la grande bellezza regia di Paolo Sorrentino Italia, Francia 2013
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la grande bellezza (2013)

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locandina del film LA GRANDE BELLEZZA

Titolo Originale: LA GRANDE BELLEZZA

RegiaPaolo Sorrentino

InterpretiToni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Serena Grandi, Vernon Dobtcheff, Isabella Ferrari, Luca Marinelli, Giorgio Pasotti, Giulia Di Quilio, Massimo Popolizio, Giorgia Ferrero, Roberto Herlitzka, Carlo Buccirosso, Pamela Villoresi, Ivan Franek, Stefano Fregni

Durata: h 2.30
NazionalitàItalia, Francia 2013
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 2013

•  Altri film di Paolo Sorrentino

Trama del film La grande bellezza

Dopo "L'apparato umano", l'unico romanzo che ha pubblicato da giovane e che gli ha regalato la notorietà, Jep Gambardella non ha scritto più nulla. È diventato però un giornalista e frequenta spesso l'alta società romana. La sua vita è un susseguirsi di incontri, appuntamenti e celebrazioni eccentriche che lo rendono testimone della crisi della società. Il clima che si respira nella capitale non è infatti più quello di un tempo: potenti, presenzialisti, contesse e immobiliaristi hanno preso il sopravvento, dando il via a un lento ma continuo processo di degrado che trasforma gli uomini in mostri. Durante una calda estate a Jep, ormai cinico e insofferente sessantacinquenne, non resta che pescare nei ricordi e, deluso dal presente, rivivere la sua appassionata e perduta giovinezza, contraddistinta dal ricordo di un innocente amore. Forse per lui è arrivato il momento di cominciare a scrivere qualcosa di nuovo.

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Voto Visitatori:   6,93 / 10 (295 voti)6,93Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
Miglior regia (Paolo Sorrentino)Miglior produttore (Nicola Giuliano, Francesca Cima)Migliore attore protagonista (Toni Servillo)Migliore fotografia (Luca Bigazzi)Migliore scenografia (Stefania Cella)Migliori costumi (Daniela Ciancio)Miglior trucco (Maurizio Silvi)Migliori acconciature (Aldo Signoretti)Migliori effetti speciali (Rodolfo Migliari, Luca Della Grotta)
VINCITORE DI 9 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior regia (Paolo Sorrentino), Miglior produttore (Nicola Giuliano, Francesca Cima), Migliore attore protagonista (Toni Servillo), Migliore fotografia (Luca Bigazzi), Migliore scenografia (Stefania Cella), Migliori costumi (Daniela Ciancio), Miglior trucco (Maurizio Silvi), Migliori acconciature (Aldo Signoretti), Migliori effetti speciali (Rodolfo Migliari, Luca Della Grotta)
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior film straniero
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Voti e commenti su La grande bellezza, 295 opinioni inserite

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giuliowi  @  08/06/2013 11:12:45
   7 / 10
Il film è molto complesso e non di semplice comprensione, come un po' tutti i film di Sorrentino.
Inizia con un ritmo frenetico, quasi fastidioso dove le immagini di una festa si sovrappongono violentemente a ritmo di musica mentre la fine dell'opera sarà caratterizzata da un ritmo pacato e lento, quasi celestiale, probabilmente per sottolineare un cambiamento, un inizio di un nuovo persorso che parte dalle origini e che tralascia tutto il rumore che spesso caratterizza una vita all'apparenza movimentata ma eternamente vuota, quasi a sottolineare la maestosità della fede che può portare ognuno di noi ad un percorso nuovo, alla riflessione, alla ripartenza, all'ispirazione o semplicemente all'illusione. E' alla fine del film che l'autore decide di ricominciare a scrivere.

Tutt la prima parte del film il protagonista vive la sua vita in maniera passiva con sguardi e pensieri sempre proiettati al passato (il racconto della prima esperienza sessuale, delle opere scritte da giovane, di quello che si era in passato). Anche il cinismo presente nel carattere del personaggio principale dimostra un disagio e la sottile intolleranza che spesso le persone benestanti e annoiate possidono nel loro dna caratteriale e manifestano la cattiveria con estrema educazione, la stessa che nasconde una capacità psicologica di ferire le persone più deboli, la stessa che li mette in mostra e che evidenzia l'egocentrismo dell'essere umano.
Persino al funerale si manifestano dei comportamenti pieni di egocentrismo: la scelta del vestito, il saluto davanti agli occhi di tutta la platea ai familiari della vittima, il pianto durante il trasporto della bara, tutti comportamenti poco naturali e studiati per poter rimanere al centro dell'attenzione, per dimostrare al mondo di essere sempre in prima fila.

L'arroganza delle persone ricche che vivono di opere d'arte astratte, che spesso hanno la lingua troppo lunga e conoscono poco il ritengo perchè abiutate a dare una spiegazione a tutto, abituate ad avere sempre ragione, a permettersi le cose con facilità, perchè annoiate, perchè gelose, perchè lontane dal vero senso della realtà che accumuna le persone comuni, quelle che lavorano con sacrificio per arrivare a fine mese, ad esempio.
Le feste a ritmo di musica dance con alcol e cocaina, feste che sembrano riempire la vita di allegria ma che invece sottolineano il vuoto presente in certe vite, fatte di apparenza, vuote come è vuoto quello che lasciano.

Il protagonista, Servillo, ad un certo punto quando si trova sdraiato con il personaggio incarnato dalla Ferilli, chiede: "lo vedi il mare sul soffitto?". La ricerca passiva attorno alle proprie mura di qualcosa lontana, di qualcosa di grande, di qualcosa che è sempre presente e che è reale.

Il protagonista ad un certo punto del film si accorge davvero di essere solo e si percepisce la paura accompagnata da un senso di ricerca, camminare per Roma la notte per incontrare vecchie amicizie, girovagare nel vuoto del presente, sentirsi abbandonato quando persino l'amico "sfigato" incarnato da Carlo Verdone decide di andarsene. Rimanere da solo in compagnia di una giraffa che addirittura scompare.
I dialoghi del film sono molto belli e i significati che si possono dare alla storia sono molteplici.
Un film difficile ma pieno di spunti di riflessione, un film che nel bene o nel male crea un brusio, un film amaro, con poco zucchero, un film notturno che non dona felicità ma che fa pensare e parlare.
Sicuramente un opera d'arte riuscita.

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Ultima risposta 08/06/2013 18.00.37
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Jambalaya  @  07/06/2013 19:21:53
   8 / 10
Film difficile da commentare, nulla da criticare sotto il profilo tecnico, ma penso di non aver capito pienamente il significato di diverse scene. In ogni caso un bel film, sicuramente da rivedere per comprenderlo ed apprezzarlo di più.

