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Mi piacciono troppo questi gialli all'italiana, qua l'ambientazione veneziana aggiunge un tocco in più. Colonna sonora azzeccata, tanti omicidi e interesse alto fino alla fine.
Non apporta nessun tipo di innovazione al genere d'appartenenza ( il giallo di matrice argentiana) ma bisogna ammettere che è un più che discreto spettacolo. Bido si dimostra portato per il genere,sfrutta correttamente l'atmosfera e le suggestioni offerte dalla splendida e macabra ambientazione veneziana,gira bene gli omicidi ( meno violenti rispetto al solito) e riesce ad assicurare almeno un minimo di tensione. Discrete le musiche e passabile la prova del cast. Il limite maggiore la pellicola lo trova nella sceneggiatura, infarcita di citazioni,confusionaria e penalizzata da una ricerca della soluzione cervellotica a tutti i costi. Per circa metà della sua durata regge,poi sfortunatamente va sfaldandosi e si perde un po' di interesse. Non un lavoro memorabile,ma se piace il genere merita una visione.
Solamente nero (alias "The blood stained shadow") è il secondo -e ultimo- giallo diretto da Antonio Bido. Il precedente è stato "Il gatto dagli occhi di giada" (alias "Watch me when I kill" alias "The cat's victims"). Anche se Bido potrebbe non essere mai considerato uno dei maestri del genere, in realtà penso che i suoi due sforzi siano decisamente buoni e per lo meno dovrebbe essere considerato uno dei migliori registi della fine degli anni '70. Ci sono alcuni aspetti che risaltano nei gialli di Bido, rendendoli distintivi. In primo luogo, c'è un tono leggermente più serio e, in secondo luogo, e in modo più significativo, entrambi i film rinunciano alle giovani donne sexy come vittime dei delitti. Infatti, in entrambi i film sono personaggi di mezza età che finiscono come bersagli dell'assassino. Ad alcuni potrebbe non sembrare molto, ma è molto insolito, ed entrambi i gialli di Bido seguono lo stesso schema. Quindi tanto di cappello al regista per essere un po' diverso. A parte una scena di sesso obbligatoria, la pellicola non ha davvero alcuna componente squallida. E' un film che richiede pazienza. Se non avessi già visto diversi gialli italiani, forse mi sarei addormentato in alcune parti. Detto questo, per i fan del giallo, questo è un degno complemento della collezione. La storia inizia con un misterioso omicidio al rallentatore di una giovane ragazza. Diversi anni dopo un giovane professore di matematica, per spezzare un po' il suo (cronico) stress nervoso torna, nella sua città natale, immersa nella laguna veneziana e si riunisce con suo fratello, un prete, preoccupato per dei messaggi minatori alla sua persona. I due rimarranno invischiati in una rete di omicidi e inganni (gli eventi infatti sembrano ruotare attorno a un gruppo di sedute spiritiche che si tengono regolarmente nel paese), in qualche modo collegata all'omicidio della giovane ragazza avvenuto molti anni prima. L'ambientazione è notevole, la musica è fantastica e la recitazione è sopra la media. Quindi, abbiamo gli elementi giallo "obbligatori". Una storia d'amore. Un sospetto. Due sospetti. False piste. Indizi vaghi. Flashback. Detto questo, un'atmosfera davvero buona e un'ambientazione fantastica danno a questo film dei meriti. Un altro contributo significativo viene dalla musica. Stelvio Cipriani è il compositore scelto, ma apparentemente il leggendario gruppo prog-rock Goblin la fa da padrone. A volte suona un po 'goblinesco', anche se non è buono come il loro solito output per essere onesti. Tuttavia, è una buona colonna sonora nel complesso. Lino Capolicchio guida le danze. Molti di voi lo conosceranno dalla sua recitazione nel giallo di spicco di Pupi Avati, "La casa con le finestre che ridono" (curiosamente ha lo stesso nome anche qui). È un protagonista interessante. Non