il sapore della ciliegia regia di Abbas Kiarostami Iran 1997
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il sapore della ciliegia (1997)

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locandina del film IL SAPORE DELLA CILIEGIA

Titolo Originale: TA'M E GUILASS

RegiaAbbas Kiarostami

InterpretiHomayoun Ershadi, Abdolrahman Bagheri, Afshin Khorshid Bakhtiari, Safar Ali Moradi, Mir Hossein Noori, Elham Imani, Ahmad Ansari

Durata: h 1.35
NazionalitàIran 1997
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1997

•  Altri film di Abbas Kiarostami

Trama del film Il sapore della ciliegia

Un uomo in automobile percorre la periferia di Teheran. Carica un soldato curdo, poi un seminarista afgano, infine un vecchio che lavora al Museo di storia naturale. Il suo percorso, i suoi dialoghi all'inizio sono spiazzanti; poi si fanno via via più angoscianti. L'uomo cerca qualcuno che sia disposto ad aiutarlo a suicidarsi, che la mattina dopo, si rechi in un luogo convenuto, vicino a una fossa già scavata, lo chiami e, se lui non risponderà, riempia di terra la fossa.

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Voto Visitatori:   6,70 / 10 (20 voti)6,70Grafico
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su Il sapore della ciliegia, 20 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  16/08/2024 16:40:10
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Minimale nella narrazione e nella messa in scena, ma è uno dei film più stratificati di Kiarostami, vitale, filosofico, riflessivo, un film sulla morte che riesce a trasmettere una forte voglia di vivere, una riflessione sul suicidio in rapporto all'etica, alla religione, all'esistenzialismo, con un protagonista, il signor Badi di cui non sappiamo nulla, ma intuiamo facilmente dopo pochi minuti le sue intenzioni, vuole farla finita e sta cercando un complice che lo seppellisca quando sarà il momento, promettendo anche una grossa ricompensa in denaro, è così che inizia questo road movie, che poi tanto road movie non è perché va bene che è ambientato sulla strada ma il protagonista fa girotondo per gli stessi quattro posti per tutto il film, in cui quest'uomo prova a convincere vari personaggi ad aiutarlo, ognuno di essi ha una reazione diversa alla sua proposta, dal ragazzino militare, ancora troppo acerbo, nonostante sia già stato in guerra - e qui potrebbero nascere importanti riflessioni sul valore della vita in tempo di guerra, ma Kiarostami ci lascia soltanto una suggestione - che sembra spaventato dalla proposta reagendo in maniera puerile, arrivando al religioso che rifiuta la proposta e cerca di dissuadere il protagonista, argomentando con i principi del Corano secondo il quale non possiamo far del male al nostro corpo perché ci è stato donato da D.io, ed è interessante la risposta di Badi, che fa sorgere diversi interrogativi riguardanti il rapporto tra il suicidio e le sacre scritture, fino ad arrivare al dialogo cruciale, quello con Bagheri, questo anziano tassidermista che lavora al museo di scienze naturali, che accetta malvolentieri la proposta di Badi perché ha bisogno di soldi per curare il figlio malato, che durante il tragitto racconta la sua novella, del suo quasi tentato suicidio e della riacquisita voglia di vivere grazie appunto al sapore della ciliegia in un momento dal forte impatto emotivo che fa riemergere una subdola ma gradita voglia di rivivere appieno, e si vede già dalla reazione del protagonista, il finale rimane aperto, ma la richiesta di tirargli qualche sassolino nel caso fosse sveglio fa molto ben sperare, specialmente dopo il monologo di Bagheri.

Fondamentalmente tutto ambientato nella macchina del protagonista, in cui si svolgono la maggior parte dei dialoghi e in queste lande iraniane in cui domina la componente cromatica gialla, dai campi ingialliti fino ai cantieri pieni di sabbia, è un film molto magnetico, come spesso accade per Kiarostami il dialogo riesce a fare da padrone e risulta estremamente evocativo, la cosa che stupisce è l'equilibrio che il regista riesce a dare tra la riflessione e l'emozione, rendendolo un film che colpisce sia molto di pancia col suo mood speranzoso e vitale, ma che allo stesso tempo riesce a stimolare il pensiero critico nei confronti delle questioni tirate in ballo, però l'affresco finale è una realtà migliore di quella con cui si era iniziato il film, o meglio, la realtà non è cambiata, è il punto di vista ad essere cambiato.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  08/02/2022 19:16:18
   8 / 10
Guardando la media non riuscivo a capire, poi ho visto che a parte un 5, le uniche insufficienze sotto questi film sono 1 e 1,5, per me decisamente esagerati anche se non si è apprezzato il film. Capisco che non sia un lungometraggio per tutti e che magari il modo in cui viene trattata la vicenda possa non essere apprezzato da chiunque, ma la tecnica di Kiarostami in questo film per me è fuori discussione, e da un punto di vista oggettivo i difetti de "Il sapore della ciliegia" sono veramente pochi. Detto questo, soggettivamente ho apprezzato davvero tutto all'interno di questo film, a parte forse il finale che pur essendo molto efficace e ben messo in scena mi ha dato la sensazione di

