a simple life regia di Ann Hui Hong Kong, Cina 2011
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a simple life (2011)

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locandina del film A SIMPLE LIFE

Titolo Originale: TAO JIE

RegiaAnn Hui

InterpretiAndy Lau, Deanie Yip, Anthony Wong, Tsui Hark

Durata: h 1.57
NazionalitàHong Kong, Cina 2011
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 2012

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Trama del film A simple life

Il commovente rapporto tra il giovane maestro Roger e Ah Tao, la governante di famiglia, accanto a lui sin dai primi anni dell'infanzia. Dopo sessant'anni di convivenza, però, i due sono costretti a separasi quando le condizioni della governante si aggravano in seguito a un ictus che ha la forza di mostrare loro quanto forte sia l'affetto che li lega.

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Voto Visitatori:   7,39 / 10 (14 voti)7,39Grafico
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Voti e commenti su A simple life, 14 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

noordwijk  @  01/09/2012 18:56:59
   7 / 10
Questa terza pellicola dopo "Departures" e "Poetry, sembra essere il completamento della trilogia della Tucker Film, del resto è strano che a scegliere il tema della trilogia sia ancora la stessa società distributrice e non i registi.
"A Simple Life" è un film semplice anche nei contenuti, quasi documentaristico se non fosse incentrato quasi totalmente su di un unico personaggio e se ci lasciassimo convincere che non esiste sentimento in quegli sguardi e silenzi.
Certi film vanno giudicati con gli occhi di una cultura molto diversa dalla nostra dove le emozioni sono ancora un tabù.

2 risposte al commento
Ultima risposta 17/09/2012 13.05.33
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Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  18/03/2012 13:56:24
   8½ / 10
A SIMPLE LIFE è un film che ti lascia un amaro in bocca, un senso di malinconia, è un film che scuote l'anima dello spettatore in modo diretto senza tanti giri di parole. Se mettiamo questa pellicola a confronto con il panorama cinematografico cinese vediamo che è un film tipico di questo cinema di nicchia: i lunghi silenzi, gli sguardi profondi, le piccole scintille che confluiscono in un fascio emotivo totale, le tematiche improntate sui problemi e le situazioni che affliggono il popolo cinese.

Come Ann Hui sia riuscito a scavalcare la muraglia cinese che separa il cinema occidentale da quello orientale è intuibile: non è niente di rivoluzionario ma l'uso che fa del mezzo è proprio il punto da cui parte questo piccolo capolavoro.
La storia di per sè è molto semplice: una domestica, ormai vecchia, decide di andare in pensione e a prendersi cura di lei sarà proprio uno dei "figliocci" che ha cresciuto.

La pellicola parte con un intro che ci dice che il film è stato tratto da una storia reale e già in sottofondo si sente un pezzo della rara colonna sonora che verrà ripetuto più volte durante la narrazione. Rara perché il regista decide di accompagnare le immagini con il silenzio, i suoni della vita reale e la canzoncina di un carillon, oggetto da non sottovalutare visto il simbolismo che esso ha. E' un oggetto che "appartiene", in senso metaforico, ad un vecchio della Casa, come il giocattolo che il bimbo durante la prima infanzia, fa suo e non deve perdere, con il quale si identifica, si costruisce la sua iniziale sicurezza. Con questa visione il regista è come se volesse dire che una volta diventati vecchi si è come dei bimbi. I bambini devono ancora imparare e non sanno, i vecchi invece hanno imparato ma hanno anche ormai già dimenticato. Come i bimbi hanno bisogno di una persona che li segui, non intendono nè sono capaci di volere.
Ritornando alla colonna sonora solo in alcuni momenti inserisce una melodia, momenti chiave come l'inizio, la scena dei cimeli e nei titoli di coda, fatta eccezione per la scena finale e quella in cui la donna della dialisi se ne è andata e lì il motivo cambia. E' un pianoforte che esprime note malinconiche, dolci, delicate in perfetta sintonia con l'atmosfera del film.
Vediamo il protagonista sul treno in viaggio (elemento che si ripeterà più volte, un elemento intrinseco del personaggio, un elemento cinetico senza barriere che va in netto contrasto con le quattro mura e la routine della Casa di Riposo), fuori dal finestrino un paesaggio arido, cresce come un senso di solitudine dentro lo spettatore, la musica si abbassa per dar spazio al voice over del protagonista che sarà l'incipit del flashback dove verrà raccontato il rapporto d'amicizia tra i due protagonisti durante gli ultimi tempi.

