cassandro (2023)

I sociologismi non rendono giustizia al biopic: Roger Ross Williams non è un portavoce della minoranza queer ("It inspired me, but I hope it inspires everyone - not just the LGBTQ+ community") e gira "Cassandro" come fosse "The Wrestler" (Aronofsky 2008) diretto dal primo e miglior Almodóvar, quello de "La legge del desiderio" ('87), pre-movida, pre-commedia sofisticata, pre-melodramma anche se c'è un pizzico di "Tutto su mia madre" ('99), mentre il dramma storico rimanda in certi momenti al mio preferito di P.T. Anderson, "Boogie Nights" ('97). Altra nota di merito: "il film è stato supportato dal Sundance Institute Feature Film Program (FFP)". Contento di tornare a vedere un'opera indie valida. Inaspettata nota di demerito: Bernal sarà pure un'attore eccelso, ma è fisicamente fuori parte nel ruolo del "luchador".

Il mondo del wrestling, anzi dei luchador perchè la vicenda si svolge in Messico, è tendenzialmente la terra dei macho che si dividono in buoni e cattivi. Accanto a queste c'è la categoria degli "exoticos" cioè lottatori pesantemente truccati come donne e destinati non solo a perdere sempre, ma anche ad essere la valvola di sfogo del pubblico che li deride come checche o froci. Cassandro cambierà le carte in gioco, presentandosi sul ring per quello che è: un lottatore omosessuale che sarà sempre più apprezzato dal pubblico per la sua bravura fino alla consacrazione con l'incontro tra lui e Hijo del Santo, il miglior luchadores del mondo. Un film incentrato su Garcia Bernal che mostra tutte le sfumature di un personaggio che riesce ad avere la sua catarsi con le persone, mai con il padre che non ha accettato il coming out. Sicuramente sacrificato qualche carattere di contorno, ma il film pur mantenendosi sui binari solidi del biopic, ha una storia interessante ed un attore in gran spolvero.