Sopravvissuto ad un incidente aereo per la sesta volta in tutta la sua vita, il magnate internazionale Zsa-zsa Korda tenta di ricucire i rapporti con sua figlia Liesl, nel frattempo diventata suora, che non vede da troppo tempo.
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Un Anderson che nella prima metà sembra aver ritrovato la sua verve creativa migliore, con una trama simpatica e dialoghi spiritosi, immersi nella ormai classica perizia tecnica e nella estetica a cui ci ha abituati.La cosa piu sorprendete apparte Del Toro e la giovane Threapleton,all'inizio dico chi è,poi scopro che e la figlia della meravigliosa Kate Winslet
Ecco doveva arrivare il momento in cui Wes mi stancava, ed anche parecchio, ritengo questa sua ultima fatica uno dei suoi film meno riusciti, mi ha lasciato totalmente freddo, non ha destato in me il minimo interesse per le sorti dei personaggi, l'ho trovato pretenzioso, specie nei dialoghi, al limite del fastidioso, un circolo vizioso da cui il regista sembra non riuscire, volente o nolente, ad uscire, si potrebbe elogiare per ore la confezione, come sempre nella sua filmografia, bastano i titoli di testa che elencano delle punte di diamante dell'ambiente hollywoodiano, dalla Canonero ai costumi alle musiche di Desplat, fino ad un cast di celebrità infinito, le quali occupano tutte dei piccoli ruoli all'interno del film, fatta eccezione per Benicio Del Toro e Michael Cera che sono praticamente sempre in scena, potremmo stare qui sbalorditi per le simmetrie nelle inquadrature, per l'estrema ricerca nella composizione del quadro, per la scelta dei contrasti cromatici fatti di questi acquarelli bellissimi, se solo ci fosse un contenuto valido, invece mi è risultato un riciclaggio indigesto, al limite dell'esercizio di stile, il classico film che se ne guardi uno spezzone, magari un qualsiasi episodio, vista la frammentazione delle sequenze che potrebbe essere una raccolta di episodi, ne rimani affascinato, se lo guardi nell'insieme risulta stucchevole.
A livello narrativo, oltre la mia delusione, è un'ironica e dissacrante presa in giro al capitalismo, con la storia, a sto punto direi volutamente macchiettistica, di questo imprenditore miliardario che subisce costantemente attentati e sopravvive al suo sesto incidente aereo, e che per paura di morire decide di andare dalla figlia, ora diventata suora, verso la quale ha sempre avuto un rapporto inesistente e sia ricucire i rapporti che realizzare il suo progetto finale, basato su questa strana costruzione che sfrutta le persone come schiavi, abbastanza poco etica, che i governatori di tutto il mondo vogliono boicottare, da qui inizia il viaggio, attraverso cinque episodi in cui Korda prova a convincere altrettanti investitori a finanziargli questo progetto, viaggio nel quale emergeranno diversi dettagli tralasciati nel rapporto tra padre e figlia e riguardo al passato dell'imprenditore, Wes applica uno stile particolarmente ironico, con una comicità demenziale e tendente al grottesco che pervade tutto il film, qualche gag carina qua e là c'è, mi viene in mente la bomba che viene trovata sull'aereo da Bjorn, che ha il timer impostato su 18 minuti, ma Korda rimane tranquillo perché l'atterraggio è previsto fra 10, ma oltre qualche momento del genere, vi è tanta pretenziosità che arriva a stuccare, il film è un fiume di dialoghi che vorrebbero essere acuti e divertenti, ma lasciano una certa indifferenza, con anche qualche ribaltamento narrativo qua e là che risulta fine a se stesso, più altri momenti che sembrano interminabili - mentre giocano a basket con Tom Hanks ad esempio, che noia -
Una delusione, tra i film di Wes che mi sono piaciuti meno, lontano dai suoi fasti come "The royal Tenenbaum" o "Moonrise Kingdom", un film che mi ha lasciato totalmente freddo e disinteressato, con una confezione curatissima ma che trasmette zero emozioni.
Wes Anderson ha quello che manca ha quasi tutti: lo stile. Avendo lo stile, dà la sensazione di mettere in scena sempre lo stesso film, ma sono sempre ottime messe in scena. C'è dell'autocompiacimento manierista in Wes Anderson? Forse, ma pazienza, quanto meno si possono vedere dei colori nel grigiore cinematografico.
