brucio nel vento regia di Silvio Soldini Italia, Svizzera 2001
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brucio nel vento (2001)

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locandina del film BRUCIO NEL VENTO

Titolo Originale: BRUCIO NEL VENTO

RegiaSilvio Soldini

InterpretiIvan Franek, Barbara Lukesova, Citrad Gotz, Caroline Baehr, Cecile Pallas

Durata: h 1.58
NazionalitàItalia, Svizzera 2001
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 2002

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Trama del film Brucio nel vento

Tobias vive in Svizzera e lavora da dieci anni in una fabbrica di orologi. Nel suo oscuro passato ci sono una madre che era la ladra e la puttana del paese e un padre illeggittimo che crede di avere ucciso. Ossessionato dai fantasmi, Tobias si rifugia nella scrittura e aspetta l’arrivo di una donna immaginaria, Line. E Line arriva: è Caroline, la sua compagna di banco, la figlia del suo stesso padre. E' la donna di cui Tobias s'innamora perdutamente e che vive in Svizzera con un marito e una figlia...

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Voto Visitatori:   7,13 / 10 (15 voti)7,13Grafico
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Voti e commenti su Brucio nel vento, 15 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR wicker  @  16/06/2019 19:00:55
   7½ / 10
Storia molto triste , drammatica e cupa , ma con sempre una fioca luce di speranza che induce i protagonisti ad andare avanti . il finale agrodolce sarà un idillio o forse no..
Bene Soldini, meglio di pane e tulipani , prova decisamente più matura e carismatica , bene Franek attore dallo sguardo spento e didilluso perfetto per la parte.

kafka62  @  10/02/2018 17:34:53
   5½ / 10
Non si deve stare poi tanto bene in Svizzera, a giudicare da ciò che si vede in questo film di Silvio Soldini, soprattutto se si è stranieri e si vuole fuggire dai fantasmi del proprio passato. Non ci sono i prati verdi o le montagne ridenti cui ci ha abituati la retorica fasulla di certa pubblicità televisiva, ma, al contrario, il grigiore anonimo che caratterizza – tanto per fare un esempio – l'hinterland milanese, mentre l'ordine e la pulizia nascondono, sotto una apparenza di elvetica efficienza, la latitanza di relazioni umane e l'alienazione dei rapporti produttivi. Eppure, nonostante lo squallore di una giornata passata in fabbrica a fare sempre lo stesso buco e del poco tempo libero buttato via dietro un boccale di birra insieme a qualche connazionale, tutto si sopporta e a tutto ci si abitua, qualcuno muore – è vero -, qualcun altro impazzisce, ma in fondo "solo diventando niente – come sostiene il protagonista - si può diventare uno scrittore". E Tobias ai suoi scritti e alle sue poesie, cui dedica gran parte delle sue serate, tiene moltissimo, al punto da configurarsi innanzitutto come un personaggio immaginifico, nel senso che la realtà è da lui costantemente trasfigurata in immagini di fantasia. Così, non sappiamo mai con certezza se quello a cui assistiamo è la realtà autentica o invece la proiezione dei sogni, delle paure e dei desideri della mente di Tobias. Neppure di Line, la mitica donna amata fin dall'infanzia, cercata ossessivamente e vanamente in tutte le esperienze con l'altro sesso, siamo in grado di giurare che esista veramente e non sia invece la proiezione sublimata di un sogno. La sua apparizione, dopo tanti anni e per giunta nella stessa fabbrica dove lavora il protagonista, è infatti talmente repentina e miracolosa da far pensare all'ennesimo parto della sua febbrile fantasia, anche se il suo aspetto non ha nulla, ad essere sinceri, della figura idealizzata da ******* raffaellesca che ci si attendeva. Line è infatti bruttina, ha un figlio piccolo ed è sposata con un uomo arido e mediocre. Ma, reale o meno che sia il suo oggetto, il desiderio amoroso di Tobias, nutrito e amplificato dalla solitudine e dall'angoscia, va al di là di tutte le contingenze, è un vero e proprio "amour fou", morboso, irrazionale ed eccessivo, fatto di maniacali pedinamenti e di autodistruttive gelosie. Per Line Tobias è disposto a rinunciare a tutto, contro ogni evidenza e al di là di ogni buon senso, quasi fosse l'incarnazione di un personaggio di Dostojevskij.
A una storia che non sembra avere alcuna via di uscita, soffocata com'è da una realtà piena di disperazione e di miseria esistenziale, Soldini riserva a sorpresa, quasi a voler risarcire in qualche modo i suoi infelici personaggi, un mezzo lieto fine.

