america oggi regia di Robert Altman USA 1993
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america oggi (1993)

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locandina del film AMERICA OGGI

Titolo Originale: SHORTCUTS

RegiaRobert Altman

InterpretiAndie MacDowell, Bruce Davison, Jack Lemmon, Julianne Moore, Fred Ward, Jennifer Jason Leigh, Tim Robbins, Chris Penn, Lili Taylor, Frances McDormand, Matthew Modine, Lily Tomlin, Madeleine Stowe, Anne Archer, Robert Downey jr, Tom Waits, Peter Gallagher

Durata: h 3.08
NazionalitàUSA 1993
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1993

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Trama del film America oggi

Una squadriglia di elicotteri si butta in picchiata su Los Angeles per spargere un potente pesticida. Inizia così il racconto del film in cui si sommano le vite e i destini dei ventidue personaggi principali, mentre nella metropoli si aspetta il terribile terremoto che tra breve dovrebbe colpirla.

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Voto Visitatori:   8,56 / 10 (62 voti)8,56Grafico
Voto Recensore:   9,50 / 10  9,50
Miglior cast
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
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Voti e commenti su America oggi, 62 opinioni inserite

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Niko.g  @  31/01/2016 16:07:56
   6 / 10
Marito ubriacone, tradimenti, liti, raptus omicidi, divorzi, … insomma il menù del cineasta nichilista che vede nero ovunque e vuole che anche tu veda nero. E Altman vuole che tu veda nero, perché lui sa come vanno le cose in America. La Cina è un'altra cosa. Cuba non ne parliamo. E' in America che succedono cose brutte ed è in America che troviamo persone cinici, ipocriti e freddi.
Va bene abbiamo scherzato un po', ma viene da chiedersi se questa prospettiva esistenzial-nichilista sia lo strumento giusto per inquadrare la decadenza della società americana. Perché più che l'America, qui sembra che qualche problemino l'abbia avuto Altman nel rimanere prigioniero di un pessimismo che non è riuscito a controllare.
Grande uso della mdp e grande abuso di Nietzsche, per un film a tesi piuttosto monocorde, che attinge al gergo porno per dare un po' di sale a una melassa sciapa (attenzione al linguaggio non adatto ai minori). Privo di quella forza del racconto e di quella centralità degli eventi, che altri esponenti del nichilismo, come il Gaspar Noé di "Seul contre tous" o il Lars von Trier di "Melancholia", hanno invece curato con attenzione.
Seguirà degno figlioccio di nome Magnolia.

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Ultima risposta 06/09/2018 01.08.04
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  05/03/2015 11:05:39
   10 / 10
Sarò sintetico: è uno di quei film, rari per fortuna, dei quali si può dire che "è troppo bello per essere vero". Altman è un gigante, d'accordo, ma "Shortcuts" è un miracolo di leggerezza, di giochi ad incastri, di commedia e tragedia, cinismo e delicatezza, e via di questo passo.

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Ultima risposta 05/03/2015 16.20.46
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  14/01/2011 02:21:56
   10 / 10
Silenziosi più di un'invasione di cavallette, gli elicotteri sorvolano Los Angeles come se agli elicotteri di Apocalypse now avessero spento le Valchirie; come una pantera della polizia senza lampeggianti.
Nel silenzio che invoca un urlo devastante, e invece prosegue nell'indifferenza generale a generare sommessi disastri, il film si svolge avviluppando storie e frammenti, "short cuts" quotidiani e minimali, fitti di gesti, omissioni, dimenticanze: il vivere sbadando (sbadate vite in cui può capitarci di assillare per 10 dollari di torta i genitori di un figlio in coma).
Il vivere sbadando che si trascina, osservato senza indugio e con polso fermissimo, con lucidità e asciuttezza, si sospende e si sorprende su di un terremoto: e poi subito riprende. Nulla è stato. Nulla è mai. La città giace, il sole splende.

Questo intreccio di meschinità è tratto da alcuni racconti del più grande autore letterario americano della seconda metà del XX secolo, Raymond Carver. La peculiarità del film sta nell'accumulo progressivo, nel potenzarsi vicendevole delle vicende. L'addensarsi delle trame rende labirintico il film come una città estranea a se stessa.
Che è anche geniale allegoria di questa vita in una metropoli, in cui ci si sfiora quotidianamente, permanentemente estranei. E la meschinità, sì, scaturisce proprio da quel vano senso di libertà che ci deriva dall'illusione di attraversare la metropoli restando estranei, di sparire, insieme ai nostri meschini tradimenti e alle nostre bassezze, senza farci vedere nè da un dio, nè dai nostri cari che tradiamo.