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, cosa che altri finali

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER non mi hanno invece dato. Per il resto, c'è poco da dire: il film va giudicato per quello che è, non è certo roba in stile Marvel. Per quello che è, a mio parere, è molto riuscito.

Thorondir  @  30/03/2020 15:19:46
   8 / 10
Prospettive di un suicidio nell'Iran pronto ad immettersi nella presidenza del progressista Khatami. Un film sulla difficoltà di una singola gigantesca scelta personale e sul come gli altri percepiscono questa altrui scelta. I tre personaggi di cui il protagonista cerca aiuto sono esemplificativi dell'Iran e ci raccontano un intero paese, perchè non sono propriamente iraniani: il giovane curdo-iraniano destinato a diventare soldato perchè la sua zona di provenienza lo "costringe" a questo ma che fugge come un bambino di fronte alla situazione; l'afghano fuggito dalla guerra per studiare in Iran e che cerca una risposta nel Corano (ed emergono i riflessi razzisti contro gli afghani che conoscendo un poco l'Iran so essere radicati tra una certa parte degli iraniani); e poi l'anziano turco (azero) che cerca la persuasione attraverso le bellezze di una vita che va vissuta e che va rintracciata nelle stelle, nel sorgere e morire giornaliero del sole, nel sapore della ciliegia, nelle piccole cose quotidiano.

Un essenzialissimo affresco di cinema minimale che ci parla dell'uomo e parla agli uomini con straordinaria semplicità e altrettanta forza.

Charleston11  @  22/11/2018 13:36:42
   1½ / 10
Film che cerca di essere intellettuale ma che risulta terribilmente lento, noioso e vuoto. Il finale è assolutamente insensato e snervante

kafka62  @  16/05/2018 10:26:42
   7 / 10
"Il sapore della ciliegia" è un film che rinuncia in partenza a essere spettacolare (ed anzi vuol essere spoglio, semplice, essenziale) per concentrarsi meglio su una problematica morale, filosofica o esistenziale e svilupparla con lucidità, rigore e onestà intellettuale: un cinema pur sempre moderno, come moderni sono stati (e sono tuttora) Dreyer, Bresson, Rohmer e Kieslowski. Kiarostami in questo film si interroga sulla libertà dell'uomo, nella sua manifestazione più estrema che si esplica di fronte alla scelta tra vita e morte (in una intervista ha asserito di essere stato profondamente colpito da un aforisma di Cioran: "Se non esistesse la possibilità di suicidarsi, mi sarei già ucciso da tempo"). Kiarostami non vuole dare risposte (sì o no al suicidio o all'eutanasia) ma ci presenta una serie di personaggi che reagiscono in modo diverso di fronte al dilemma del protagonista (con paura, conformismo, indifferenza o – come nel caso del vecchio – con l'unico atteggiamento autenticamente libero: quello di scegliere la vita non perché il suicidio sia vietato dalle leggi o considerato peccato capitale dalla religione ma unicamente perché la vita vale la pena di essere vissuta fino in fondo, non pregiudicando cioè in partenza la possibilità di un'alternativa ma scegliendo liberamente secondo il proprio discernimento e il proprio senso etico). Non sappiamo alla fine se il protagonista morirà o no, ma il lento e monotono viaggio on the road nella polverosa e desolata periferia di Teheran ci conduce progressivamente a toccare il punto nevralgico del problema, come se anche noi spettatori fossimo invitati a salire in automobile col protagonista e a decidere se aiutarlo oppure no a dargli sepoltura. Un piccolo capolavoro, che non è disturbato più di tanto dalla scelta intellettuale del regista di svelare alla fine la finzione, come se si fosse a teatro dopo la chiusura del sipario.

suzuki71  @  17/07/2016 20:53:08
   9 / 10
Un uomo ricco - il signor Badii - elemosina qualche manciata di minuti tra gli ultimi delle periferie con una proposta dapprima sapientemente ambigua, ma che improvvisa rivela l'abisso in cui è caduto quest'uomo. La saggezza degli ultimi dapprima e l'elaborazione culturale di un professore apriranno squarci di speranza, in una indimenticabile carrellata di semplici che diventa fortissimo omaggio, quasi mitizzazione. E al centro, la merce di scambio, quei soldi paradigma dell'illusione di poter comprare tutto, tranne l'essenziale. Un film coltissimo nella sua apparente semplicità, un omaggio al popolo iraniano, dal finale intelligente.

ostix  @  17/02/2015 19:14:02
   1 / 10
Ma per piacere, all'epoca l'ho visto al cinema e c'era mezza sala che dormiva.
Ed ero in un cinema di quelli "impegnati" e radical chic della città.

