sicko regia di Michael Moore USA 2007
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sicko (2007)

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locandina del film SICKO

Titolo Originale: SICKO

RegiaMichael Moore

InterpretiMichael Moore

Durata: h 2.00
NazionalitàUSA 2007
Generedocumentario
Al cinema nell'Agosto 2007

•  Altri film di Michael Moore

Trama del film Sicko

Dopo Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11, Michael Moore riprova a scuotere l'opinione pubblica con un nuovo documentario-denuncia. L'obbiettivo di Moore stavolta è il sistema sanitario Americano e non solo.

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Voto Visitatori:   7,58 / 10 (114 voti)7,58Grafico
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Voti e commenti su Sicko, 114 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Mauro@Lanari  @  23/03/2020 17:24:57
   7½ / 10
https://www.youtube.com/watch?v=JsfvuBStZJY
Al netto dei noti difetti del documentarista Moore, in questo caso c'è la sorpresa sia d'un maggior equilibrio politico (l'attacco frontale alla falsa liberal Hillary Clinton), sia d'un'incredibile scarsa lungimiranza: 14 anni dopo (il film è del 2006), non è che gli yankees abbiano ripensato il modello socioeconomico della famigerata Scuola di Chicago, bensì è il resto dell'Occidente (soltanto?) che n'è stato contagiato. Il risultato è adesso sotto gl'occhi del mondo intero: il Covid-19 ha infettat'oltre 350mila persone e ne ha uccise quasi 16mila (https://www.worldometers.info/coronavirus/), ma fra i decèssi non si registra alcun vip, il quale fruisce di forme d'assistenza sanitaria (pure preventiva) inaccessibili a qualunque cittadino ordinario (Gregotti aveva 92 anni, Lucia Bosè 89, ecc.). Il danno e la beffa: i veri furbetti che rivolgono tale accusa agl'altri. Proprio oggi un quotidiano rinomatamente sinistrorso come MF ("Milano Finanza") ha pubblicato l'analisi di Gordon Lichfield, direttore dell'"MIT Technology Review": "Come al solito, il vero costo [della pandemia] sarà sostenuto dai più poveri e dai più deboli... come per tutti i cambiamenti, ci saranno alcuni che ci perderanno più degli altri, e saranno quelli che hanno già perso troppo. Il meglio che possiamo sperare è che la profondità di questa crisi costringa finalmente i Paesi e gli Stati Uniti in particolare, a porre rimedio alle palesi ingiustizie sociali che rendono così intensamente vulnerabili ampie fasce della loro popolazione" (https://www.milanofinanza.it/news/non-torneremo-piu-alla-normalita-ecco-come-sara-la-vita-dopo-la-pandemia-202003181729195935). Uah uah uah. Su YT era stata uppata un'intervista con toni ancor più aspri (e documentati). Ecco la fine che le hanno fatto fare: https://www.youtube.com/watch?v=G-Rlc8kTl6Q. Conclusione: quant'era illuso Totò con la sua "A' livella" (https://www.youtube.com/watch?v=kh-DtTmQb5E). Non c'è uguaglianza manco davanti alla morte.

Mauro Lanari

5 risposte al commento
Ultima risposta 07/07/2020 15.22.22
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rep01  @  12/11/2007 16:23:08
   2½ / 10
Il Policlinico degli Orrori