Poi c'è anche un comun denominatore, a questi frammenti: ed è che sempre il maschio è il più vile e il più meschino. La quasi totalità delle figure maschili del film è una figura negativa, che sia frustrato o vile, più spesso diventa violento e vendicativo. Ignavi e insensibili: e quasi sempre c'entra il sesso. E la prevaricazione sulla donna.
(Come nel grande capolavoro americano del decennio successivo, "INLAND EMPIRE", la prevaricazione dell'uomo sulla donna è centrale ad "America oggi").
Invece nessuna, o quasi, delle figure femminili di questo film, è altrettanto meschina. Quasi sfugge, ma nessuna di queste donne è carnefice, e invece quasi ognuna è una vittima.
Sino alla giovane violoncellista silenziosa, che cede all'orrore dell'indifferenza per la morte di un innocente, e quasi assomma su di sè tutto il male, capro espiatorio e vittima sacrificale.

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Ultima risposta 30/03/2011 19.20.30
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  23/06/2010 20:19:47
   9½ / 10
Che grande, grandissimo film!
Così raro trovare tanta classe ed eleganza, un'impresa funambolica dirigere nove diverse storie, mescolarle assieme passando dall'una all'altra con tocco leggerissimo e tenere contemporaneamente in mano tutti i fili delle altre, senza mai perdersi, senza mai farci perdere.
Bellissimo incipit e altrettanto il finale, ma per me il vero finale è quello sguardo che oltrepassa i quattro tristi buffoni sulla terrazza per allontanarsi, forse con leggero disprezzo, a guardare il lontano orizzonte della città, schiacciata sotto di sé fino a tramutarsi in mappa geografica senza spessore.
C'è molta cattiveria, c'è ironia e c'è un freddo distacco, ma per me c'è anche un leggero dolore a guardare alle desolate vite, così piene così vuote, dei protagonisti.
Sceneggiatura a prova di bomba, interpretazioni superlative.

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Ultima risposta 24/06/2010 20.22.27
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  21/01/2010 06:48:38
   9½ / 10
Narrare bene una storia non è facile; riuscire, con tale raffinatezza, a raccontarne contemporaneamente di molteplici, beh, è prerogativa di pochissimi.

Ed è presto evidente l'intento narrativo di Altman, dacché il film s'inserisce tra due chiare metafore poste agli estremi del racconto, entrambe che coinvolgono tutti: gli elicotteri che, a inizio film, spargono nell'area sottostante una sostanza come il torpore e la dissolutezza del vivere; e infine il terremoto, non tale da fare crollare edifici, ma sufficiente affinché ognuno, per qualche istante, si fermi preoccupato in ascolto.

E incastonato tra l'incipit e l'excipit, ecco un nuovo affresco corale di rara potenza, severo e al contempo tenue, delicato, discreto, sicuramente obiettivo.
Un cadavere sott'acqua, un bambino che non si sveglia, una violoncellista che suona ininterrottamente.
Famiglie sgretolate, artisti in attesa, amanti che si perdono.
E poi disamori, incomprensioni, ripicche; le bugie, i quotidiani tradimenti, i piccoli e grandi conflitti d'ogni giorno.
Vite vuote, vite disperate, vite irresponsabili, intensamente sole.

Altman spia da lontano i suoi personaggi, ne ascolta le conversazioni a distanza, l'inquadra da dietro i vetri, talvolta zooma sull'espressione di qualcuno di loro.
E se da un lato il suo punto di vista rimane indubbiamente cinico - addirittura crudele, potremmo dire - dall'altro sono insiti in questo filmare "senza commento" un vivo coinvolgimento e una grande comprensione per la natura umana.

Questo è il deserto di oggi, e non solo quello americano. Questi sono gli "uomini vuoti".

Credo sia, assieme a "Nashville", il film che meglio spiega il cinema di Altman.

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Ultima risposta 30/08/2012 13.56.47
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donfabios  @  30/12/2009 19:25:28
   8 / 10
la gente che pesca accanto al cadavere mi ricorda le persone che calpestavano il ragazzo ucciso dalla camorra a napoli.
Il film è interessante, e c'è tom waits che adoro, ma forse mi ha deluso un po', in alcuni tratti lo ho trovato noioso e alcune storie mi hanno comunicato poco.

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Ultima risposta 30/11/2010 10.50.09
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Dan of the KOB  @  08/01/2008 13:42:13
   6½ / 10
America oggi è uno di quei film dai quali mi aspettavo tanto e invece ne sono rimasto deluso!
E' un buon film ci mancherebbe, ma non mi lascia niente dentro, troppe storie, alcune si intrecciano altre no, ma storie che sinceramente non lasciano tracce tangibili nei miei ricordi! Mi rimane di questo film una visione fredda e distaccata dell'america moderna, che sicuramente è proprio quello che il regista voleva, ma che a me non va proprio a genio!
Tra i tanti attori messi in scena alcuni hanno dato delle ottime prove (la Moore, Lemmon) ma altri li ho trovati proprio incapaci di esprimersi al meglio (MacDowell e il povero Chris Penn che qui non ho davvero apprezzato, troppo piatto...)!