ha il maschilismo di un Franco Nero, o la trasandatezza di un Tomas Milian, né è soave come Jean Sorel. Interpreta personaggi un po 'più nerd, il che non è così comune nei protagonisti gialli. È bravo ed è sicuramente una buona scelta per questo esempio più serio del genere. La sua coprotagonista è Stefania Casini, famosa soprattutto per il suo ruolo in "Suspiria". La trovo davvero molto attraente e un'attrice abbastanza brava. Sfortunatamente, nella versione per il mercato americano, è stata doppiata. Questo è un errore, poiché chiunque abbia visto il film cult "Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!" (alias "Blood for Dracula"), anno 1974, di Antonio Margheriti, può confermare che ha un accento italiano bellissimo ed estremamente pesante, che suona quasi fiabesco. Come acennato sopra , tra le migliori caratteristiche del film c'è l'uso della sua ambientazione localizzata per contribuire a creare un senso di armonia comune di fronte agli omicidi. L'idea di una società chiusa con una mentalità arretrata quando si tratta di mantenere tutto ciò che è contenuto entro i confini della comunità da un'aristocrazia corrotta crea il tipo di comunità regionale che lascia che i segreti squilibrati presenti si accumulino nello sfogo ardente mostrato qui. Questo è in tutto e per tutto il tipo di comunità interconnessa che limita il coinvolgimento reciproco e tende a considerare ogni cosa esterna come sospetta e degna di colpa, tranne quando si tratta di aspetti religiosi. Con la comunità per lo più disinteressata a quello che sta succedendo, specialmente attraverso l'avvento di un confessionale della Chiesa per l'osservazione dei segreti, c'è una configurazione del tutto intrigante e utile qui quando si tratta della comunità qui presente. Inoltre, il film genera molti momenti divertenti con le sue strutture veneziane nelle scene di stalking e omicidio. L'attacco istigante nel cortile del villaggio attraverso la pioggia battente è una sequenza di genere classica che è piuttosto inventiva e geniale nel complesso. Altre scene, in cui una vittima viene perseguitata attraverso la loro casa solo per essere infilzata a morte mentre si trova in una collezione di statue corazzate, un'altra trova una vittima legata su una sedia a rotelle affrontare un tentativo di effrazione che le vede spinte a faccia sequenza spettacolarmente esagerata della vittima che viene schiacciata tra due motoscafi nei canali veneziani, viene fuori con un sacco di forti elementi thriller e lascia il film con momenti memorabili. Combinato con abilità tecnicamente impressionanti e un mistero meravigliosamente avvincente, c'è molto da apprezzare qui. Il film ha però alcuni aspetti negativi. Uno dei fattori più ovvi coinvolti qui è il tempo di esecuzione esagerato che rende quest'ultimo molto più lungo del necessario a causa di diverse sequenze non necessarie. Una conversazione con la ragazza sul treno mentre si arriva sull'isola non porta da nessuna parte e non serve a questo altro che un incontro carino che avrebbe potuto essere organizzato in altri modi, proprio come i continui viaggi avanti e indietro alla casa del Conte per essersi consultato sul mistero che ha provocato il suo essere cacciato per paura di usare la sua visita come un'opportunità per predicargli, lasciando l'intera escursione inutile. Tali scene sono in grande conflitto con le indagini più intense e mirate sulla follia criminale poiché quelle scompaiono per periodi di tempo così lunghi da sembrare un po 'piombate li per caso. Ciò tiene conto anche del finale, che è un po 'lungo e sembra che continui per sempre dopo che le rivelazioni sono state fatte, quando avrebbe potuto essere ridotto in modo significativo per raccontare la stessa storia. "Solamente nero" è decisamente consigliato agli appassionati del genere giallo all'italiana.
