenza e mestiere e soprattutto appoggia entusiasticamente il suo uomo perché palesemente convinto della bontà delle sue idee.
Il film scritto e diretto da George Clooney e tratto da una pièce teatrale di Beau Willimon, Farragut North, si muove interamente nel mondo del partito democratico e dei maneggi di chi vuole raggiungere il potere senza farsi troppi scrupoli.
Già ne "Il candidato", uscito nei primi anni Settanta, in un periodo politicamente caldo a livello planetario, Robert Redford affrontava la tematica delle campagne elettorali sviscerando conflitti interni, difficoltà e arrivismo e nella sua parte iniziale la pellicola di Clooney sembra prendere più di uno spunto dal film di Redford.
Nel film di Redford il protagonista era un aspirante senatore con l'idea di approdare alle primarie, in questa storia Clooney, alias il governatore Mike Morris, ha un ruolo marginale perché in realtà la storia ruota tutta intorno al giovane Stephen Meyers (Ryan Gosling), brillante addetto alla comunicazione e alla sua formazione.
Il titolo della pellicola allude alla congiura che portò Giulio Cesare alla morte.
Meyers, entusiasta e ingenuo all'inizio del film, lentamente si rende conto del lato oscuro del suo candidato e si trasfigura, mutando anche l'espressione del volto che diventa via via più duro.
Le complicate trame politiche che lo vedono vittima e carnefice a più riprese uccidono così la sua freschezza, per trasformarlo in un cinico arrivista senza sentimenti.
Giocato molto sui dialoghi e sulla gestualità degli interpreti, proprio perché di derivazione teatrale e quasi sfrondato dall'uso della colonna sonora, "Le idi di marzo" si avvale di una sceneggiatura brillante e di interpreti caratteristi di grossa levatura (i duetti più gustosi sono quelli tra Gosling e i due capi di delegazione dei candidati, ovvero Philip Seymour Hoffman e il lanciatissimo, dopo "La versione di Barney," Paul Giammatti).
Un occhio particolare alle due interpreti femminili: Marisa Tomei, nel ruolo di una giornalista d'assalto e la giovane Evan Rachel Wood, ormai adulta (si fece notare quasi dieci anni fa nel torbido "Thirteen") agnello sacrificale e trait-d'union nel camminoprofessional-spirituale del giovane Meyers.
Ambientato in un futuro imprecisato, ma girato in piena epoca "Obama", il film denuncia spietatamente le manovre di partito e per questo ha provocato negli USA un aspro dibattito verso il regista Clooney.
E' invece ammirevole come l'attore e regista, di chiara collocazione democratica, abbia voluto segnalare la corruzione tout court, grido di dolore e richiesta di aiuto agli uomini di buona volontà, denunciando il male nella politica, nel mondo dei media e nella comunicazione tra simili ormai ridotta a un eterno opportunistico compromesso, come estremo tentativo di risvegliare le coscienze ripiegate su se stesse per i troppi problemi sociali che i tempi hanno portato.
Pathos e lucida denuncia sono gli ingredienti principali per un film che tiene avvinti dalla prima all'ultima allusiva scena. Consigliatissimo.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/12/2011 17.54.00
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