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Ultima risposta 09/01/2008 18.55.07
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The Legend  @  13/10/2007 14:41:39
   6½ / 10
L'impianto narrativo è singolare e piuttosto ambizioso: mettere in scena non la storia di un semplice protagonista, ma di una ventina di personaggi le cui microstorie si intrecciano e vanno avanti parallelamente, dando un affresco complessivo di quel panorama sociale che il regista intendeva rappresentare.

E' un progetto ambizioso, perchè a mettere in pista cosi' tanti personaggi - ognuno portatore di una sua personalissima nevrosi - c'era il rischio di perdere il filo narrativo del racconto generale. Filo che non si perde: il film si segue bene nonostante le interminabili 3 ore di durata, al netto della pubblicità.

Fin qui, i meriti.

I demeriti sono invece nelle singole storie in sè, che sono piuttosto prevedibili ed inconcludenti, piatte storielle da quattro soldi più da sit-com che da rappresentazione sul grande schermo. Anche un prestigioso interprete come Jack Lemmon, ne esce fortemente svilito dalla particina assegnatagli del nonno in apprensione, che si ricongiunge con il figlio dopo 30anni, in occasione della morte del nipote. Sa tutto di già visto.

Ma quello di America Oggi è un caso in cui il risultato finale non è pari alla semplice somma algebrica delle singole storie, ma è superiore. Ecco spiegato il mio voto (leggermente) superiore alla sufficienza.

Un plauso al traduttore italiano: spesso le traduzioni in Italiano dei titoli dei films stranieri sono fatte da emeriti imbecilli, questo è invece il caso in cui il titolo in italiano ('America Oggi') rende decisamente meglio dell'insignificante e insipido originale ('Shortcuts', letteralmente 'scorciatoie').

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Ultima risposta 21/07/2009 17.34.14
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wega  @  06/09/2007 20:31:16
   8½ / 10
stupendo..potrebbe durare anke 5 ore..
fantastico tim robbins..
riverenze a lammon!

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Ultima risposta 25/01/2010 01.14.42
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  29/10/2006 14:31:43
   10 / 10
Mosaico di vite, storie, complessi, colpe, redenzioni ed ipocrisie, mirabilmente descritto con freddo cinismo da Altman, capace di districarsi con maestria nel dedalo dei suoi personaggi senza mai perdere il contatto.
Nulla è gratuito, tutto funzionale, ed alla fine si rimane in compagnia solo del senso di vuoto.
Cast eccellente, con particolare menzione per Lemmon e per lo scomparso Chris Penn.

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Ultima risposta 29/10/2006 16.17.32
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  13/08/2006 15:56:23
   9 / 10
"Ti viene voglia di non incontrare mai un'americano in vita tua"

Così commento' una spettatrice al sottoscritto, all'uscita del film, delusa proprio dai toni a suo dire "apocalittici" di questo poderoso affresco di Altman.
Poco da dire: nonostante la smisurata durata, il film è una galleria inequivocabile di un'America da conglomerati urbani, solo apparentemente comunitaria, spesso in conflitto con se stessa e con gli spazi che si concede, sullo sfondo dell'inquietudine e del profetismo à la Big Mac (l'annunciato, da tempo, terremoto che dovrebbe invadere Los Angeles).
Per dirla tutta, questa galleria infinita di meschinità e (forse) integralismi rischia piu' volte di precipitare nel manierismo, ma è soprattutto l'abilità tecnica di Altman a fugarlo.
E soprattutto l'ispirazione letteraria, non così evidente, dello stesso autore: sicuramente la citazione di alcuni passi dello storico "cattedrale" di Carver (padre del minimalismo americano) rende il tema ancora piu' appassionante.
La vicenda del bambino investito da un'auto e successivamente ricoverato in ospedale costituisce il perno delle tante "short cuts", reso emblematico dall'ineffabile Lyle Lovett, il cui personaggio del pasticciere folle non verrà dimenticato facilmente.
Nè potrei scordarmi la figura psicolabile di Chris Penn, marito imbelle e frustato, che in un momento di drammatico confronto con la realtà (e la propria e altrui incolumità) arriva a liberare tragicamente la propria rabbia/follia omicida.
O l'altrettanto intrigante personaggio di Kate Ross (singer del leggendario trio vocale Lambert, Hendricks § Ross), madre degenere troppo occupata dalla propria carriera per occuparsi degnamente della figlia depressa (non ho prove che si tratti di una vicenda ispirata dalla vita famigliare della stessa cantante, ma suppongo che esista qualcosa del genere).
Un film che si chiude nella deflagazione, e nel "giudizio universale" delle leggi temporali: proprio come in "Magnolia" come giustamente ha sottolineato qualcuno, fortunatamente senza l'accademismo messianico del pur intrigante Anderson

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Ultima risposta 15/02/2007 00.35.36
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