E' inutile dare voti alti per il messaggio aulico e profondo che il film vuole dare, è una mattonata e basta.

Come fa ad arrivare il messaggio se il pubblico si addormenta? Obiettivo non raggiunto dal film.
Personalmente il peggior film - in assoluto - che abbia mai visto al cinema.
Sarebbe da zero ma il sistema di voto non lo permette.

TheLegend  @  12/07/2013 03:07:56
   7 / 10
Un cinema semplice ma allo stesso tempo profondo e riflessivo.

Invia una mail all'autore del commento The howling  @  04/12/2012 11:09:33
   1 / 10
Per carità...mi son dovuto guardare questo film in terza liceo e...perchè? Mi son detto che anch'io potrei prendere una videocamera, fare dei ripiani immensamente lenti e noiosi..

però è tanto poetico! sì...

sweetyy  @  24/05/2012 03:56:17
   7½ / 10
Primo film di Kiarostami, devo dire di essere rimasta impressionata positivamente. Un tantino lento e a tratti monotono ma intenso e riflessivo.

Febrisio  @  25/06/2011 09:37:39
   8½ / 10
Inizio il commento, vista la stagione, mangiandomi una buona ciligia; sarò più vicino a cosa descriverò. Il sapore della ciligia è un viaggio di morte (non quella che sto mangiando), legato estremamente alla vita dei suoi protagonisti.

I tre prescelti per il lavoro di Badii si fanno riconoscere facilmente allo spettatore come icone di maturità e differenza per affrontare la vita. Forse un po retorico, ma non falso, il film riesce ad essere delicato quanto il gusto della ciliegia, o di un gelso, parlando di vita. La bella interpretazione di Badii dimostra di possedere una giornata di forte ansia; incaricarsi della propria morte è un compito di grande responsabilità, o forse il suo problema che sta alla base lo sta corrodendo. Tutte le persone che circondano Badii, e queste colline quasi color dell'oro, sono educate e rispettose in modo piacevole. Personalmente mi son meravigliato della scena in cui i contadini aiutano Badii quando bloccato con la Jeep. Un senso semplice di solideriatà, di poter offrire il proprio aiuto anche per nulla. A volte qui manca. Per intenderci qui da noi se vai a chiedere un bicchiere d'acqua potresti ricevere come risposta l'indicazione per la prima fontana.

Particolare come le sue inquadrature, il film di Kiarostami, è intrigante conservando intatto il grande mistero che ci sedurrà nei momenti morti della pellicola; perchè Badii vuole suicidarsi? Nemmeno alla fine saremo accontentati. Indefinito come la vita e la morte. Un'ottima scelta che lascia vivere il film nello spettatore. Le sequenze finali, fuori contesto, colorite come fosse un'altra stagione, sembrano cogliere la vita nello splendore, e che forse quello di prima ne era solo un passaggio, come l'autunno arriva e va.

tati83  @  27/05/2010 19:20:54
   8 / 10
film semplice e profondo, concreto e poetico! assolutamente da vedere!