Il vantaggio aggiuntivo qui è l'ambientazione di Venezia...ma non la classica scatola di cioccolatini, graziosa, graziosa Venezia ma la rappresentazione più realistica con vicoli stretti e scuri, nebbia fredda che sale dalle acque scure e edifici cupi in vari stati di degrado. Ci sono ancora più scene ambientate nella suggestiva, fuori dai sentieri battuti, Murano. Ma nessun vetro soffiato delicato da vedere, più i giardini sul retro, i vicoli e gli stagni, il tutto aggiungendo l'oscurità di questo quadro suggestivo e affascinante. Questo è un altro di quei gialli occasionali ambientati a Venezia. La spettralità fuori stagione delle strade del canale è stata usata con buoni risultati anche in film come "A Venezia... un dicembre rosso schocking" di Roeg e "Chi l'ha vista morire?" di Lado. Questa città emana un'atmosfera unica, ancora una volta ben utilizzata. Il film include anche molti altri strani dettagli nella sua trama che risulteranno familiari ai fan dei gialli, come lo strano e inquietante dipinto (una "rivisitazione" del famoso quadro naif de "L'uccello dalle piume di cristallo" di Argento, leggermente diverso per quanto riguarda la figura minacciosa ma identico nella sostanza), il ragazzo ritardato in cantina (il figlio della Nardi) e il presente governato da un terribile evento del passato (l'assassinio della giovane Andreani), ma soprattutto mi è sembrata molto originale l'idea della "T" difettosa della macchina da scrivere trovata a casa della Nardi, la stessa che compariva nelle lettere intimidatorie al fratello, e che che permetterà di risalire all'autore degli stessi messaggi. Siamo ora ad una caratteristica davvero singolare, che ho trovato solamente in un altro giallo dell'epoca ("Sette orchidee macchiate di rosso" di Umberto Lenzi, del 1972)... oltre al doppio assassino (uno dei quali agisce solo occasionalmente) mi riferisco al fatto che l'assassino principale, nel dubbio di chi possa essere al corrente del suo delitto, è costretto ad uccidere tutte le persone di una lista di potenziali sospetti (in questo caso 3, cioè gli abituali visitatori della casa della medium, che potevano essere al corrente del breviario...nel caso delle orchidee 7), essendo assolutamente certo che una di loro fosse la colpevole. Infine, l'incipit iniziale è decisamente forzato nelle dinamiche...è impossibile che con una sola mano una persona riesca a strappare 3 pagine (o 4 o 5 o di più) di un breviario (per quanto violento il movimento possa essere), tenendole in pugno e contemporaneamente scaraventando il breviario lontano (non è possibile nemmeno stando in piedi e strappandole un po' preventivamente per facilitarne il successivo distaccamento dal corpo del libro).
E' un buon giallo ambientato a Venezia e dintorni con scene inquietanti girate con il piglio giusto, un ringraziamento va anche al montaggio e alle musiche di Cipriani.
Un altro buon giallo di Antonio Bido ... Un giovane professore universitario in esaurimento nervoso , va a rilassarsi dal fratello sacerdote a Venezia . Ma finirà invischiato in una serie di misteriosi assassinii . Secondo ( ed in pratica ultimo ! ) film del regista veneto Antonio Bido e secondo giallo all' italiana di ispirazione argentiana ( sin dal titolo che fa il verso a " Profondo rosso " ) . Anche questo , come il precedente " Il gatto dagli occhi di giada " garantisce un ritmo incalzante , alta tensione ed inquadrature per nulla banali , con omicidi ben orchestrati . Le locations invernali e lagunari ( Murano e Venezia ) assicurano atmosfere gotiche rarefatte e spettrali , grazie anche all' ottima fotografia di Mario Vulpiani . Azzeccata pure la colonna sonora di Stelvio Cipriani , ma riarrangiata dai Goblin . I protagonisti principali sono un insipido Lino Capolicchio ( reduce dai successi con De Sica ed Avati ) ed il più efficace Craig Hill ( reduce da una sfilza di Spaghetti Western ) . La terza protagonista è la bella Stefania Casini ( reduce da " Suspiria " ) , il cui personaggio però non è essenziale alla trama , ma ha il compito di dare un tocco femminile alla vicenda , oltre a quello di inserire qualche gradita scena sexy nella pellicola , usanza frequente nei gialli italiani del periodo . Di buon livello anche il cast di contorno , con nomi importanti come quelli di Massimo Serato e Juliette Mayniel . In buona sostanza anche questo è un discreto ed avvincente film di genere , nonostante possa apparire pieno di scopiazzature di altri più celebrati gialli nostrani dell' epoca . Personalmente non mi spiego come mai la carriera registica di Bido sia in pratica terminata qui . Per me questa pellicola , che ha avuto un buon riscontro al box office , merita tranquillamente un 6,5 .