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E' difficile dire che cosa abbia tanto colpito il regista italiano da indurlo a trasportare sullo schermo un romanzo sconosciuto di un autore sconosciuto: forse la convivenza forzata di comunità diverse (vero e proprio leit motiv nella filmografia di Soldini), forse l'analisi minuziosa di una passione straordinaria all'interno di un contesto normale. Fatto sta che, con l'eccezione forse di "Un'anima divisa in due", "Brucio nel vento" sembra appartenere più alla stagione trascorsa delle nouvelle vagues francese (il protagonista ha la stessa nervosa intensità di un Jean-Pierre Leaud) e tedesca (certe atmosfere di ordinaria disperazione ricordano Herzog e Fassbinder) che al corpus dell'opera soldiniana. Se da una parte risulta encomiabile lo sforzo di evitare costantemente le trappole del melodramma, lascia invece un po' perplessi, per non dire infastiditi, quell'atmosfera così radicalmente negativa, pessimista e angosciante (perfino la fotografia è buia e claustrofobica) che rischia di appiccicare al film un'aura di autocompiaciuta involuzione e una sensazione di insuperabile tristezza che certo non si merita. Alla fine ciò che più rimangono impresse nella memoria (insieme ai rari momenti in cui la passione a lungo trattenuta sfocia in violente esplosioni di desiderio e di rabbia) sono forse le innumerevoli corse della corriera che, giorno dopo giorno, conduce i personaggi al lavoro e li riporta a casa (unico palcoscenico, insieme alla mensa aziendale, nel quale per brevi attimi viene messo in scena un amore cui non sono concessi altri spazi), le quali scandiscono con metronomica regolarità i tempi di una storia che, paradossalmente, sembra non avere tempo.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  24/01/2010 19:09:09
   7½ / 10
Bravo e coraggioso Soldini. Non si culla sugli allori di Pane e tulipani, ma si svicola dai toni di commedia agrodolce per immergersi in un racconto a forti tinte drammatiche in cui il protagonista si esilia dal proprio passato e decide di trascorrere la sua esistenza in una terra straniera in attesa di quell'incontro con la sorellastra tanto amata e idealizzata. Raffinata la regia di Soldini, intensissima l'intepretazione di Franek, vale la pena vedere il film solo per questo.

frangipani79  @  15/12/2006 12:29:10
   7½ / 10
Si tratta di un ottimo film d'autore, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Silvio Soldini è un grandissimo regista, i film lenti e introspettivi non mi hanno mai impaurito, anzi, li preferisco. Brucio nel vento, però, è estremamente pesante. Difficile da seguire con passione, con curiosità. Le scene si ripetono senza pietà (per lo spettatore), autobus che arriva - donna che sale e ringrazia - inquadratura di Thomas e la donna che si siede. Per due ore si vedrà 500 volte. Il resto è qualche interno alla birreria o in casa di Thomas.
Che bisogno c'era di costruire un film senza luogo (si suppone sia la svizzera, di lingua francese per giunta, che mi irrita solo a sentire "merci"), invece che parlare del nostro bel paese e inserirvi anche qualche personaggio italiano ? Non capisco questo rifiuto.
Ben recitato, per carità, ma per campanilismo gli ho dato un bel voto che non sento affatto, anche se di motivazioni campanilistiche ce ne sono ben poche in 'sto film.