Quaggiù in pediatria una pausa sigaretta vale più di un bambino. Bisogna camminare fino in fondo al reparto per trovarne la prova. Si arriva davanti a una porta scorrevole con un citofono. Il cartello 'Terapia intensiva' rivela le sofferenze che il vetro smerigliato nasconde. Si sente il pianto dei piccoli pazienti. A volte piangono anche i genitori seduti su una panca di fronte. Ma il corridoio prosegue. Nove passi. Soltanto nove passi dalla porta scorrevole. E si finisce su un pavimento di mozziconi, cicche lasciate a metà, filtri consumati fino all'ultimo tiro di tabacco. Un corridoio è un corridoio. Non ha sbocchi all'aperto. Non ha finestre. Il fumo ristagna. Volteggia. Si affida alla corrente d'aria e lentamente torna indietro attirato dalla temperatura più calda nel reparto. L'odore di nicotina lo senti tra le stanze con i lettini a sbarre e i poster di Topolino, Biancaneve e la Carica dei 101. Lo annusi all'ingresso della grande camera sterile. Forse scivola fin là dentro ogni volta che la porta scorrevole si apre. Fumare in un ospedale con bimbi in pericolo di vita non solo è vietato: è da criminali. Ma in un mese, nessun trasgressore è mai stato rimproverato. Il perché lo si scopre fermandosi qualche ora ad osservare. Chi fuma sono quelli che dovrebbero far rispettare il divieto. Uomini o donne con il camice bianco. Oppure personale sanitario con il completo e la cuffia azzurri, o strumentisti con la mascherina e l'uniforme verde delle sale operatorie. Sanno che non si può e non si deve. Ma chissenefrega. Qualcuno l'ha dichiarato con un pennarello nero sul muro bianco: 'Stiamo in pausa... e si fuma'. E ha pure aggiunto quattro punti esclamativi.

È sorprendente lavorare un mese in ospedale. Questo poi non è un ospedale qualunque. È il Policlinico Umberto I di Roma, il più grande d'Italia, uno dei più grandi al mondo. L'ospedale modello dell'Università La Sapienza che con i suoi professori, assistenti, ricercatori, medici, infermieri, allievi è, o dovrebbe essere, l'eccellenza dello Stato. Invece è l'esempio di come la sanità pubblica si stia suicidando. Non solo per la sporcizia e la carenza di manutenzione grazie ad appalti che nessuno controlla. Ma anche per l'abitudine al degrado che sta inesorabilmente contagiando le persone. A cominciare dagli studenti, il futuro della medicina, costretti a formarsi in una realtà nella quale o ci si rassegna o si scappa.

Con la carenza cronica di personale, non occorre essere assunti per lavorare al Policlinico. Basta indossare una tuta blu e presentarsi vestito come un addetto alle manutenzioni. Oppure come un uomo delle pulizie. In tasca: un metro da falegname, una macchina fotografica digitale e una piccola telecamera nascosta per documentare l'inchiesta.Tutti i giorni, per un mese intero. Con turni dalle 8 alle 15 o dalle 14 alle 21. Nessuno si accorge di nulla, nessuno domanda nulla. Nel 2006 la giunta del governatore Piero Marrazzo chiede informazioni sull'organico a tutti gli ospedali del Lazio per il buco da 10 miliardi lasciato da Francesco Storace. E tra contratti a termine, precari usati oltre ogni limite, cooperative e imprese esterne, l'amministrazione dell'Umberto I deve confessare alla Regione di non conoscere il numero esatto dei dipendenti.

Provette aperte a tutti

L'elenco delle negligenze fotografate e filmate è impressionante. Dal 4 al 29 dicembre il laboratorio di Fisica sanitaria resta più volte incustodito con i frigo e gli armadi aperti nonostante la presenza di sostanze radioattive. Il deposito di colture batteriche e virali del Dipartimento di malattie infettive e tropicali non ha serratura: senza sorveglianza, il congelatore con le provette a rischio contagio è sempre accessibile a chiunque. Per tre giorni nessuno pulisce gli escrementi che la notte di Santo Stefano un cane randagio ha lasciato nel corridoio sfruttato per trasferire i pazienti da un reparto all'altro. Infermieri e portantini spesso fumano anche quando spingono gli infermi su lettighe e carrozzelle. Ogni volta che salgono o scendono dalla rianimazione o dal pronto soccorso o dalle sale operatorie, i ricoverati, anche quelli più gravi, nudi sotto le lenzuola, intubati o con l'ossigeno, seguono lo stesso percorso dell'immondizia. Finiscono così in mezzo ai sacchi neri e agli scatoloni gialli ammassati nel sotterraneo, o in coda ai carrelli della rimozione. E quando gli addetti lavano con getti d'acqua i depositi dei rifiuti, le ruote dei lettini si inzuppano di liquami e trascinano tutto lo sporco in reparto. Verrebbe da sorridere se si pensa che, per legge, perfino le mozzarelle di una pizzeria vanno tenute sempre lontane dalla spazzatura. Basterebbe forse cambiare orario. Almeno rimuovere i rifiuti la sera e non la mattina, quando l'ospedale è in piena attività. Ma questi corridoi sono terra di nessuno. E nessuno decide. La competenza di professori e direttori si ferma al proprio reparto. La maggior parte di loro non ha nemmeno il tempo di guardar fuori. Impegnati come sono a dividere le giornate tra Policlinico e cliniche private. Perché mai dovrebbero battersi per il datore di lavoro che dà loro sì prestigio, ma con il quale guadagnano meno? Dopo tutto, proprio queste condizioni favoriscono l'esodo dei pazienti verso la sanità privata, o no?

