intervista (1987)

Con gli occhi di chi vede Cinecittà per la prima volta e con il cuore di chi lo vive ogni giorno, Federico Fellini racconta il suo rapporto emotivo con la fabbrica dei sogni cinematografica fingendo una serie di situazioni che spaziano dal meta-cinema alla ripresa di documentari che non sono mai avvenuti. In INTERVISTA però l'autore fa incredibilmente fatica a creare scene non-realistiche o surreali, e dunque non riesce a farci entrare dentro, e quello che rimane è un insieme di sensazioni, con a tema le riprese di un film, confortevoli, poco appassionanti ma passionali.

"L'intervista" è un omaggio di un vecchi artista alla sua arte. Proprio perché ormai si trova coscientemente alla fine della sua esperienza operativa, non può far altro che guardarsi indietro e considerare con affetto e divertimento ciò che è stato.
"L'intervista" è l'ennesima rielaborazione dei temi cari a tutta la filmografia di Fellini: il ricordo dei tempi passati, lo sguardo disincantato e divertito, Roma con il suo caos creativo e la sua multiforme umanità, il fascino dello pantomima e della finzione, l'amore per l'arte semplice e spontanea, la magia che scaturisce dalle immagini e dalla musica, lo spettacolo dato dal modo stesso con cui il cinema dà vita al sogno e alla fantasia.
Tutto questo è riassunto nel simbolo di Cinecittà, che Fellini ci rende in questo film in forme amichevolmente e affettuosamente mitiche. Povero Federico, chissà come ci sarebbe rimasto male se gli avessero detto che dopo 20 anni Cinecittà sarebbe stata chiusa, tutto il bagaglio di esperienze, professionalità in campo cinematrografico sarebbe andato perduto e che soprattutto sarebbe scomparsa quell'umanità un po' indolente ma giocosa e piena di calore umano.
"L'intervista" suona come un vero e proprio epitaffio per un mondo e per un'arte ormai scomparsi. Il momento più intenso del film a mio avviso sono le lacrime che spuntano sul viso di Anita Ekberg assistendo alla scena della Fontana di Trevi, consolata da un commosso Mastroianni. Sono le lacrime e il dispiacere che proviamo noi oggi vedendo questo film come l'ultima testimonianza di un mondo che fu. I selvaggi indiani con le loro antenne televisive hanno vinto sui "nostri".

Intervista fallisce sotto tutti i punti di vista: vuole essere un documentario e non ci riesce vuole essere un film di ricostruzione biografica e non lo è nemmeno. Fellini si autocelebra con un po' di retorica senza la classe che lo ha sempre contraddistinto, il tutto sa molto di dejavù, di vecchio, le idee sono esaurite e il Maestro rifà se stesso (o meglio rifà in peggio "Block notes di un regista" ). Mi è piaciuto solo Mas*****nni vestito da Mandrake, resta anche in età matura il vero divo del cinema italiano, la Ekberg inguardabile per come è invecchiata. Di tutti i suoi film, pressocchè straordinari, lo considero sicuramente il peggiore.

Non un gran che..Per gli amanti del regista romagnolo.

Un Fellini che ritorna al suo stile sognante ancora di più che con Ginger e Fred. Molte le scene da ricordare,emozionante l'arrivo improvviso di Mas*****nni e il suo incontro con la Ekberg. Da notare un giovane Rubini. Molto probabilmente il film in cu Fellini da ancora più importanza ai caratteristi rispetto ai suoi film precedenti, opera a tratti espressamente autobiografica,insomma un film nel film nel film. Praticamente Fellini.

Fellini ci fa conoscere piu' da vicino il duro lavoro del regista non rinunciando,come al solito, a inserire personaggi e scene grottesche...cosa che non amo moltissimo...
Ho trovato questo film superiore a "i clowns" almeno perche meno noioso e poi c'è l'incontro nostalgico tra Mas*****nni e la Ekberg che suscita qualche emozione

Fellini ci guida nel suo mondo, tra nostagia e magia

Intervista è un film autobiografico senza essere narcisista, e questo è già un gran bel risultato. In realtà si parla di cinema, dal sogno che ispira la pellicola all'isteria dei registi, mostrando magnificenza e volgarità in maniera piuttosto onesta. Fellini non risparmia, dopo Ginger e Fred, un'ulteriore punzecchiata alla televisione, rappresentata come un feroce attacco di indiani ai danni dei poveri e genuini attori. Questo film lo vedo come una sorta di testamento cinematografico, soprattutto per le parole che il Maestri dice nel finale.

Forse uno di quelli del regista che mi è piaciuto di meno. Sarà questione di istinto, o di emozioni. Certo che anche qui c'è dell'indimenticabile, del surreale. Bravissimo Rubini, rivedere invece Mas*****nni mi ha emozionato.

interessante...l'ho riguardato volentieri

Tranquillo, pacato, un occasione per intervistare sè stesso e per omaggiare alcuni storici momenti della propria e altrui carriera. Il tutto con l'angoscia dell'assedio a cinecittà da parte dei palazzi...

SPOILER...
Bellino, non particolarmente illuminante, ma una bell'esercizio di stile basato quasi sul nulla.
Interessante la prova di Sergio Rubini, antitetica al persongaggio che piano piano andrà interpretando nel suo futuro.

Puzzle di un film mai realizzato ("block notes di un regista"), "L'intervista" non è sicuramente un'opera di cui si sia mai sentito la mancanza nella filmografia del regista.
Il solito Fellini autoreferenziale e grottesco, che cita se stesso senza creare nulla di veramente nuovo.
Ne esce un ridondante e confuso esercizio stilistico, che vorrebbe essere un "dietro le quinte" ma risulta manierato e anacronistico, e sa tutto di deja-vu.
Pero' qualche buon momento c'è: Marcello-Mandrake, la pioggia che interrompe le riprese, il patetico incontro dopo decenni di Marcello con Anitona davanti ai ricordi della "dolce vita" e del suo immortale bagno nella fontana