Crimson  @  10/05/2010 23:27:24
   8½ / 10
Tanto semplice quanto profondo. Il film è costruito in modo tale che ci sia una progressiva empatia dello spettatore nei confronti di un protagonista dal passato oscuro, dall'atteggiamento insistente fino a sfiorare la maleducazione, monoespressivo e stanco di ascoltare. E' il ritratto di un futuro suicida, lo scopriamo già dalla prima tappa di questa sorta di road-movie nella coscienza e nella visione della vita. Il primo "ospite" è un militare giovanissimo, la cui unica preoccupazione è di tornare per tempo in caserma. Il divario psicologico tra i due è abissale per via dell'immaturità del ragazzo, che si spaventa e scappa terrorizzato dalla prospettiva che si stava delineando.
Il secondo personaggio è distante perchè guarda prevenuto alla vita, forte (o debole?) del proprio credo; antepone a priori una convinzione dogmatica che esclude categoricamente l'idea di suicidio. Quindi si barrica nella propria convinzione ad un'eventuale scelta morale.
E' col terzo personaggio che il film lievita, il protagonista sembra avere una scossa, un risveglio impercettibile ma reale. Le immagini del tramonto e della landa desolata sono la cornice perfetta per i contenuti filosofici che il film assume. Pensieri semplici ma genuini, quelli del vecchio professore. La grandissima qualità è la capacità di ascolto, l'umanità e la pacatezza nell'esprimere le proprie ragioni, ma al tempo stesso il profondo rispetto per la scelta altrui. Al regista non interessa indagare le ragioni che possono spingere il protagonista al suicidio, ma l'esatto opposto, ossia le ragioni che potrebbero spingerlo a rinnegare il suo proposito.
Il finale è ambiguo, magico. Ognuno può riservarsi una spiegazione, logica o irrazionale che sia. Il dato di fatto è che il protagonista, qualunque scelta abbia operato, ha vacillato.
Un film straordinario, educato, non per tutti i momenti, che nasconde una vitalità impressionante.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  13/08/2009 20:38:07
   8 / 10
Anche nelle desertiche, astratte, violentate dalle guerre, povere lande del paesaggio iraniano, il sapore della ciliegia esiste e può essere assaporato. Va solo ricercato ove sboccia, consolatore, come la ginestra del Leopardi ai piedi dello “sterminator Vesevo”, contento dei deserti.
E’ la semplice lezione, spoglia come la narrazione di Kiarostami, che ascolterà dal terzo passeggero durante la sua breve odissea della desolazione, il protagonista. Un invito ad assaporare il buono della vita, di saper aspettare il frutto di stagione, e riconoscere il genuino in ciò che appare irrimediabilmente corrotto e contaminato.
L’invito è porto senza costrizione. A coloro che hanno perso il sapore della vita, è lasciata la scelta d’accoglierlo o farsi seppellire.

Invia una mail all'autore del commento gero  @  29/08/2007 04:45:39
   8½ / 10
se si riesce ad attuare una "rievocazione estetica", il film diventa un capolavoro!!! La noia che si prova durante tutto il film è ciò che il regista voleva trasmettere ai fruitori...alla fine il messaggio è GRANDE.
il sapore della ciliegia è di una semplicità disarmante, proprio per far capire la "bellezza della vita" che...va vissuta!!!

1 risposta al commento
Ultima risposta 29/08/2007 04.56.44
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Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  30/06/2007 20:13:05
   7 / 10
Non mi ha mai convinto il cinema iraniano troppo spesso fatto solo di fotografia e poca sostanza. Eppure in questo film c'è un sentore poetico di morte, c'è una raffinata ed elegante elegia della vita che non può non essere considerato. Ciò non toglie che inutili pause compiaciute ed una lentezza a tratti esasperante appesantiscano non poco un film dai tanti splendidi spunti.
E' forse uno dei mnigliori film di questo tipo di cinematografia.