2 risposte al commento
Ultima risposta 28/05/2007 21.52.47
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  22/10/2006 22:20:36
   7 / 10
Era il 1998, quando mi imbattei nelle pagine di "ieri" di Agota Kristof, e credo di aver letto raramente nella mia vita pagine altrettanto cariche di pathos, di passione, di dolore e rimpianto.
C'era il fluire poetico della scrittura, e soprattutto la capacità di vitalizzare un personaggio astruso, dissociato, fatalista, ombroso come Tobias.
Un personaggio alla Camus, per intenderci.
Qualche anno dopo l'ottimo Soldini ne ricava l'addattamento cinematografico: sembra di tornare al greve realismo di "L'aria serena dell'ovest", e la fedeltà al testo originario rende legittimo l'amore del regista italiano per l'autrice del libro (e per il suo romanzo, ovviamente).
L'aria "gitana" del cinema di Soldini, il senso della fuga e il richiamo all'appartenenza e all'identità - è intrinseca da sempre nel suo cinema.
Del resto, ha la capacità di cogliere l'aspetto intimista del romanzo, l'ambientazione è eccellente (la desolata campagna ungherese e la misconosciuta svizzera di pendolari), è efficacissimo quando racconta quel senso alienante di solitudine e difficoltà di integrazione del mondo immigrato, un tema caro alla stessa Kristof che emigro' in Svizzera nel lontano 1956.
E tutto sommato la passività di Tobias è resa con una certa bravura, e il titolo del film non sarà "ieri" ma è bellissimo comunque.
Pero' a un certo punto quest'equilibrio si spezza, e allora i ricordi del libro e della sua incongrua e improbabile veridicità sono altra cosa, e anche Ieri sembrava collimare, a tratti, in una pretenziosità incomprensibile, ma solo per un attimo.
Soldini si perde in una verbositù dove fa capolino la parola piu' temuta: retorica.
Non riesce a reggere il confronto col testo originario, ma è pur sempre l'opera di un'autore che rischia volentieri cercando qualcosa di se stesso. Un film del genere, oggetto di "culto" ma non di buon esito popolare, a due anni dal successo di "pane e tulipani" è un'impresa di raro coraggio. Imperfetto, ma "puro".
E Soldini è un "puro" per davvero

polbot  @  29/08/2005 09:29:26
   7 / 10
Delfina  @  16/04/2005 15:53:43
   10 / 10
Un film bellissimo, un "classico moderno".

andy82bof  @  21/01/2005 20:48:41
   7 / 10
Bella storia di un amore un po' patologico lungo una vita

pestiphera  @  30/04/2004 16:40:34
   4 / 10
Perplessità... ma nn sarà ora di smentire le pretese equazione "insensato-complesso" e "insoluto-profondo"?! Sarà una carenza mia, ma questo film nn ha toccato niente dentro di me... un semplice (ben fatto) esercizio di stile.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  09/04/2004 00:41:42
   6 / 10
Troppo sospeso

Invia una mail all'autore del commento Morfeo  @  07/11/2003 10:09:57
   10 / 10
È il soldini che preferisco, che racconta con discrezione di infanzie violate, passioni che si aggrappano alle persone, solitudini d’immigrati.
L’autobus che porta Tobias in fabbrica, è quasi un orologio, come quelli che fabbrica il protagonista.
Tutto è avvolto in un grigiofreddo, che sembra senza possibilità di riscatto, ma Tobias ha un “ancora” irreale, che è l’origine della resistenza, la poesia, e Line, che esiste ma è un ideale onirico.
Un giorno Tobias scopre che Line è accanto a se, e naturalmente farà di tutto per averla, lì Soldini diventa discreto, stempera il romanticume nella purezza delle immagini, visionarie, che ci accompagnano verso il finale tragico e splendido.
Una curiosità, il libro della Kristof termina diversamente dal film, ma entrambi i finali sono sono splendidi e possibili, con la scrittura che può esserci o non esserci come le passioni.


Invia una mail all'autore del commento nelly  @  31/07/2003 09:33:34
   10 / 10
Bellissimo! Intenso, a fior di pelle...

gian  @  21/05/2003 20:15:46
   10 / 10
Semplicemente stupendo

Corrado  @  08/02/2003 19:51:50
   1 / 10
Invia una mail all'autore del commento tiziana  @  28/12/2002 20:23:45
   7 / 10
coinvolgente, un pò calante verso la fine.Lo fa diventare quasi scontato.franek ha dato un'interpretazione completa e intansa.

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