Lui è un uomo d'affari (un produttore cinematografico) in continuo spostamento , è un uomo che da quando è nato è stato servito da una domestica. Non è viziato, anzi, è uomo molto umile, virtù tramandatagli dalla domestica, e lo possiamo notare dalle scene in cui lui si veste come un uomo di ceto medio, ha i soldi ma non indossa nessun vestito griffato o elegante e per questo viene scambiato prima per un tecnico e poi per un tassista. E' un uomo che però non sa fare nessun lavoro domestico e quando la domestica viene a mancare lui si trova spiazzato, anche se cerca subito di trovare delle soluzioni come quella di leggersi il libretto delle istruzioni per imparare ad usare la lavatrice.
Fare la lavatrice fa parte di tutte quelle azioni quotidiane che sono proprie di Atao. Quando il flashback inizia la vediamo al mercato, indossa vestiti semplici, ha una sporta in mano, sta facendo la spesa, vediamo come presta attenzione nel sceglier i prodotti che compra, che sale le scale con fatica, che cucina per Roger, che raccoglie i panni, che prende la medicine. Non so voi ma a me è venuto in mente un certo parallelismo con le nonne di una volta, della generazione prima della mia, quando andavano nei campi per aiutare i mariti, con le scure sottane, dalla mattina presto fino alla sera a crescer figli, mandar aventi un'intera famiglia numerosa, la casa,..

Dopo questa breve presentazione dei protagonisti vediamo che Atao dopo aver preso le medicine le da fastidio un occhio. Nella scena seguente quando Roger torna a casa la trova presumibilmente (non ci viene mostrato) distesa a terra e chiama l'ambulanza.
Dimessa dall'ospedale viene portata in una Casa per anziani e qui è il momento più critico del film: ci viene mostrata una realtà che all'uomo in sè non piace vedere e con estrema tranquillità Ann Hui ce la spiattella in faccia. Come zombi i vecchi ricoverati si avvicinano alla nuova arrivata con movimenti lenti, si trascinano bavosi tremando, cercando di vedere con occhi che ormai non vedono più, cercando di parlare con una bocca che non ha più corde vocali. Già dopo pochi istanti (bastano poche scene) lo spettatore preso da questo sentimento di vuoto, di malinconia vuole scappare, fuggire da questa prigione di morte, dove l'impotenza è la bandiera che sventola alta nella routine di tutti questi vecchi rin********ti. Dormono ansimando ed emettendo lamenti, si scambiano le dentiere, non riescono nemmeno a mangiare o a muoversi, sono tenuti come dei neonati in dei seggiolini con il bavaglino, gli manca solo il ciuccio! E' una visione terribile, devastante per il nostro animo, un'oppressione spirituale, c'è immancabilmente un rifiuto istintivo a tale visione, ma come la vecchia non riusciamo a scappare, siamo intrappolati nei movimenti della macchina da presa. Si diventa pazzi, matti come chi abita quella Casa e Atao prova la stessa identica cosa che proviamo noi. Dentro a quelle mura c'è la monotonia assoluta, un'atmosfera di morte imminente, di passività incontrastabile, che trovano voce negli sguardi di chi ha perso per sempre la voglia di vivere e non se ne rende nemmeno conto. Gli unici momenti in cui questo "mondo" viene interrotto sono gli sprazzi di gioia del vecchio signore che si concede ancora emozioni carnali, al ballo, allo scherzo (anche se i soldi finisce sempre per chiederli agli altri e c'è una frase di Atao che va a sottolineare il fatto che in fondo questi sono gli ultimi anni della sua vita e che quindi Roger gli dia pure i soldi per goderseli come meglio può) e gli incontri tra Atao e Roger.

Nel film scorgiamo una certa impassibilità, freddezza nel loro rapporto che però non è data da un'inimicizia: non ci sono abbracci, baci, carezze, come nell'amicizia occidentale, solo qualche battuta umoristica, proposte di denaro, ma tutto ciò, anche se può sembrare strano, è tipico della cultura cinese, governata dal silenzio e dall'assenza di movimento. Una scena dove ciò viene spezzato è quella in cui Atao decide di andare in pensione e di trasferirsi in una Casa di Riposo, Roger le dice che sarà lui ha pagargliela ma lei si imbroncia (il viso senza trucco non fa altro che accentuare la sua magnifica performance!) e con dei piccoli ma veloci gesti rifiuta, lei ha i soldi!

Le uscite sono molto importanti perché sottolineano il contrasto tra il mondo esterno alla Casa che pulsa di vita propria e lo stato vegetale di quelle quattro mura. Uscite come quella del capodanno o quella dove ritornano nella vecchia casa o quella in cui nella casa attuale riportano alla luce vecchi cimeli, dove il passato ritorna come una spada inflitta nella costola del presente o in quella del giardino dove la vediamo sana e la mdp si sofferma inquadrando, alla Ejzensteijn, delle foglie verdi di un albero con sottofondo il rumore del vento: qui le interpretazioni prendono strade molteplici (forse l'albero della vita, l'ultimo respiro, la fragilità della nostra vita, cmq un inquadratura dal grande significato metaforico: la nostra vita è come una foglia al soffiar del vento, verso poetico di una famosa Haiku cinese, in armonia con il poemetto finale allo scritto di Hui), lo stesso giardino in cui la vediamo inferma su una carrozzina, con la testa tutta da un lato che fatica a parlare e dove compierà l'ultimo respiro.

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Ultima risposta 18/03/2012 20.59.19
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