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Ultima risposta 11/07/2007 22.52.19
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Ivs82  @  13/09/2006 02:49:21
   8½ / 10
Un detto popolare recita che la fortuna aiuta gli audaci. Una affermazione profetica non tanto distante dalla realtà se pensiamo alle travagliate vicende di questa pellicola.
"Il sapore della ciliegia" fu infatti presentato soltanto in extremis alla rassegna francese, dopo essere stato inizialmente estromesso per la mancata conclusione delle riprese.
Per fortuna che Kiarostami , tenace e audace allo stesso tempo, riuscì a portare i negativi in tempo utile per l'inizio della Mostra, cambiando cosi' il corso della Storia.
Un bizzarro gioco del destino che segnerà l'inizio di una marcia trionfale, culminata con la Palma d'oro (a parimerito con "L'anguilla" di Inamura) e la definitiva consacrazione internazionale del suo autore. Un successo senza dubbio meritato per un film unico, che diede una profonda scossa al panormama cinematografico dell'epoca (parliamo del '97); e che riuscì a rinnovare un genere, il road movie, che ormai da tempo aveva esaurito le sue forti potenzialità drammaturgiche.
La storia può essere descritta come un viaggio del protagonista, ma prima ancora dello spettatore, alla scoperta di due tra i lati più misteriosi dell'esistenza, ovvero la vita e la morte. In questo cammino di analisi e intrspezione Badhi si imbatterà in tre individui: un soldato, un seminarista e un vecchio che lavora al museo di storia naturale.
Incontri nei quali cercherà delle risposte, conferme che i suoi propositi di suicidio non sono sbagliati. Ma le sue speranze saranno vanificate, in quanto nessuno saprà offrirgli l'aiuto richiesto.
Al massimo tali compagni di viaggio, metafore dichiarate della nuova società iraniana (esercito, chiesa e popolo), sapranno indicargli delle strade, utilizzando come arma di convincimento le loro piccole esperienze personali: essi saranno nè più nè meno di un mezzo per poter esplorare e sviscerare temi importanti quali la morte, la vita, il suicidio, gli affetti, la natura. Ed è qui che emerge la genialità di Kiarostami che, evitando di vestire i panni del predicatore, sceglie di narrare la vicenda sotto una prospettiva laica.
L'uomo - e di riflesso il cinema - non hanno secondo l'autore iraniano la capacità di penetrare la vita e i suoi segreti: e il tentativo di dare una spiegazione razionale alla Vita o alla Morte è soltanto una folle utopia.
Meglio piuttosto liberare la propria mente da pensieri cosi' sfuggenti e complessi, cercando di cogliere la bellezza, l'immediatezza, e la semplicità dell'esistenza: lasciandoci cosi' trasportare e inebriare dal suo gusto deciso e penetrante, dolce come quello di una ciliegia.
Un messaggio di speranza, che ci porta ad assumere una posizione stoica verso la Morte e il destino che ci attende. Ma allo stesso tempo un' interpretazione della vita che non ci viene inculcata o imposta, essendo strettamente legata alla nostra sensibilità personale.
Kiarostami evita infatti di tracciare un'unica via interpretativa, offrendo solamente chiavi di lettura, percorsi, indizi. Sta allo spettatore dare la sua versione, chiudere il cerchio di una storia che è finzione ma allo stesso tempo esperienza quotidiana, come testimonia il sublime finale con la troupe al lavoro.
Un cinema di grandi emozioni che raccoglie l'eredità dei grandi del passato (il rigore rosselliniano, la lucidità bressoniana, la sobrietà registica di un Ozu) , indirizzandola verso nuove frontiere. Verso terreni battuti e inesplorati allo stesso tempo. Capolavoro.

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Ultima risposta 17/02/2007 21.58.29
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  23/08/2006 21:09:52
   8 / 10
Film straordinario che certificò (per quanto il capolavoro di K. rimanga "dov'è la casa del mio amico?") la nascita del Nuovo Cinema Iraniano.
Come tutte le cose preziose, va consumato e amato gradatamente: uno script apparentemente superfluo, la ricerca inesorabile della morte, l'atmosfera brulla e quasi metafisica dei paesaggi iraniani.
Il cinema di Kiarostami sorprende perchè ha il coraggio di abbattere le barriere del cinema occidentale tradizionale, e rivolgere lunghe pause contemplative al paesaggio e eventuali simboli (del resto è anche un'ottimo fotografo, come dimostra una mostra di qualche anno fa).
Un cinema che impegna la mente e gli occhi, contemporaneamente, testimone di un mondo come l'Iran, dove sembra di respirare il clima astratto e assente di alcuni suggestivi paesini del sud-italia.
Un cinema che si ama o si odia, a cui dobbiamo molto, se non altro per averci introdotto a un nuovo modo di vedere il cinema (per quanto Antonioni abbia assunto una funzione decisiva anche nell'Islam di K.) e per cui proviamo anche del disagio. Non a caso dopo pochi anni l'esilio dell'occidentale verso questo tipo di film si è bruscamente frenato, nell'indifferenza o nel ritorno alle origini passatiste di spettatori comuni

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Ultima risposta 13/09/2006 10.45.58
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viagem  @  16/12/2005 10:51:19
   5 / 10
Una delusione. Al tempo, quando uscì in alcune sale, ci fu un passaparola nella mia città e montò un caso su questo film: tutti si doveva andare a vedere Il sapore della ciliegia! E probabilmente la mia insufficienza è viziata da questo tipo di aspettativa. Film statico, con buone mezz'ore di riprese a lato dell'automobile del protagonista su e giù per le colline brulle attorno a Teheran. Passano i minuti e il film non cresce...cresce la noia! Il finale poi mi ha fatto girare le scatole. Opera sicuramente piena di simbolismo, ma da solo non basta.

ds1hm  @  15/12/2005 15:35:52
   6 / 10
tipico esempio di film con trama complicata girato in modo da renderlo ancora più complicato. Mi è sempre piaciuto il cinema che invade la mente di chi lo guarda in maniera silenziosa ma progressiva mentre con il sapore della ciliegia deve essere lo spettatore ad aggredire il film per poterne fissare qualche idea e sopratutto qualche ricordo.Peccato.

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