Il suo stile tipico trova un giusto compromesso con scene rappresentate con estrema armonia visiva ma senza sfociare nell'effetto teatro, che aveva caratterizzato i suoi ultimi lavori rendendoli un po' troppo statici... Tante trovate divertenti e una trama non male e anzi, la denuncia contro i poteri forti è tutt'altro che sottile e solo Benicio Del Toro può interpretare il ruolo dell'eroe antieroe e renderlo anche molto credibile!
Visione molto piacevole, personaggi molto sfaccettati ed anche simpatici, spero decisamente che il caro vecchio Wes continui su questa strada!
Ormai attorno a Wes Anderson c'è una campagna di denigrazione ufficiale, una levata di opinioni all'urlo di "a morte l'autore". O qualcosa del genere. Insomma, Wes Anderson fa film tutti uguali e ha stancato. Ma sarà vero? Oppure il suo stile sembra sempre uguale perché è l'unico ad usarlo e prima di lui non c'era mai stato niente del genere? Fatto sta che il regista è probabilmente l'unico che non si chiede "ma perché faccio film così, con questo stile, con queste musiche e con questo tipo di scrittura?". Forse sarebbe il caso di concentrarsi su qualcos'altro per capirli, i suoi film.
THE PHOENICIAN SCHEME racconta qualcosa di diverso dalle precedenti opere dell'artista. Racconta di un personaggio già fatto e finito caratterialmente, che non ha dubbi sul suo futuro, su quello che deve fare e che non ha fantasmi che lo tormentano. Un uomo granitico, che guarda avanti e che sa come deve comportarsi. Il vero uomo capitalista: ampia progenie, pochi hobby, scatti di ira educativa (scena dell'insetto a tavola), orgoglio, moralità a convenienza. Wes Anderson utilizza l'essere multimiliardario e del suo scopo nel mondo, aldilà del periodo storico scelto, che come al solito ha il fascinoso gusto retrò e vintage degli anni 50-60.
Questo scopo nel mondo è quello di colonizzare con la civilizzazione occidentale i paesi stranieri o forse è quello di unire i popoli o addirittura il mondo. Forse è veramente quello di migliorarlo (ma senza schiavi). O forse semplicemente questi ultra-ricchi sono parte di un qualche flusso più grande e si muovono senza che neanche loro sappiano il perché. Due ostinazioni che si scontrano finché non viene creato qualcosa di enorme.
C'è dell'induismo o buddhismo (o qualunque sia la filosofia religiosa di Anderson) anche qui, nonostante il tema del racconto sia l'emblema dell'anti-spiritualità, tra cospirazioni politiche e finanziarie.
Non è facile empatizzare con questo tipo di personaggi, nonostante Benicio Del Toro sia perfetto e nonostante sia molto di moda parlare dei miliardari, ultimamente. E' molto carina l'idea delle varie tappe in cui chiedere prestiti ad personam, che formalizza ulteriormente la schematizzazione estetica del regista. Però non tutti questi scenari sono memorabili, anzi sono molto poco esuberanti e caratterizzanti, purtroppo, a parte forse gli interni del locale di Marseille Bob, strutturato come il classico locale notturno dei film di gangster, e il Desert Oasis Palace che rappresenta un po' l'idea di appropriazione culturale americana e la loro cultura del pop.
Perfetta, come al solito, la costruzione simbolico-stereotipica dei personaggi, dalla figlia, al fratello, passando per l'agente segreto. Peccato per chi non può fare a meno di vederci un "solito film di Wes Anderson". Non sembra essere minimamente un film "francesino" senza niente da dire. Per tutti gli altri, la visione è beatificante come al solito.
Anderson sempre impeccabile nella forma, maniacale nei dettagli, eppure non riesce a venirne fuori. Questa Trama Fenicia sembra un tentativo di diversificare senza rinunciare a quello che è stato nel suo vissuto. Un trama che richiama le vecchie spy story ed un magnate, vittima di tanti tentativi di ucciderlo che occhieggia ad altrettanti magnati wellsiani. Il film si riesce a seguire bene, diviso in queste cinque tappe che costituiscono il piano per colmare il gap e prendere via al tanto agognato progetto. La chimica tra Del Toro e la Threapleton è buona, ma francamente mi sto disamorando di questo regista.