Così nessun nome che conta si accorge del disastro. Anche perché i nomi che contano a Roma di solito non si fanno curare al Policlinico. Silvio Berlusconi in persona l'ha dimostrato poche settimane fa volando negli Stati Uniti per un'aritmia cardiaca. Al Policlinico ci va la gente comune. Ed è quella che rischia di più. Ogni anno in Italia la mancanza di igiene in corsia provoca un'ecatombe: tra i 4.500 e i 7 mila morti per infezioni prese durante il ricovero. Per altri 21 mila decessi le infezioni ospedaliere sono una concausa. I pazienti italiani che si ammalano in ospedale oscillano tra i 450 mila e i 700 mila all'anno. E nel 30 per cento dei casi si tratta di contagi sicuramente evitabili. Sono stime molto variabili di anno in anno, raccolte dall'Istituto superiore di sanità. Le infezioni ospedaliere in Italia nel 2005 riguardavano il 6,7 per cento dei ricoveri. Percentuale in linea con la Francia, superiore alla Germania e inferiore a Svizzera e Regno Unito. In Lombardia nel 2000 erano state il 4,9 per cento. Ma, secondo una ricerca dell'Università La Sapienza e dell'azienda ospedaliera San Camillo di Roma, nel 1999 il Policlinico Umberto I aveva raggiunto il record: 15,2 per cento di infezioni sul totale dei ricoveri. Due volte e mezzo in più della media tra tutti gli ospedali romani. E nessuno ha osato calcolare quante morti abbia provocato tutto questo.

La porta incustodita

Il primo giorno di lavoro non si passa dall'ingresso principale. Da lì entrano pazienti e familiari. Un appalto da qualche milione di euro prevede la sorveglianza di guardie private, una sbarra per fermare le auto, un segnale rotondo rosso, bianco e nero con l'avvertimento 'alt-controllo'. Sembra un posto di frontiera talmente gli agenti sono meticolosi nel loro compito. Meglio fare il giro dell'isolato. Camminare fino all'incrocio tra viale Policlinico e viale Regina Elena. C'è una vecchia porta al numero 330 sotto la scritta in rilievo 'Ambulatorio'. Sembra chiusa. Invece da mattina a sera è soltanto accostata. Si apre scricchiolando su una scalinata. In cima, un corridoio buio. Poi un corridoio illuminato. A pochi passa dalla strada, senza nessun controllo, ci si ritrova tra i laboratori del Servizio di fisica sanitaria. Sulle porte blindate il simbolo internazionale giallo e nero del pericolo radioattivo con l'indicazione: 'Dipartimento malattie infettive - laboratorio ricerca - zona sorvegliata'. Per buona parte del pomeriggio però le porte sono aperte e nessuno sorveglia. Più volte è possibile entrare, girare nei laboratori, guardare nei frigoriferi, richiudere e uscire in strada. Senza mai essere visti. Come il 21 dicembre nel laboratorio di Batteriologia. E il 27 dicembre nel laboratorio di Radioimmunologia e in quello accanto. La porta blindata e il cancello di protezione sono spalancati. Le riprese con la telecamera richiedono una buona mezz'ora. Non passa nessuno. A saper rovistare, un ladro potrebbe andarsene con flaconi di sostanze usate per le ricerche. Come gli isotopi di iodio, la cui radioattività dura tra gli otto e i 60 giorni. Il lungo corridoio dei laboratori di Fisica sanitaria arriva a una porta tagliafuoco. Al di là il passaggio prosegue verso il centro del Policlinico. Sopra ci sono le camere del Dipartimento malattie infettive. È intitolato a Paolo Tesio, medico assistente morto a 29 anni il 20 gennaio 1911 per 'difterite contratta in reparto', spiega la lapide. Un po' quello che le norme di igiene oggi dovrebbero evitare. Ma qui sotto, anche se è il corridoio centrale dell'ospedale, due dipendenti hanno pensato di usare lo spazio come garage. I loro grossi scooter restano parcheggiati tutto il tempo del turno di lavoro. E quando ripartono, i due accendono il motore e affumicano il locale fino alla rampa che porta in cortile. Sarà per questo che un avviso della direzione del Policlinico vieta a medici e infermieri di passare di qui con i pazienti. Ma questa è anche la via più breve. Così, la mattina e buona parte del pomeriggio, il viavai di carrozzelle e lettighe è continuo. Da questo incrocio di corridoi si scopre presto la propensione di molti a fottersene delle norme di igiene. Anche se riguardano la salute delle persone che accudiscono. L'elenco delle infrazioni è lungo. Un caso tra i tanti ripreso dalla telecamera, la mattina del 29 dicembre: due infermieri portano un'anziana a uno degli ambulatori di Chirurgia e le fumano addosso per alcune centinaia di metri passando davanti ad almeno una decina di cartelli di divieto.