Buonissimo giallo firmato da Bido che attinge a piene mani dalle opere di Argento e ci regala un film con un ottima ambientazione e una buonissima colonna sonora, la storia è molto classica con l'omicidio iniziale e le indagini curate dal protagonista. Tutto scorre via bene fino al finale che fà luce sull'intera vicenda. Manca quel guizzo che avrebbe potuto renderlo ancor più interessante, però sicuramente merita una visione da parte di ogni appassionato.
E' risaputo che il nostro paese negli anni '70 era la patria del thriller; tuttavia non tutte le ciambelle riuscivano col buco. Mi dispiace dirlo ma questa pellicola di Bido è solo piena di buona volontà, l'atmosfera non manca ed il cast è di tutto rispetto; tuttavia la sceneggiatura è priva di mordente, troppo lunga e si perde in scene che ammazzano letteralmente il ritmo. Le parti cruente latitano, gli omicidi non colpiscono, l'ambientazione lagunare non è sfruttata al meglio. Avrebbero potuto imbastire qualcosa di originale e di stimolante e invece gli autori sembrano voler campare di rendita sul successo di film precedenti che qui vengono più o meno richiamati, come Profondo Rosso o La casa dalle finestre che ridono. Il colpo di scena finale, sebbene interessante, non riesce a cancellare la piattezza di tutto il resto della pellicola. Non lascia niente.
Bellissima ambientazione in una Venezia deserta. Film che oggi appare un pò datato, alcuni rimandi/scopiazzature di cult dell'epoca ("La casa dalle finestra che ridono", "Profondo Rosso"). Nulla di memorabile ma piacevole anche se in parte scontato il colpevole nonostante
Un discreto thriller che ha come punti di forza una trama ben congeniata e delle musiche, eseguite dai Goblin, appropriate. Ci sono riferimenti ad Argento ( la scena dell'omicidio della medium intravisto dalla finestra ricorda "Profondo rosso" ), a Pupi Avati de "La casa dalle finestre che ridono" e non solo per la presenza di Capolicchio ma anche per l'insolita ambientazione ( per Avati la pianura padana, qui Venezia e dintorni: una Venezia però che così priva di persone esiste solo nei film di fantascienza, non nei gialli… ), ad Hitchcock.
( il suicidio del prete ricorda ovviamente il finale di "Vertigo"… )
Ho trovato, per contro, sia la recitazione che soprattutto la sceneggiatura un poco statiche, scolastiche ed inoltre in diverse scene il ritmo cala troppo. Nelle scene degli omicidi, invece, la suspance è resa abbastanza efficacemente. Chi sia l'assassino
Un caso colmo di curiosità, nella storia del genere thriller che spopolava in Italia negli anni passati, è legato alla figura di Antonio Bido. Di questo regista rammentiamo ai nostri giorni soltanto due produzioni, "Solamente nero" è la seconda e ultima, siamo nel 1978. Il rammarico qui abbonda, ahimè. La regia in considerazione per stile si avvicinò terribilmente a quello magnifico di Argento. Imbattendosi con la produzione di Antonio Bido la mente rievoca, subito, qualcosa di Dario Argento, ci sono le scenografie e soprattutto gli arrangiamenti musicali di ottima fattura, sulla scia melodica , spettacolare e tipica, dei Goblin.