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Ultima risposta 09/06/2013 03.55.12
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francesco84  @  06/06/2013 00:35:42
   9 / 10
Una delle opere più complesse che abbia avuto occasione di vedere al cinema. Puro cinema, inteso come sequenza di immagini che raffigurano emozioni, sensazioni e gli individui che le vivono. Roma (che rapisce il cuore e l'anima) è la grande bellezza, che poi è la vita. Le persone che la abitano, l'umanità, stanca e vuota, ma vestita a festa, che se la racconta e che prova a nascondere la propria falsità. Con le eccezioni di chi prova a vivere davvero, ci riesce, ma paga questa conquista con il fallimento e la disullusione, la morte, la menomazione. Film lungo, ma non te ne perdi un secondo. Alcuni passaggi non si collegano alla storia in modo chiaro. Ma, come detto, è un viaggio onirico. La razionalità c'entra fino ad un certo punto. Sorrentino è un regista di straodinaria maestria. Il film è un insieme di immagini che tolgono il fiato. Un cast di attori al meglio, dai coprotagonisti alle comparse. Servillo è davvero il nuovo Mastroianni. Versatile e camaleontico. Da premio. Herlitzka gigantesco. Bravissimo Verdone, soprattutto nella sua catarsi. Menzione speciale per Sabrina Ferill, a cui è affidato il personaggio più positivo e umano di tutta la storia. La sua vicenda è chiusa in modo un pò frettoloso, ma non è detto che la cosa non sia voluta. Una donna sofferente e maltrattata dalla vita, a cui Sabrina regala ingenuità nelle parole e una profondità straziante negli sguardi. Senza risultare eccessivo, credo davvero che solo la Magnani in passato abbia saputo infondere tanta forza e dolore con la sola forza dello sguardo.

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Ultima risposta 06/06/2013 10.32.14
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Invia una mail all'autore del commento marlamarlad  @  05/06/2013 20:55:59
   10 / 10
Mi ha lasciato estatica, da vedere. Penso sia il migliore film di Sorrentino; Servillo alle Stelle! :)

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Ultima risposta 10/06/2013 13.53.36
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outsider  @  04/06/2013 11:57:18
   10 / 10
un nomeuna garanzia. detto valido per sorrentino come per servillo. un film che definir tale e' dir poco. completo, onirico, geniale, ossessivo, rivelatore, artistico e sempiterno a raffigurar Roma come l'italia, la vuotezza, vanita', limitatezza e meschinita' umana, aggrovigliata in ogni forma sociale. un prodotto artisticamente espresso in maniera eccelsa, innovativa, suggestivamente felliniana ma soprattutto nuovo, nuovo da stupire nei modi e tempi, nelle trovate. atmosfere vellutate, notturne o sgargianti. forme di vita abilmente descritte e scenari egregiamente dipinti a chi non li conosce. tutto ha un significato. tutto ha un senso.

la bellezza del prodotto sta nella rivelazione del chiarimento sulla degradazione nazionale e le sue cause, quelle che offuscarono il paese di santi, navigatori e poeti, forse mai esistito fuori dai pochi intelletti che lo espressero.

la rivelazione e' nel soliloquio mentale cronaca di Tony, alias Jep Gambardella, che si commenta e racconta during the walker along Tevere's river, ah ah, in cui recita la sua storia parlando di quando a 26 anni giunse a Roma e fu attratto dalla mondanita'...." volevo diventare il Re della mondanita' e delle feste, poterle organizzare" ma avere il potere di distruggerle, di arle fallire, di criticare quella mondanita'. In quello e' rivelata ai nostri occhi la schifosa societa' attuale fatta di vuotezza, bassezza, ignoranza. Il codazzo del prof.snob e sporco dell'universita' cui si accodano raazzotti ignoranti e ciucci a scuola che cercano lasoluzione per emergere li' e penetrare in quella mondanita' che criticano ma di cui ambisconoca sentirsi superiori e vedere riconosciuta l'apparente identita' di intellettuali, pur non essendolo, per trovare un proprio spazio, una propria nicchia, come il fallito magistrato corrotto, il politico corrotto, sporco e brutto che, inserito li', desta o sinistra non fa differenza, trova sesso e droga sempre criticando e snobbado. Ergo,ctutto un minestrone di mer da, me r da umana uguale e fusa, ( questo il senso figurativo da me esemplificato con un esempio concettuale) senza valori, su cui si erge il lati tante manovratore della societa' arrestato dalla Dia e guardato da un Jep
ammirato da sotto il Suo stupendo terrazzino vista colosseo.

E' un film di superior art quality, per apprezzarlo devi capirlo, inchinarti alle metafore figurative trovate da sorrentino nella rappresentazione dell'artista nuda che si spacca la testa.

la scena della ciabatta non e' stata capita. on mi sorprendo vista la media intelligenza di questo sito.

Suor Maria e' seduta su un tronetto in un contesto di bisce ecclesiastiche e vote e acue, espressione apparente di una mondanita' che crea il sistema con tutti i protagonisti che a lei si avvicinano, dalla suora ai alsi prelati, ebrei, santoni, vatussi ed estranei, colpendoci con l'esagerazione pittoresca del cardinale in Rolls Royce. Ella e' davvero una Santa, una grande che soffre e che comunica con i piani alti delle vibrazioni universali. Concetto questo espresso nella scena con i volatili, forse Aironi. Ella dondola la gamba e fa cadere la ciabata. In quel preciso istante la massa ha la certezza che non ha ingannato l'altezza, che la rappresentazione del sistema demoniaco, marcio, a base di sesso, droga e denaro, espressione del deonio, non inganna nemmeno sulla Terra la Santita' che non scende a patti con esso, ma lo vede e lo considera carne e sangue marcio, schifando quelle espressioni di bassezzaumana. Ecco perche' cade la ciabatta e fanno ooohh.

Se non sei un baffone saggio, maturo, elevato e spiritualmente in vibrazione con il regista non puoivedere e capire. Ma il pargolo che imparar vole per sublimare l'esperienza visiva metersi deve umile sul cammino del'evoluzione, come lo scrivente fece all'epoca. Sic et simpliciter, per omnia asperrima, avrebbero detto al Genio militare. Cuius commoda, eius et incommoda. la conoscenza da, ma devi sopportarne il prezzo. non potete conoscere senza pagare le fatiche. se rimarrete ignoranti e insulsi rappresenterete quella societa' che sorrentino dipinge. il film e' stato odiato perche' da fastidio, perche' e' scomodo.
Verdone e la Ferilli bravi. Platea di saggi e cercatori barbuti quella di ieri al cinema.
Erezione spacca mutande frenata nelle scene di nudita', spruzzo incontrollato del maschinoallo sguArdo della Ferrari. Il resto, il nudo, non tanto stimola in quanto inserito in bizzarre coreografie.Ma certamente una cavalla come la ferilli non passa inosservata. Certo, lo ripeto, il maschione grugnisce per le coscie di isabella. Tutto il film e' coreografico, anche la magnifica scenografia in camminata e costume ferilliano fra i castelli palazzi delle principesse. E' tutta una danza ritmata, complessa, sapientemente orchestrata. Tutto e' imperniato su questo. Anche, ripeto, la rappresentazione della ragazza nuda che sbatte contro il muro eche poi Jep intervista. Il principio prima del titolo risulta pesante, proprio in quanto la coreografia ha calcato la mano su una stratificazione ambientale ma realistica. Quesi balli di gruppo, i balli delle soliste e quelli dei defilati, in vari momenti, sono cosi' nelle feste della degradazione umana e sociale. Ecco che, prima del titolo, al centro della schiera che maldestramente inscena l'incrocio manibus per il latino americano, si ferma il nostro e accende una sigaretta, ricordando la risposta infantile alla domanda....non "la fessa"...ma l'odore delle case dei vecchi.....e parte il capolavoro. Davvero notevolissimo. Bravissimo Paolo, eccellente insieme a Toni, memorabile la sparizione della Giraffa. Favolosa Suor Maria. Un inchino a tutti. Un 10 pieno. Garantito da Outsider. Premiato dal BaFFo. Film scomodo per questa societa' in degrado degenerativo. Ve lo garantisce un conoscitore come me dell'Europa. Ho viaggiato. Anche all'estero la societa' soccombe ora al processo attivato da forze oscure facenti capo al demonio. Salvatevi. Seguite la via del corpo da uomini e donne, del sesso sano, della spiritualita' sana. Fuggite dalle insidie del demonio tentatore. Questo e' un film che vi fa capire che il tracollo economico e' li' dietro l'angolo. Il disastro e' ampiamente annunciato. Il processo di corruzione umana e' iniziato dagli anni '60.