Nella stanza dei virus

Lo chiamano tunnel anche se non tutto questo corridoio è sotterraneo. I muri sono scrostati dall'umidità. In mezzo scritte e graffiti, qualcuno poco incline al giuramento di Ippocrate invita a 'gasare gli handicappati'. È qui che la mattina del 27 dicembre il pavimento è ricoperto da due grossi escrementi, sembra di cane. Il pomeriggio del 29, ultimo giorno dell'inchiesta, sono ancora lì nonostante il passaggio quotidiano di decine di persone tra medici, infermieri e pazienti. Nessuno segnala o tanto meno protesta con l'impresa di pulizie. I frigoriferi con le colture di virus e batteri sono più o meno a metà del corridoio successivo, oltre l'indicazione 'malattie tropicali'. Sulla porta del deposito l'insegna internazionale avverte chi entra del 'rischio biologico - pericolo di infezione'. Ma la serratura della porta è scassinata. Dentro, tra i congelatori, quello a 80 gradi sotto zero non è mai chiuso a chiave. Gli altri a volte sì, a volte no. Una sigla identifica ogni provetta. Ce ne sono migliaia. Potrebbero contenere colture di Stafilococco aureo o di Pseudomonas aeruginosa, i ceppi batterici resistenti agli antibiotici e responsabili di metà delle infezioni ospedaliere. Oppure campioni di germi di malattie infettive e tropicali studiate dal Dipartimento. Anche qui, soprattutto di pomeriggio, qualunque malintenzionato potrebbe venire a rubare provette senza essere fermato. La visita a questi congelatori è un appuntamento quotidiano per tutto il mese di lavoro al Policlinico. Un giorno una foto. Un altro giorno una ripresa con la telecamera. Mai un controllo. Tra i pochi infermieri di passaggio, mai nessuno ha avuto l'idea di chiedere chi fossi.

Fuori dal locale frigoriferi, a destra, davanti agli ambulatori del Dipartimento di malattie tropicali, un esempio di come non andrebbero fatte le pulizie in un ospedale. L'addetto, terminato il turno, ha abbandonato il carrello con il sacco mezzo pieno di sporcizia. La scopa non tocca l'acqua da almeno qualche settimana. È ricoperta da uno strato di lanugine, peli, capelli e incrostazioni di polvere. Gli stracci sono stati lasciati a bagno in un liquame nero. E sul pavimento, in un angolo poco visibile, è rimasta una sventagliata di mozziconi di sigaretta. Non è l'episodio di una volta. È così tutti i giorni. Eppure, secondo banalissime ricerche nel Regno Unito, proprio la mancata pulizia dei pavimenti e degli attrezzi per le pulizie è la concausa principale della diffusione di infezioni ospedaliere.