"La morte è dappertutto nell'opera di Wes Anderson, e più di ogni altra cosa nella sua messa in scena, che è primariamente una natura morta. [...] Il protagonista, eroe bastardo, passa l'intero film a fuggire la morte, incarnata in maniera più letterale e in un aldilà in bianco e nero, un Giudizio Universale in cui siedono Charlotte Gainsbourg e Bill Murray" (Marzia Gandolfi). Stralegittimo se si recensisse "Asteroid City", il suo "Settimo sigillo" dove l'amalgama era perfetto e ogni elemento contribuiv'a tale esito, mentre stavolta proprio no. Tropp'i focus centrifughi, dall'anticapitalismo all'irrisolte questioni familiari, e troppo sconnessa la trama che relega in una linea narativa parallela le componenti riguardanti la finitudine. Primi 10 minuti a parte, è lo stesso regista che nei titoli di coda deve chiarire che il suo uso dei piani fissi frontali sono delle nature morte, la comparsa del teschio come "memento mori" è discontinua e occasionale, idem gl'inserti trascendenti alla Paradzanov o alla Powell e Pressburger (almeno qualcuno, Roberto Manassero e Mattia Petrillo, se n'è accorto). Inoltre, e forse per la prima volta, il suo umorismo non è né dark né macabro: è sterile.
Al solito, i primi minuti di film li passi ad esclamare "Wow che stile visivo!", "Wow che scrittura brillante!". Poi però arrivi al minuto 10 e già ne hai abbastanza, anche perché per il resto del film non c'è granché d'altro. Ci sono solo personaggi che parlano a duemila chilometri orari (la morte del ritmo, non essendoci mai un momento in calare), episodi autoconclusivi che si susseguono senza interesse, solo per dare una parte a qualche altra star del cast e nessuna, ma proprio nessuna, relazione umana di cui ti freghi qualcosa. Sta di fatto che il giorno dopo averlo visto non lo ricordo già più. Anderson deve rinnovarsi, non c'è più nessuna sorpresa nei suoi film.
Mi riallaccio al mio commento su "Asteroid city", che potrei anche tranquillamente copiaincollare. Niente da fare, Anderson non ce la farà mai. Evidentemente non ci vuole neanche provare a proporre qualcosa di diverso e sicuramente i suoi fedelissimi saranno soddisfatti così, sia gli spettatori che gli attori. Come si suol dire, contenti loro… Per me però basta, questa volta sul serio.
a caldo ne scrissi "Il nuovo film di wes Anderson è un Dottor Stranamore con la comicità della Pantera Rosa, ma all'ennesima potenza wesandersoniano. La storiella è semplice ad episodi consequenziali, si gode dell'estetica, si sorride (e ride) molto e ha tutto per diventare un cult x i suoi fan. Finale ahimè debolino altrimenti veniva fuori un votazzo." A una settimana dalla proiezione cinematografica, rimane la memoria di un divertimento condiviso con il cast. Eh si, durante la visione si ha la sensazione che a divertirsi per primi siano gli attori (solito cast stellare super figo e iconico) e così quando i dialoghi sono illuminati e la trama simpatica, le caratterizzazioni, le inquadrature e la fotografia di wes anderson (se piacciono) sono un piacere assoluto. Film che è come una carezza, un abbraccio, capace di farti stare bene con intelligenza; se ami questo stile e imperdibile. Aihmè, come già detto sopra,... il finale è debole e anche se la cena è ottima, se il dolce non è buono, il gusto che ti rimane è quello dell'ultima portata. Peccato
I colori splendidi e la simmetria delle scenografie, unitamente ad un Cast stellare, mi impediscono il due meno meno (come faceva il mio Prof.) in pagella per quest'opera, priva di una trama degna di nota, noiosissima, del tutto incapace di coinvolgere e appassionare almeno quel briciolo sindacale.
Dal punto di vista estetico siamo di fronte al consueto capolavoro visivo e di stile di Wes Anderson su cui veramente non vale la pena spendere parole tanto sono sempre le solite cose che si dicono. Mi ritrovo però a ripetermi anche su altro detto per le ultime opere del regista del regista texano, cioè che gli schemi e le situazioni gira e rigira sono sempre quelle dei precedenti film e la sensazione di déjà vu è dietro ad ogni fotogramma. Qualcosa di nuovo a livello narrativo Anderson prova pure a crearlo ma il tentativo è piuttosto goffo e riuscito solo in parte. Non c'è più la magia di "Moonrise Kingdom" e "I Tenenbaum" (i due film che più ho adorato di Anderson) e la visione risulta fredda e povera di emozioni, nonostante il tema di un rapporto padre-figlia da ricucire, e la parata di attori famosi è lontana dall'essere una vera prova corale. "La Trama fenicia" è un film consigliato solo agli amanti del cinema di Anderson, quelli che trovano nella sua estetica maniacale un'avvolgente comfort-zone e che adorano le situazioni e i personaggi bizzarri.