20 risposte al commento
Ultima risposta 07/06/2013 20.11.10
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tumbleweed  @  02/06/2013 23:31:35
   9 / 10
"E' tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio ed il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza, e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile". Se ancora non vi basta...

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Ultima risposta 03/06/2013 09.18.27
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jiko  @  02/06/2013 20:16:07
   10 / 10
Sono andato a vederlo senza troppa convinzione, i commenti e le recensioni contrastanti mi avevano messo più di un dubbio. Film meraviglioso, visivamente grandioso, uno sguardo divertito sulla volgarità e decadenza contemporanea, concordo con chi l'ha definito "una sorprendente festa cinematografica che rende onore a Roma", una definizione perfetta. Me lo sono gustato dal primo all'ultimo minuto, sequenza dopo sequenza, raramente negli ultimi anni mi è capitato di vedere un film italiano di tale bellezza. Attori magnifici, con Toni Servillo un gradino sopra a tutti, tutti comunque bravissimi. Da vedere e rivedere, consigliatissimo.

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Ultima risposta 07/06/2013 06.33.51
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tritech  @  02/06/2013 18:32:00
   3½ / 10
Irritante, surreale, grottesco, pretenzioso, inutilmente, inspiegabilmente prolisso.

I primi quindici minuti sono un incubo per la spettatore che si vede bombardato da spezzoni montati a casaccio senza alcun senso.

La domanda è: Perchè ?
Perchè un regista, o pseudotale, si ostina a raccontare storie semplici in modo arzigogolato, ricorrendo a metafore visive improbabili volutamente criptiche ?

La cosa che trovo patetica è che il suo pubblico quando riesce a decifrarne i banali significati, spinto dall'entusiasmo per la propria inaspettata perspicacia, urla al capolavoro !
Il cinema è il contrario: belle storie, magari anche complesse, ma raccontate in modo semplice e coinvolgente.

Vedendo il film in sala è palpabile tutto il brutto del cinema: cioè che non puoi premere stop e cambiare dvd.

32 risposte al commento
Ultima risposta 10/06/2013 10.40.23
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bm_91  @  02/06/2013 16:43:19
   7 / 10
Il film di per sé sarebbe da 6 e mezzo, ma il 7 lo merita un bravissimo Toni Servillo. Aperta critica alla vacuità e desolazione che si celano dietro le apparenze dell'alta società, in realtà non ci dice proprio niente di nuovo. Molto belle le musiche.

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Ultima risposta 04/06/2013 19.43.31
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Invia una mail all'autore del commento Totius  @  01/06/2013 13:45:57
   8½ / 10
Mezzo punto in più perchè amo Sorrentino ed ogni suo respiro artistico.
Detto ciò concordo con chi mi ha preceduto. Una decadenza che si protrae da 2000 anni. E partendo da Moravia che afferma che Roma spaccia per "senso di eternità" ciò che altro non è che "atonia morale", Sorrentino continua l'opera bellissima (ma a mio avviso se non sopravvalutata, quantomeno estremamente "fanatizzata") della Dolce Vita. E lo fa a suo modo come fu per "This must be the place": prendendo un personaggio sempre in potenza e mai completamente in atto, perchè forse l'atto completo è quella Grande Bellezza a cui si aspira ma non si può raggiungere. L'eccesso di vita e di mondanità come estrema ricerca di senso alla vita stessa. Mentre personaggi come Sartre in Francia narravano questo senso attraverso il malessere, o la Nausea del "mal de vivre", oggi Toni/Jep è il nuovo Marcello che inseguiva una splendida creatura dentro la fontana di Trevi per dare senso ad una notte romana. Una delle tante.
E non c'è alcuna critica o alcuna presa di posizione moralizzatrice in questo. Sorrentino scatta una foto. E ne coglie gli aspetti più nitidi scavando nelle macerie e miserie di una società opulenta fine a se stessa.

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Ultima risposta 01/06/2013 16.10.35
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andreapau  @  01/06/2013 07:21:28
   7½ / 10
Roma, la città eterna.
Roma, la città il cui mito si perpetua nel racconto infinito della sua decadenza.
Il racconto di una decadenza che dura da 2000 anni, ribalta il concetto stesso di decadenza.
Non più, quindi, stato evolutivo, ma staticità..Roma non decade progressivamente, semplicemente è nata decaduta.
Nelle cronache degli storici del tempo, passando per la Dolce Vita, fino ad arrivare alla Grande Bellezza.
Ogni quadro abbozzato da Sorrentino si adatta perfettamente ad uno qualunque dei periodi storici che Roma ha attraversato, ricordandoci l'odioso ripetersi all'infinito dell'intreccio tra bello e volgare, politica e affari, arte e avanspettacolo, circo e poesia, religione e santità, sostanza e apparenza.
Tutti sono delusi da Roma, molto delusi...ma nessuno ha il coraggio di farne a meno, di rinunciare ad una città che premia la mediocrità, che collettivizza i successi e individualizza le sconfitte.
Nessuno ha il coraggio di rinunciare alla deresponsabilizzante assoluzione plenaria assicurata da un tuffo nel Tevere, meno che mai i protagonisti di una società ottuagenaria e autoreferenziale, disperatamente aggrappata al nulla cosmico, incurante, oramai da duemila anni, del naufragio sotto le note dell'orchestra del Titanic.