"Solamente nero" poi si costruisce su una storia di sicuro coinvolgimento; la regia italiana nel frangente riesce, senza troppe difficoltà, a mostrare un intreccio degno dei migliori film del genere italiano. Il tutto è sorretto da una sceneggiatura abile che lascia ben poco campo ad eventuali critiche. Insomma si ripropongono dinamiche già viste con "Il gatto dagli occhi di Giada" (1977), ma come successe in precedenza, la lavorazione di "Solamente nero" è portato avanti con caparbietà. Non si registrano forzature madornali e Bido riesce, più di una volta, a nascondere i segreti delle uccisioni e quindi l'identità del killer sarà per tutta la proiezione stretta nel nome di un enigmaticità oscura.
Di norma, secondo noi, lo spettatore quando si appresta a vedere un thriller più che a dannarsi l'anima per scoprire il killer dovrebbe godersi la cosa, insomma dovrebbe affidarsi al regista e quindi vedere la scena e l'intreccio inteso nel senso di totalità. Comunque se il nostro consiglio non sarà seguito rimane assolutamente improbabile venire a capo della faccenda, nella circostanza, la regia risulta essere impeccabile e a suo modo originale.
"Solamente nero" mantiene per tutta la sua durata un interesse vivo e un ritmo incalzante; non viene meno praticamente nulla; tensione e palpitazioni si alternano senza dilemmi, con costanza. Da ricordare, ulteriormente, almeno un paio di sequenze azzardate (alcune di carattere religioso) ove l'etica è messa da parte, regia audace. Non smette di salire in cattedra Bido che attraverso un gioco di inquadrature non banali edifica maggiormente l'alone già avviato alla corte della paura e del mistero. Gli omicidi sono ben congeniati e l'acme di una violenza rara è raggiunto nell'omicidio del camino. Gli amanti di questa estrazione cinematografica (thriller e giallo) faranno fatica a trovare qualcosa di più cruento e degente. Convince poi un bellissimo finale, ovviamente fatale per la spiegazione dei fatti, ove lo spettatore assiste ad una chiusura filmica macabra e cinica. L'ultima scena si attacca direttamente ai titoli di coda con una musica tosta e perfettamente intonata alle pretese e alle contestualità del prodotto.
L'editoriale
La rabbia del critico del Cinema al cospetto di Antonio Bido diventa pesante, accecata. Tanti registi di dubbia fama, di non accertata bravura, hanno lavorato per anni seguendo e scopiazzando gli esempi del thriller dettati da Argento; Bido ha iniziato un percorso ma ha registrato un inopportuno stop. Non entriamo nel merito, non conosciamo le storie personali che vanno al di la di ogni cosa, ma artisticamente parlando produzioni cinematografiche come "Solamente nero" e "Il gatto dagli occhi di Giada" chiedevano, spiritualmente, un continuum. Ecco, questo è uno dei grandi rammarichi che il conoscitore del thriller porterà con sé. Se avesse continuato Bido, ad oggi, parleremmo di una regia ai livelli di quelle più rinomate in Italia. Storia e confezione tecnica al servizio di un qualcosa visto poche volte. Troppe poche volte…
Deludente giallo che mette troppa carne sul fuoco e ne lascia bruciare una buona parte. Peccato perché dopo aver visto la riunione dalla medium e gli abitanti che sembrano nascondere chissà cosa mi ero preparato a vedere un film interessante invece pur non essendo brutto è il solito giallino senza infamia e senza lode.
