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Remy, un ratto che vive in campagna, insieme al padre, al fratello Emil e a tutta la loro colonia, non riesce a vivere restando nei limiti imposti dalla sua condizione. Lui non vuole mangiare spazzatura né avanzi, ama la buona cucina e guardando alla televisione il programma del grande chef Gusteau impara a cucinare.
Le vicissitudini della vita lo condurranno nella cucina di uno dei migliori ristoranti di Parigi, quello di Gusteau, dove con la sua competenza riesce a far diventare chef Linguini, un semplice sguattero che di cucina non capisce nulla, il quale a sua volta si scopre essere il figlio perduto del grande chef defunto che aveva lasciato disposizioni circa l'eredità del ristorante...
“Sei una pantegana per la miseria! Qualunque cosa tu abbia fatto è piaciuta!”
La Pixar non sbaglia un film da sempre, e questa è l'ennesima prova del talento di un'officina che riesce a rendere interessante persino una colonia di ratti. Il topo che volle farsi chef ha una verve che coinvolge dal primo fotogramma, e se si riesce a superare l'ostacolo iniziale, quando ci si rende conto che quelli sullo schermo sono ratti, e che noi ci stiamo facendo prendere dalla loro storia, ci si trova in un'atmosfera che non si vedeva dai tempi de "Gli Aristogatti".
Solo che i tetti di Parigi sono adesso abitati dal piccolo chef e dal suo amico che millanta una competenza culinaria, senza aver mai messo al fuoco una sola pentola. E se dapprima tutto questo ci appare un tantino esagerato, sarà con vera passione per il destino dei due che seguiremo lo svolgersi della storia, non fosse altro che per vedere sconfitto il cattivissimo chef Skinner, nemico di Linguini e mercenario che, con sottile ironia ci viene mostrato a coltivare solo i facili guadagni dati dai surgelati.
Le scene corali sono le più riuscite, sempre se si riesce a stare a guardare un'intera colonia di ratti che balla come ai bei tempi di Romeo e Duchessa. Sorvolando sulla morale della storia, che comunque ha la sua da dire circa i sogni che ciascuno coltiva e il proprio personale diritto al conseguimenti degli stessi, salta comunque all'occhio l'accuratezza con cui i personaggi sono caratterizzati. Dal ratto che vive una condizione di solitudine in seno ad una comunità in cui non si riconosce, allo chef di fama e la sua perfetta cucina, adesso guidata da un avido mercenario, giù fino al critico gastronomico, che assaggiando il ratatouille del piccolo chef, riceve un'epifania che lo rimanda nella cucina di sua madre e per questo pone rimedio ad un'intera vita spesa a distruggere chef e ristoranti.
Risulta assai sorprendente come la scelta della Pixar di non umanizzare i suoi animali, se non nei piccoli particolari, nel caso gli occhi e le orecchie, li renda comunque realistici e nel contempo assolutamente irresistibili, al punto da creare una paradossale empatia col piccolo chef e con la sua sgangherata famiglia, che infine salverà la reputazione di Linguini, ma non la sua cucina, chiusa dall'ispettore dell'ufficio di igiene, causa invasione di ratti, appunto.
Il critico gastronomico Anton Ego rappresenta non senza ironia intere schiere di critici quotati il cui parere da anni influenza i destini di generazioni di ristoranti e di chef famosi. Ed è con grandissimo gusto che ci si mostra il bambino dentro il critico, che alla fine voleva solo il ratatouille di sua madre e nulla più, e per questo macellava reputazioni e carriere senza alcuna pietà.
La competenza tecnica dietro tutto questo è semplicemente magica, e non per un attimo potremo dubitare della realtà di quello che i nostri occhi ci rimandano, è proprio così nell'universo della Pixar non solo i ratti ballano, ma cucinano meglio degli uomini e incredibilmente per questo stravolgono le regole che da sempre li vogliono fuori dalle nostre cucine.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 04/11/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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