hunger games - la ballata dell'usignolo e del serpente (2023)

Il film scorre bene, nettamente migliore e poi avvincente la prima parte rispetto alla seconda che è di stampo più introspettivo. Nel complesso non mi è dispiaciuto.

Torna al cinema la saga di Hunger Games e nelle mani del giovane Tom Blyth viene affidata la delicata interpretazione di quello che sarà il presidente Snow, ben noto ai fan della saga. La storia parte bene con l'introduzione dei vari personaggi e poi i giochi che risultano sempre drammatici, con qualche colpo di scena. La seconda parte invece, ovvero successiva alla conclusione dei giochi, alterna momenti interessanti ad altri caotici.

Quello che sicuramente ne traspare è l'inevitabile trasformazione del giovane Snow in uno spietato e cinico assassino, disposto a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi (come del resto si era intuito con gli "aiutini" usati durante i giochi).

Molto bene il cast, dove appunto il protagonista riesce a reggere il difficile ruolo affidatogli. Bene anche Rachel Zegler, che a tratti può ricordare Katniss, pur mantenendone in generale delle differenze (oltre a quelle esteriori). A completare il cast ci sono i vari giovani attori che interpretano amici e colleghi di Snow e i volti noti di Viola Davis e Peter Dinklage che hanno il loro peso ed evitano che si finisca in un teen movie.

Non sui livelli della trilogia che resta diversi gradini sopra, ma pur sempre un buon film.

"Ciò che è accaduto lì dentro è la natura umana che mostra se stessa. Nutriti dal terrore di diventare prede, diventiamo di colpo predatori." In un universo hobbesianamente panbellicista, la scelta dicotomica pare obbligata, nessuno si ferma più all'indecidibilità e cade nell'ingiustificata trappola logica e cognitiva dell'aprioristica negazione d'un eventuale "tertium datur". Quest'idea fallace e malata ha già infettato la cultura umana in lungo e largo, non dev'essere più messa in discussione e infatti sta ottenendo riconoscimenti in ogni campo. È allora ancor più criminale inculcarla nei prodotti per YA così da abituare le nuove generazioni a una distopia perenne, inattaccabile, incontestabile, indiscutibile, dove l'unica storia interessante deve restare la genesi del villain, nuovo eroico protagonista. Il mio più sincero affetto a chi sta provando a ribellarsi, rivoltarsi, insorgere, divergere con una lucidità mentale il più possibile lontana da quanto propinato da tali porcherie.
Ps: almeno i registi potrebbero non adottare sempre lo stesso design di "1984" o di Terry Gilliam ("Brazil", 1985, e "L'esercito delle 12 scimmie", 1995).

Come in ogni saga che si rispetti arriva il momento del prequel che tenta di mettere temporalmente un punto nel racconto.
In questo ultimo capitolo si notano una sceneggiatura non perfetta e una mancanza di tensione action, presente maggiormente nei primi film, anche a fronte dell'assenza nel cast e nel racconto, di una figura di spicco come poteva essere la Lawrence.
Di sicuro la confezione visiva è ben curata, la lunga durata non inficia il coinvolgimento, nonostante il fastidio (personale) di inserti canori piuttosto tiepidi, il ritmo narrativo appare abbastanza sciolto per non risultare pesante e la storia riesce, tutto sommato, a intrattenere e interessare degnamente.

Probabilmente ci avviamo a veder distrutta una saga molto carina con questi prequel "forzati" e assai mediocri. C'è davvero poco del fascino dei precedenti capitoli, poca adrenalina in una trama arruffona e di poca sostanza, personaggi descritti poco e male, eroina di turno che trasforma in un musical tutto quel che fa!!