Giallo poco entusiasmante ma tutto sommato passabile per via di alcuni dettagli; per esempio l'ambientazione lagunare che ricorda molto "A Venezia un Dicembre rosso shocking" dal quale riprende le ambientazioni nebbiose e cupe, per continuare con una recitazione sopra la media soprattutto se rapportata ai prodotti di questo filone, e per finire si può riscontrare una regia solida e curata nel particolare. Peccato il film di Antonio Bido sia difettoso sotto tanti altri aspetti: tensione assente e trama schematica sino a raggiungere la tanto attesa scoperta dell'assassino. Il twist finale non è male architettato, in precedenza però la pellicola offre parecchi momenti di stanca e digressioni che dilatano fin troppo avvenimenti tutt'altro che fondamentali per la comprensione del contesto. Poco sfruttata la risorsa della piccola comunità rurale che sembra celare segreti indicibili, nello specifico è facile pensare a "La casa dalle finestre che ridono" di Avati e non solo per la presenza di Lino Capolicchio. Purtroppo quell'ostile sentore resta troppo sullo sfondo, come è blando l'attacco ai poteri forti, messi alla berlina senza adeguato approfondimento. Altra pecca è la piatta confezione degli omicidi, perpetrata dal solito assassino di nero vestito. Complessivamente una pellicola sufficiente, purtroppo dal ritmo fiacco e poco efficace nell'emulare i mostri sacri del periodo come Argento o Fulci.
Il film ha dalla sua un buon inizio, un'ottima fotografia e soprattutto è girato con cura, grazie al regista Antonio Bido il quale dirige bene gli attori e dà ritmo alla pellicola. Peccato che la trama sia quella che sia. Ad ogni modo un thiriller più che discreto.
Ci sono molti riferimenti al cinema italiano di genere di quel periodo, da Avati ad Argento, ma Bido riesce a riprodurre soprattutto un'atmosfera minacciosa sulla falsariga di Rosso shocking di Roeg. Venezia e dintorni diventano lo sfondo sinistro ottimale di una vicenda che offre momenti di buona qualità come la resa di molte sequenze. Non altrettanto si può dire dell'intreccio che presenta non poche incoerenze. Tuttavia si tratta di un discreto film di genere che vale la pena di una visione.
Il titolo svela di suo l'assassino, anche se gli interrogativi sui possibili assassini te li poni durante lo svolgimento del film, che resta un giallo senza infamia e senza lode.
Uscito qualche anno dopo il periodo d'oro dei giallos all'italiana, "Solamente nero" è un discreto italian giallo che ricorda molto alcune pellicole precedenti appartenenti allo stesso filone, da "La casa dalle finestre che ridono", a "Don't look now", "Non si sevizia un paperino" e via dicendo. si intuisce ovviamente dai soliti clichè del genere e alle ambientazioni cupe e minacciose che ricoprono gran parte dell'atmosfera. Non a caso l'ho trovato un'accozzaglia di citazoni non indifferenti. Detto questo credo che le uniche note positive del film siano appunto le atmosfere, dove Bido sa utilizzare egregiamente l'elemento "Venezia", dipingendola a tratti solare e luminosa, e a tratti spettrale e gotica. non stupiscono più di tanto gli omicidi o "l'atteggiamento" dell'assassino, identico ad altre migliaia di produzioni d'epoca. Buona parte del film inoltre è occupato dalla descrizione del rapporto tra Capolicchio e l'amante, errore molto ricorrente nei gialli italici, che non fa altro che mozzare il pathos con siparietti di sesso soft davvero inutili e derivativi, inserendo in più interminabili sequenze che annientano totalmente ed in modo continuo l'elemento tensione da far venire i nervi : sguardi idioti, viaggi in barca, siparietti beceri. Aldilà di tutte queste critiche, il film di Bido funziona e riesce bene o male a tenere acceso l'interesse da parte dello spettatore, tra sedute spiritche, ambienti ecclesiastici e misteri da dipanare. finale di poca originalità, ma che forse, non deluderà le aspettative dei più cari afecionados.
molti i riferimenti a 'La casa dalle finestre che ridono' (sarà per la presenza di Lino Capolicchio) e ai capolavori argentiani (certo la suspense non è la stessa e gli omicidi non sono così efferati)... a parte questo, il plot è molto interessante... certo, se si fa attenzione, a partire dal titolo -