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Ultima risposta 06/06/2013 10.20.00
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Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  31/05/2013 22:20:55
   9 / 10
Devo dire che questa volta Sorrentino non solo mi ha convinto, ma ha addirittura stupito. Sorrentino mi ha sempre lasciato incerto. I suoi film rivelavano un grande talento registico, ma inconcludente a livello narrativo globale con sceneggiature spesso troppo deboli.
La grande bellezza è invece un film magnifico, ricco di suggestioni, emozioni e rimandi.
Lasciamo perdere l'ottimo cast e la bravura registica (forse anche troppo evidente) e concentriamoci sul film.
Era da tempo che in Italia c'era bisogno di un film italiano, europeo e non miserevoli copie di umorismo americano.
Ecco quindi ciò che sappiamo fare e che dovremmo fare.
Sorrentino gira una dolce vita più grottesca e caotica, un meraviglioso affresco del 2000 italiano tra festini improbabili e vite vuote e lo fa con un talento narrativo straordinario scegliendo la via difficile del non-trama.
Le immagini restano negli occhi per giorni, così come i personaggi finalmente fuori dagli schemi e per un momento fin troppo veri da risultare grotteschi.
E' senza dubbio un capolavoro, da ovazione almeno per tre quarti di film.
A me non ha convinto troppo il finale intimista. Sarebbe stato meglio continuare con la logica del non-trama fino in fondo.
Ma è un peccato veniale. Il film resta un'opera superba.
Bravo Sorrentino. Anzi bravissimo.
Insieme a Crialese avete ridato lustro al cinema italiano.

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Ultima risposta 23/06/2013 17.30.04
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Invia una mail all'autore del commento Tempesta  @  31/05/2013 19:29:22
   8½ / 10
Finalmente un film che ti accarezza per più di 2 ore.
Attori strepitoso musiche incantevoli regia impeccabile.
Davvero s non perdere

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Ultima risposta 31/05/2013 19.49.29
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rospo10  @  31/05/2013 10:51:44
   5 / 10
Ma che bisogno c'e' di ostentare tanta bravura dal parte del regista?? andava tutto : bravi attori , ottima fotografia , ottima regia ! se l'avessero tagliato di 30/40 minuti sarebbe stato da7!

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Ultima risposta 01/06/2013 11.07.24
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  30/05/2013 22:54:03
   9½ / 10
Ci troviamo di fronte ad un oggetto tanto lucente e riflesso di vita propria da non poterlo definire subito "capolavoro" né bocciarlo mettendo le mani avanti. "La grande bellezza" è un classico già prima di uscire, a maggior ragione lo diventerà con il passare del tempo e magari, un giorno, verrà citato tra i grandi film italiani post 2000 e non sarebbe poi questa grande bestemmia.

L'ambizione di Sorrentino pare sterminata. Non ha paura di sembrare elitario, snob o arrogante infarcendo questo suo capolavoro (ehm…) di citazioni letterarie e cinematografiche. Guardate bene, osservate tra le pieghe e riflettendo su ciò che si è visto: il referente principale sembra essere Fellini come annunciato ma non la sua Dolce vita di cui, certo, "La grande bellezza" condivide l'urgenza espressiva nel mostrare la mondanità disfatta della Roma bene; piuttosto cita "Roma" di Fellini per quei flash di romanità pura caciarona e di bellezza classica che fanno capolino tra la musica tunz tunz e la volgarità quotidiana.
Altra ispirazione citata più volte durante il film è Proust: nella Recherche il protagonista rifletteva sulla sua vita mondana piena di fronzoli, ipocrisia, in cui non aveva trovato ciò che stava cercando (I Guermantes, Sodoma e Gomorra) per poi, nel tempo ritrovato, decidere di scrivere un romanzo sulla sua esperienza e sulla sua ricerca, un libro che sarà appunto la Recherche. E Jep Gambardella/Paolo Sorrentino condividono la stessa ambizione riflessa in un'operazione di rara raffinatezza tematica, ovvero passare attraverso i gironi dell'inferno di una Roma con "trenini che non vanno da nessuna parte" per scavare e trovare gemme preziose nonostante la rozzezza che li circonda e che mostrano.
Vedete quindi come si parla di un film nato per essere un monumento postumo in vita, prima di nascere, e Sorrentino che è furbo lo sa bene. Che piaccia o venga detestato, ne parleremo per molto tempo ancora e difficilmente ce ne stancheremo.
Gambardella (un Servillo che è semplicemente divino) vive come i suoi conoscenti in un mondo disfatto e decadente, come una musica suonata nel vuoto. Vivono tra feste e chiacchierate spocchiose muovendosi e comportandosi come per inerzia, NON andando da nessuna parte, NON appagandosi, tra miti di un passato che lapidario non si decide di morire (il Martini, una gigantesca Serena Grandi che pare la pùttana matrona di "Roma" di Fellini).
Non è la pigrizia ad impedire a Jep di scrivere un altro romanzo dopo l'unico scritto in gioventù, "L'apparato umano", ma unicamente il suo essere stato fagocitato dalla vacuità che lo circonda. Adorato dal suo amico Romano (Verdone quasi irriconoscibile nella mediocrità che infonde al personaggio), che capisce prima di lui di non poter andare avanti cosi, di dover scappare via. Andrà via anche Ramona (Ferilli raramente cosi brava) mentre l'universo continua a muoversi sempre uguale a sé stesso attorno a Jep, scintillante e artificioso, mondanità di ruderi tra gli altri ruderi monumenti di Roma.
Sorrentino ha la capacità straordinaria di rendere il mondo della città un unicuum, esplora ogni anfratto come al microscopio e non sembrano esserci per gli spettatori zone d'ombra bensì solo spazi aperti al suo sguardo illimitato; apre le porte di palazzi principeschi e come Pratt con Corto Maltese ci porta in posti che forse solo i romani (veneziani) conoscono, in storie cristallizzate che di tanto in tanto possono frequentare quando sono stanchi di ciò che li circonda (Corte Sconta detta Arcana). I soffitti possono diventare onde azzurre e mari, un trucco come quello usato da Otto Marvuglia ne "La grande magia" di Eduardo De Filippo. Ma lì il trucco era una semplice ciarlataneria, qui le giraffe spariscono e anche se il trucco c'è… non sappiamo che fine hanno fatto.
Le piccole cose e brevi attimi in cui una certa purezza sembra risvegliarsi ci salveranno, il messaggio è semplice come i costumi di una suora in odore di santità.
Sorrentino getta via l'umiltà in un mare sconfinato di ambizione che alcuni ameranno, altri detesteranno. In un mondo cinematografico sempre più morto, l'umiltà è un peccato mortale, Sorrentino manna dal cielo.

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Ultima risposta 07/06/2013 20.04.36
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  28/05/2013 16:41:19
   6 / 10
Capolavoro artistico o insopportabile prova di narcisismo d'autore? Un film davvero difficile da giudicare, diciamo che se fosse americano sarebbe un poco il Cosmopolis della situazione. Ma non ho alcun problema a dire che nonostante un certo fascino decadente che emana, trovo che La grande bellezza sia un film non riuscito, a tratti irritante, artificioso, tedioso come una mazza di ferro che batte sui testicoli insomma il classico gatto che si morde la proverbiale coda. Fotografato splendidamente - cfr. la Roma sinistra e allucinata del film è di per sè indimenticabile - ma eccentrico campionario di metafore che dovrebbero essere profonde e sembrano un bignami dei più vuoti rotocalchi, ben diverso dal diventare - come vorrebbe - l'8 e mezzo del Duemila. Un film che si perde tra effimeri contrasti, ora risaputi ora blandamente intellettuali, come a certificare lo sfottò di una generazione di sopravvissuti di una fase culturale allo sbando (avvincente, in questo senso, anche se fuori contesto, il personaggio di Verdone) che già di per sè è anacronistico di suo, perchè è una realtà di cui sappiamo già tutto. Con una strizzata d'occhio alla crisi di Cinecittà e un'altra (vedi l'iniziale scena rave da guinness dei primati) a Che la festa cominci di Ammaniti, si avventura via via verso i concetti di vita, di morte, di nostalgia e rimpianto, echi Proustiani e girandole (ovviamente) Felliniane (piani-sequenza compresi) fino a deturpare il magma cattolico del manifesto "Fellini-Roma" e condurlo nelle spoglie dissacranti ed eretiche di un Bunuel. A volte un montaggio tanto eccentrico fa dubitare realmente sulle intenzioni dell'operazione, e i continui rimandi a una società di nullità retrive (anche queste destinate già, e il regista sembra non essersene accorto, alla rimozione del tempo) e una borghesia decaduta non aggiungono molto. E' vero che la critica di Sorrentino non è la tv, ma in realtà lo è: qui funziona l'emblema di una Grande Assente che imprevedibilmente è più presente che mai nell'aria.
Bene, anzi no. Servillo ottimo attore ma riproporlo come Icona filosofica di una società alla deriva diventa - con tutto il rispetto - deprimente. Verdone eccelso come al solìto - con reminescenze del Baggini-Tognazzi di Pietrangeli -ma con la fastidiosa sensazione di un cineasta che ha dovuto liberarlo dai suoi clichè - manovrina à la Pasolini vs Totò per certi versi.
E in questo scenario di Roma bruciata più dello stesso Nerone ci tocca pure ascoltare e vedere l'Antonello(ne) nazional-popolare, ossessione proprio di Verdone e di tanti aficionados del Lungotevere... E tra pantonime che vorrebbero illuminarci sulla coscienza (odioso davvero il monologo di Servillo per i funerali di un giovane suicida!) e fallimenti che sembrano così falsi, Sorrentino estrae dal cappello due momenti di grande cinema, quello del Lifting improvvisato come un salto nel vuoto e nel tempo di un girone Zavattiniano, e la mostra fotografica di un'uomo ritratto da cucciolo in ogni giorno della sua antica infanzia.
E la Roma di Sorrentino, come luogo ideale dove ritrovare il senso enorme di una cultura a tutti i costi, si prosta in tutto il film tanto incantevole nella sua presunzione, ma inaffidabile quanto basta per farsi largo come opera d'arte fine a se stessa. Massima stima e inequivocabile noia, per quel 6 politico che ammira l'impeccabile esibizione di tanto artistico, evanescente, Vuoto.

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ilgiusto  @  28/05/2013 10:19:55
   7 / 10
Tenterò di essere sintetico.
Mi è piaciuto ma non ritengo che sia un capolavoro perchè, soprattutto nell'ultima parte, Il film esonda, trabocca, esagera nel suo voler affrontare (sfiorare) a modo suo qualunque realtà. Secondo me Sorrentino si è fatto prendere dall'ambizione e l'opera gli è sfuggita di mano perdendo spontaneità.
Inoltre l'ho trovato un po' troppo 'piagnone' all'Italiana, non che sia un vero difetto ma l'atteggiamento passivo e perennemente rivolto al passato di Jep, per quanto affascinante, ritengo sia un modello superato.
Ad ogni modo il film è di qualità, i dialoghi sono schietti e interessanti, le situazioni pure e l'aggettivo che, a mio avviso, meglio lo qualifica è 'memorabile', nel senso che resta impresso e lascia un segno nello spettatore. Il che è assolutamente un punto a favore.
Buon film, anche colto, anche citazionista (indubbiamente Felliniano ma non sto a sprecarmi in paragoni già fatti o confronti inutili), che non consiglio a tutti indistintamente (molti poi mi odierebbero...) ma merita di essere visto. Però mi raccomando: "Non prendetelo troppo sul serio".

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Ultima risposta 30/05/2013 15.25.52
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The Legend  @  27/05/2013 23:41:18
   1 / 10
Paolo Sorrentino tradisce per la seconda volta i propri spettatori, sfornando dopo l'atroce This must be the place un altro mattone pesantissimo da digerire.

Dopo aver visto La Grande Bellezza mi sono sentito come se mi avessero dato un pugno nello stomaco, ma con una tale violenza da farmi perdere completamente i sensi. Lunghissimo e noiosissimo, i due (giusti) aggettivi con cui ho sentito un signore etichettare questo film ignobile ai bagni del Bicocca Village, qui a Milano.

E questa volta – ed è la prima – nemmeno la presenza di Toni Servillo riesce a nobilitare questo vergognoso ammasso di immagini senza senso, che ben si riassume nella scena cult che vede protagonisti, sdraiati sul letto, proprio Toni Servillo e la ancora belissima Sabrina Ferrilli :

- Ma lo vedi, il mare ?
- E dove lo dovrei vedere ?
- Su, sul soffitto…
- Ah sì, ora lo vedo.

Solo per questa scena il regista meriterebbe di essere internato a vita in qualche ospedale psichiatrico.

Ma ritirati, per favore. Fallo per te stesso e per chi, ancora, ti vuole bene.

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Ultima risposta 09/06/2013 14.28.15
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  27/05/2013 11:44:05
   9 / 10
"La grande bellezza" inizia con una citazione del capolavoro letterario di Céline: "Viaggio al termine della notte". E proprio come il romanzo seguiva i passi, i luoghi e gli incontri di Bardamu, finto protagonista di un'opera dove il vero protagonista era l'Uomo, anche Jep Gambardella, attraverso iperboli cinematografiche, ha a che fare con la decadenza dell'apparato umano.
Jep è il Virgilio che ci mostra gli inferi attraverso i suoi abitanti; egli non necessita di alcuna evoluzione psicologica, tantomeno di alcuna presa di coscienza verso una vita sprecata; egli, alla fine del suo viaggio (un viaggio senza capo né coda), non avrà fatto altro che renderci consapevoli di ciò che siamo, diversi ma tutti uguali al cospetto del fallimento e della morte. Ovviamente lungi da me paragonare il film ai due capolavori senza tempo sopracitati, parliamo di ambiti e ambizioni completamente differenti.

"La grande bellezza" dunque si avvicina più alla letteratura che al cinema, e così come nessuno aveva criticato Dante per non aver approfondito abbastanza i personaggi di Paolo e Francesca, del Farinata degli Umberti, di Pier della Vigna ecc ecc e così come nessuno aveva criticato Céline per la mancanza di una struttura narrativa nei suoi racconti, nessuno deve rompere i coioni a Sorrentino per la vacuità dei suoi personaggi e per una sceneggiatura non convenzionale. D'altronde il cinema è ricco di sfaccettature, dove quella più importante rimane sempre la descrizione delle emozioni. E in questo film vive di emozioni, ossimori in contrasto con il nichilismo e la grande bruttezza del contemporaneo.

Lo stile registico si confà perfettamente con i lustrini, gli abiti sgargianti, la lussuria e l'inutilità di cui si nutrono i protagonisti del film. E' un corpo plasmato ad arte su un mondo ricco di nulla e povero di tutto.

Ovviamente il film può pure fare schifo, d'altronde ognuno segue le proprie esigenze, ma ha comunque il merito di resuscitare utenti con una gran voglia di andare a vedere un film per spùttanarlo. Ed è anche questa la grandissima potenza del cinema, se no che gusto c'è?

Io ne sono rimasto rapito, proprio come Jep davanti alle foto di un uomo comune che ha voluto lasciare qualcosa aspettando la morte.

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Ultima risposta 01/06/2013 12.44.16
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Caio  @  27/05/2013 10:18:51
   10 / 10
La Grande Bellezza è la storia di un Imperatore di Roma, e del suo Impero in decadenza.
Roma, sublime teatro di una tragedia che si consuma ogni notte. Quella di una civiltà costretta a vivere sulle rovine del proprio Cimitero, un magnifico Tempio a ricordarci il fallimento della bellezza terrestre. Le spoglie immortali di un Impero caduto sono lì a testimoniare l'ineluttabilità di ogni cosa; ruderi e colonne del foro, destinate ormai a sorreggere il peso della volta celeste. Sgorghi a fiumi il vino, e non si fermino le danze sotto la luna per i patrizi di Roma. Che l'opulenza trionfi, dinanzi a tutta questa bellezza. Poco importa, che il sangue degli innocenti venga sacrificato in suo nome. La bellezza è un atto di mortificazione verso un Dio superbo e vanitoso, il grido di un'anima innocente violentata che riversa il suo tormento su una tela bianca. Creature esotiche, seducete il pubblico del Colosseo con il vostro piumaggio rosa, con la vostra mimesi del Creato. L'ultima concubina di Roma, serva del popolo, prende il suo posto tra gli esteti, e in un dolce sospiro muore. Sì, perché ci si può struggere fino a morire, dinanzi a tutta questa bellezza. Si può perdere sé stessi, cercando di afferrare l'inafferrabile. Perché ogni pietra di Roma tende al Divino, senza mai raggiungerlo davvero. E' un oppio Proustiano che rimanda ad un passato lontano che non ti appartiene davvero, eterno ma effimero come un soffio di vento. E' solo il Mistero delle cose, ricercabile nell'intimità delle proprie radici. E' il ricordo più bello, quello che nessun artista potrà mai scolpire nelle pietra, e nessun poeta potrà mai tradurre in versi. Quel vuoto incolmabile o colmo di compassione che si consuma nell'anima.

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Ultima risposta 31/05/2013 19.33.18
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ughetto  @  27/05/2013 08:32:40
   4 / 10
Contiene Molti Spoiler
-se non prendi sul serio Porust allora chi puoi prendere sul serio-
-sai perché mangio solo radici? perché la radici sono importanti-
-Flaubert voleva fare un romanzo sul nulla, se avesse fatto un libro su di te ci sarebbe riuscito-
-devo farti vedere una cosa...-
-La povertà non si racconta ma si vive-

Se prendi gli status di Facebook delle cinquanta persone più suggestionabili (per essere gentili) che conosci e le metti tutte insieme a caso, comunque non riusciresti ad ottenere una sceneggiatura di tale bruttezza e non senso.
Si naviga a vista nella banalità e nell'orrore, in questo pessimo film. Mi sono chiesto che cosa possa spingere un uomo fino a questo punto, ma la risposta -ahimè- credo di averla trovata: una smodata ambizione. La Nemesi giunge però crudele per il Moccia degli intellettuali. Bella la fotografia, belli i vestiti di lui. Un applauso anche alla giraffa digitale. Che acuta sottile e per niente scontata allegoria della contemporaneità.

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Ultima risposta 27/05/2013 22.06.03
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Niko.g  @  27/05/2013 00:31:19
   5 / 10
La grande tristezza.
Era questa l'aria che si respirava in sala, al termine della proiezione. Con l'impressione di essere stati beffati da un regista esperto di zoom, carrelli e dolly e molto meno di sceneggiature.
E' bene chiarire subito una cosa. Avete presente "La dolce vita" di Fellini? "Non esiste nessuna relazione tra i due film".
Bravo Sorrentino, era proprio ciò che stavo per dire.
Tra virtuosismi estetici vari e una discutibile fotografia da catalogo viaggi-vacanze, il regista (e purtroppo scrittore) si rifugia nelle rassicuranti citazioni letterarie che non possono riempire il vuoto lasciato da dialoghi scadenti.
I personaggi che vengono rappresentati, sono deformati o appena abbozzati e questo li rende lontani e inconsistenti (Ferilli, Verdone).
"La grande bellezza", oltre a mostrare cadute di stile (vedi la volgarissima presenza di marche di alcolici), è un film a cui manca la profondità dei contenuti e dei caratteri, la spontaneità dei dialoghi, il sussulto delle emozioni, la speranza che fa da contrappeso alla disperazione. Tutto viene appiattito dal nichilismo ora snob, ora apatico di Jep Gambardella, un uomo col futuro alle spalle.

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Ultima risposta 02/06/2013 19.55.29
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  26/05/2013 12:51:18
   9 / 10
Alcuni film nascono per il pubblico mentre altri no. Appartengono al secondo caso molti lavori di Fellini, Lynch, Malick e così è anche il caso de La Grande Bellezza di Sorrentino. Come per The Three of Life o 2001 non si può e non si deve cercare un filo logico a tutto, ma bisogna lasciarsi trasportare dallo spettacolo visivo che poi è il fulcro de la Grande Bellezza. Tutto meraviglioso? Personalmente ritengo di si, incluso il didietro della Ferilli.

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Ultima risposta 26/05/2013 12.52.56
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Tautotes  @  25/05/2013 20:55:06
   9 / 10
Siamo di fronte ad un prodotto cinematografico di notevole fattura. Un film che non lascia indifferenti, nel suo esplicitare la contraddizione devadente dei nostri tempi.

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Ultima risposta 25/05/2013 20.56.57
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  25/05/2013 12:28:55
   10 / 10
Riformulo continuamente, da ieri sera a questa parte, l'incipit di un qualsiasi commento su questo film. Che sia un commento tecnico, che sia immediato, non so davvero da che parte iniziare. Forse perché è lo stesso film a non iniziare, e a non finire mai. Forse nemmeno a svolgersi. Un non-film. Come non-uomini e non-donne sono le persone che abitano questa storia. Entriamo in case e palazzi, giriamo a fianco dei protagonisti, conosciamo milioni di volti, di espressioni, di facce che traspirano sfaccettature di espressioni ambigue e per la maggiore rassegnate, si ha l'impressione di essere entrati in un mondo troppo vero e troppo falso allo stesso tempo. Si potrebbe forse dire che Sorrentino voglia fare più che un film sul niente, un film sulla vita vera e reale. Quella che il cinema non potrà mai raffigurare. Quella che fuggiamo proprio nelle pile di romanzi, di relazioni che Jep si porta dietro e dentro. Siamo ripiombati in un Medioevo stanco e ossessivo, non creiamo nulla di valore, non siamo che spiriti senza spiritualità. I trenini sono danze macabre, il sorriso di Jep è il sorriso sarcastico della Morte, diffuso e mai estirpato a partire dalla Grande Peste del XIV secolo. La Morte ci mostra la vita di oggi nella città più immobile e senza tempo del mondo, la città in cui morire (come racconta un passante di "Roma", il documentario di Federico), la città in cui non passa mai la storia, e al contempo ci passa tutta. La morte si posa accanto a ogni persona, alcune le risparmia, altre sono addirittura più forti di lei, vivono al piano di sopra, latitano dalla morte, si vestono meglio, e mandano avanti il mondo nella sua ascesa all'immortalità. I bambini le stanno sotto, ma è la stessa cosa, le sfuggono perché per loro è "nessuno". La morte cammina incessantemente per le vie, osserva e colpisce. La morte non tocca che gli uomini. Gli animali, che come noi hanno un nome e si ritrovano a casa di Jep, migrano, se ne vanno, escono dallo spettro del sensibile, determinato unicamente dal fare parte della mondanità, dal fare parte di Roma. Alcuni animali spariscono nel nulla. Romano (Verdone) non muore, ma se ne va da Roma ed è come se morisse. La morte contempla navi ribaltate, artisti incomprensibili, la bellezza delle sculture lasciata in eredità alle epoche successive, che lei può osservare nel momento della loro non-esistenza, la notte, quando nessuno, i turisti e i romani, nessun altro può. Al tavolo della morte, nella sua casa, si ritrovano tutti, i più alti prelati, i puttanieri comuni, le sante che vivono di radici e povertà. La morte è la perdita, il tragitto instancabile della nostalgia (su di un traghetto, in un luogo naturale senza le vie ben segnalate con nomi di uomini e cose del mondo), la delusione del posto in cui viviamo e in cui abbiamo amato, è il ricordo del volto di una donna, è un diario irrecuperabile pieno di verità, è l'impossibilità di poter perdere tempo in futilità.
Spesso si racconta di un film ciò che abbiamo sentito, come eravamo quando siamo usciti dalla sala o quando abbiamo spento il film nel conforto della nostra casa, dei compagni che ne hanno condiviso la visione. Io so che vedere "La grande bellezza" è come aver letto una poesia, aver ascoltato un canto antico e struggente, aver parlato a lungo con un amico molto triste.

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Ultima risposta 02/06/2013 09.09.13
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albio1985  @  24/05/2013 23:26:49
   6 / 10
Un grande cast (Servillo su tutti) ed una Roma fotografata meravigliosamente non bastano. Sono depresso nel constatare che il successo di "Gomorra" ha gettato Sorrentino nella schiera dei registi del "Capolavoro ad ogni costo". Ritmo e sceneggiatura non convincenti anche se la sequenza finale è molto bella. Film sicuramente non per tutti

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Ultima risposta 25/05/2013 08.24.11
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  23/05/2013 17:04:01
   8 / 10
La grande bellezza è un film il cui incipit ti lascia senza fiato per lo stravolgente incanto, l'ingresso in scena del protagonista ti s'incolla al cervello e al cuore per mai più abbandonarli: ll'immensa espressività di Servillo non ha alcun limite.
Dunque un film che subito ti cattura completamente e ti spinge ad abbandonarti alle sequenze successive, ad assaporare con gli occhi e con le orecchie le visioni e le armonie sorrentiniane , che dall'inizio della carriera del regista, ne hanno segnato l'inconfondibile stile.
Roma più bella e più vera che mai, racchiusa tra la bellezza della sua Storia e della sua Arte e lo squallore di certa fauna umana, il cui habitat non è altro che quella mondanità grottesca già da anni denigrata nella rubrica "Cafonal" del blog di Dagostino : la fusione di raffinatezza e gusto becero scorre sotto i nostri occhi attraverso maschere, fantasmi del nulla.
Su scenari barocchi, borderline tra eleganza e Kitsch, sovrasta Jep Gambardella, magnifico personaggio delle notti romane, creatore e distruttore delle stesse, consapevole carnefice di quel mondo decadente di fine impero. Una maschera bifronte lo salva, comico e tragico si fondono, l'ironia lo guida verso la maturazione di una lucidità sempre più spietata, che lo rende desiderabile da tutti, come un saggio da consultare. Ma la propria consapevolezza, quando si ritrova solo, lo inabissa nei ricordi del passato, nei rimpianti camuffati da spietato cinismo, che però non riesce a sfuggire alla sensibilità propria del personaggio, all'accidia, causa del vuoto mediocre di cui si è circondato.
Lo sguardo di Sorrentino su Roma commuove, quell'alone crepuscolare la rende quasi irreale, un sogno surreale. Ma è uno sguardo che non si posa solo su Roma, lambisce l'etica in cui ciascuno di noi può ritrovarsi: le nostre brutture, le nostre sconfitte, soprattutto le nostre ipocrisie.
La grande bellezza è un film ambizioso e potente, non per questo perfetto. A mio parere non è il migliore del regista per certi "giri in tondo" della sceneggiatura che, a tratti, smorzano la forza del film. Tuttavia non si può fare a meno di assaporarselo ed è raro sentirsi così pienamente tronfi di suggestioni estetiche e nel contempo profondamente interiorizzati. Esperienza unica.


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Ultima risposta 11/06/2013 13.27.50
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  22/05/2013 16:48:55
   9 / 10
Credo che raramente mi sia capitato di vedere un film che vuole essere un capolavoro come questo.
No, perchè esistono film che possono esserlo, quelli che ci sperano, quelli seppur piccoli che lo diventano, quelli che, oggettivamente, lo sono.
La Grande Bellezza lo vuole essere, te lo dice ad ogni sequenza, ti guarda negli occhi e fa: "guardami, io sono un capolavoro, qui dentro c'è tutto, guardami quanto sono bello, intenso, profondo, affascinante, intelligente, spiritoso, monumentale, sottile e maestoso."
per farlo ci mette gli occhi, il sorriso e l'illegale bravura di Servillo, è lui è il Suo volto.
ma è il film che parla
e io l'ho guardato, l'ho fissato negli occhi e nelle labbra, mi ha fregato ancora una volta, ipnotizzato e gli ho risposto "Sì, sei un capolavoro"
poi, ripensandoci, qualcosina in quello che diceva non mi tornava ma la trance non è ancora passata
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
( non intendo parlare di Fellini, Mastroianni e dolci vite, lo faranno tutti)
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Sorrentino non fa movimenti di macchina, Sorrentino volteggia, accarezza, accelera, rallenta, plana, accompagna, si distanzia e si avvicina, insegue, sfiora.
Non ci sono movimenti di macchina, è un tutt'uno di armoniosa e indescrivibile bellezza.
Le bambine che corrono nel giardino, Jep che costeggia il lungotevere, quei cieli che diventano terra e quelle terre che diventano cielo, tutto si muove, noi ne restiamo cullati, come una montagna russa per una volta non violenta e paurosa ma lenta e rassicurante. Tutto diviene la grande bellezza, lo è quella vera, autentica, quella che Jep crede irraggiungibile perchè sepolta dal chiacchiericcio e dal rumore della vita, dall'imbarazzo dell'uomo a stare al mondo; lo è Roma, magnifica come non mai, una città che vive i suoi contrasti placida e in*****sa, che vede prostitute sotto il Colosseo o gente che si manda apigliasselanter**** vicino al Gianicolo; lo è il film stesso, questa meraviglia di immagini e parole in movimento.
Ed è in questa città tanto eterna e immobile quanto gaudente e lussuriosa che fa finta di vivere la fauna umana raccontata da Sorrentino, un crogiolo di volti, voci, movimenti, apparenze e inganni che va a letto quando il resto della gente si sveglia. E in questa fauna, in questa giungla, il Re Leone è Jep Gambardella, uno scrittore fallito che ha deciso di dedicare la propria vita al Nulla, ma un Nulla così pieno, così lucente e così denso da sembrar Tutto, da far apparire anche il più disperato degli uomini come il più potente.
Sono tanti gli uomini che vivono nel nulla consapevoli di farlo ma qualcuno nel nulla ci affoga, qualcuno dal nulla si fa ipnotizzare, qualcuno nel nulla ci si nasconde e qualcuno, come Jep, nel nulla ci nuota e sguazza.
Se non fosse per il monologo finale, una splendida e terribile disamina della condizione umana, sarebbe quasi da pensare che Jep in questa vita ci sguazzi non solo contento di farlo ma del tutto inconsapevole di come in realtà questa (non)vita sia miserevole.
Eppure Jep a una sua amica, in una delle innumerevoli serate tra amici, in quel sabato perenne di dolce vita, eppure Jep a una sua amica una volta ha mostrato tutto lo sporco sotto il coperchio d'oro dell'apparenza. La demolizione controllata che subisce la donna è terribile, pluff, tutto quello che hai costruito lo vedi ora caduto ai tuoi piedi, anzi, lo vedono gli altri ai tuoi piedi perchè te l'hai sempre saputo che era lì. Pluff.
Eppure Jep, un attimo dopo, lo dice a tutti gli altri, ragazzi, non raccontiamoci storie, diamoci solo affetto tra disperati perchè questo siamo.
Il primo tempo è qualcosa di immenso, una frammentarietà incredibile ma così carica di bellezza, crudeltà, poesia e ferocia da restare storditi.
Ne parlai per Tarantino. Anche Sorrentino (buffo no? uno di Taranto, l'altro di Sorrento) è un regista verticale, uno che sa assemblare scene e dialoghi come nessun'altro ma che quando deve dare orizzontalità al film, quando vuole raccontare una storia, ha dei limiti molto evidenti. Eppure se in Django i limiti non erano voluti -perchè là una storia c'era e in qualche modo la si voleva raccontare- qua quella del regista napoletano è una scelta consapevole. Se mischiassimo a caso le varie scene avremmo quasi lo stesso film.
Ma è proprio quando Sorrentino dà linearità e consequenzialità, quando si concentra soltanto su una sola vicenda, quella della Santa, che il film per una buona mezz'ora perde tantissimo, un errore madornale, un peccato mortale a mio modo di vedere.
Tre scene completamente sbagliate, quella del bacio, con, tra l'altro, quella specie di occhiolino della suora di clausura al mandingo, quella del matrimonio con quel Cardinale troppo pacchiano per essere vero, e quella della cena (non tutta però), prolissa e stanca nell'incedere. Il personaggio interpretato da Herlitzka è davvero fuori luogo, non credibile. Sorrentino cercava un contrasto con l'assoluta purezza di Fede della Santa ma il contrasto lo si poteva ottenere con meno grossolanità a mio parere.
Fuori da queste tre scene difficile trovare qualcosa di sbagliato: si resta scioccati peggio di un horror a vedere quella bimba che imbratta la tela col suo dolore e la sua ribellione, si resta incantati dal racconto, al momento non terminato, della prima volta di Jep (qui c'è un Servillo da panico), si resta disorientati e schifati dalle sequenze col guru chirurgo plastico o quella del funerale come palcoscenico di sè (anche se quelle lacrime, non previste e da evitare, rimane il dubbio non siano vere), ci si ferma il cuore a vedere quei fenicotteri volare via, simbolo di bellezza ma anche di libertà mentre la santa, quasi per contrasto, dice di mangiare radici perchè le Radici sono importanti.
Le musiche ora nazional-popolari ora liriche accompagnano una galleria d'immagini straordinaria.
Sorrentino rende sublime il trash, pulito e lucente il lordume, elegante il degrado.
E mette in tavola una carbonara piena di Roma, omaggia la città come pochi hanno fatto prima di lui, e non contento della sua ricetta mette ancora più pecorino romano, Verdone qua, la Ferilli di là, Venditti e una notizia di Totti qua e là, perchè Roma ha bisogno delle sue icone e niente più di loro può raccontare meglio Roma.
La Ferilli poi è magnifica, la figura più tragica di tutte, perchè lei la sua sofferenza non la nasconde, lei non mette un vestito moderno alla sua grezza e sboccata romanità, non mette perline davanti il suo cuore o se lo fa, gli occhi raccontano altro. Però, e qua purtroppo c'è un altro errore di Sorrentino, la sua morte arriva affrettata, una brevissima ellissi che non rende merito al personaggio.
Verdone è tutto in quell'unico suo spettacolo, in quel volto che per un secondo è terrorizzato che gli applausi non arrivino, poi arrivano, quelli che ha sempre aspettato. Ma forse questo momento sperato da sempre non è niente di che, ha atteso tanto tempo un attimo che non valeva quasi niente.
E, anche lui, con la schiena curva dal peso della sconfitta, se ne torna a casa.
Film ambizioso, pretenzioso, chissà quanti lo demoliranno.
E, forse, possono anche aver ragione.
Ma Sorrentino, per me, quella Grande Bellezza l'ha sfiorata, se non raggiunta.
Ed è uno dei pochi che può permettersi di mettere il mare nel soffitto e far credere anche a noi che sì, quel mare è là.

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Ultima risposta 13/06/2013 11.12.27
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Beatrix Kiddo  @  22/05/2013 10:03:17
   8½ / 10
Sorrentino è davvero grande.
Regista di una sensibilità e finezza esagerata, da non sottovalutare, una vera e propria boccata d'ossigeno malgrado l'abisso culturale in cui verte il cinema italiano in questo periodo. Prima soddisfazione dopo "This must be the place", pellicola da non perdere per gli amanti del regista partenopeo. Sono stata colpita sostanzialmente da tutto: la storia in cui il protagonista si impegna a descrivere con efferata intensità il "niente", la fotografia di grande, grandissimo impatto visivo, l'eccellente interpretazione di attori del calibro dell'ormai noto Toni Servillo, fino ad arrivare ai ruoli secondari tra cui spiccano particolarmente Ferilli e Verdone che a parer mio, hanno costruito parte dei loro personaggi attingendo dal proprio essere nella vita reale i caratteri fondamentali dei ruoli interpretati; la malinconia patologica di Carlo, la raffinata cafonaggine e tristezza di Sabrina.
Molti sarebbero gli argomenti da trattare, ma credo che questo non sia un film da descrivere bensì da sentire.

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Ultima risposta 22/05/2013 17.30.43
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