Barelle tra i rifiuti

Sotto i reparti centrali del grande ospedale universitario l'igiene peggiora. Dal soffitto gocciola un vecchio tubo caldo e corroso. I tecnici della manutenzione l'hanno ovviamente riparato. Ma non hanno sostituito la sezione rotta. Il sistema scelto è molto più creativo. Una canalina lunga una ventina di metri raccoglie l'acqua tiepida e attraverso un'apertura nel muro la porta in cortile sopra un tombino. A valutare dalla quantità di muschio e di cicche di sigarette, il ruscello termale è lì da mesi. Certo, la direzione tecnica del Policlinico non poteva pretendere di più. In fondo questa è l'università di medicina, non di ingegneria idraulica. Per verificare la sensibilità del personale sanitario al rischio di infezioni ospedaliere, basta seguire un infermiere o un portantino mentre spinge una lettiga con qualche malato grave. Tra i più recenti, un caso del 20 dicembre, alle sette di sera. Un dipendente in divisa bianca deve riportare una donna in uno dei padiglioni di Chirurgia. Lei è coperta da un lenzuolo e da una spalla appare un catetere infilato nella vena succlavia. L'uomo, invece di accompagnarla direttamente in reparto, le fa fare un lungo giro fino a uno dei depositi dell'immondizia con sbalzi di temperatura che, secondo un approssimativo termometro tascabile, passano dai 23 ai 15 gradi in poche decine di metri. Lui va lì perché deve buttare un sacco pieno di flaconi da flebo vuoti. Non si preoccupa che, in questo modo, non solo la paziente respira aria infetta, ma sia le ruote della lettiga sia i suoi zoccoli si impregnano del liquame che ricopre il pavimento. I pericoli di contagio per la sporcizia sotto le suole non sono per niente considerati. Il pomeriggio del 27 dicembre quattro tra infermieri e strumentisti della rianimazione portano in Radiologia un paziente con barella, cateteri e bombola d'ossigeno. Nel lungo percorso sotterraneo passano davanti a due depositi di rifiuti e a un filare di sacchi neri addossati a un muro. Il pavimento è lurido. Mezz'ora dopo riaccompagnano il malato nel reparto di Terapia intensiva. E due di loro si appartano per fumare una sigaretta. Attenti ai divieti, non lo fanno in corridoio. Si nascondo in un locale abbandonato trasformato in discarica abusiva, dietro un deposito di rifiuti ospedalieri. La discarica è tra il laboratorio di Medicina iperbarica e il 'nuovo complesso operatorio della seconda clinica chirurgica', di fronte al corridoio che dovrebbe rimanere sempre pulito perché porta all'ascensore della rianimazione. Lì dentro ci sono scatoloni di rifiuti ospedalieri rotti, macerie, rottami, immondizia che qualcuno avrebbe dovuto portare altrove. La possibilità di incendio per le cicche di sigaretta è soltanto il più remoto dei mali. Per entrare e uscire dal nascondiglio, i due strumentisti mettono gli zoccoli da reparto dentro il liquido viscido che ricopre il pavimento e sta macerando la pila di scatoloni gialli con la scritta 'Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo'. Spenta la sigaretta, tornano in rianimazione passando accanto ai bancali di legno abbandonati di fronte all'ascensore. E all'ingresso del reparto asettico, non c'è nemmeno il tappeto di carta adesiva per trattenere lo sporco più grossolano.

L'incrocio delle infezioni

Proprio qui la mattina i percorsi di immondizia e pazienti gravi si intrecciano pericolosamente. A momenti, il corridoio è una lunga coda di lettighe, carrozzine, muletti elettrici, lampeggianti gialli, sacchi neri e dottori che prendono la rincorsa per non sporcarsi i mocassini dentro i rivoli di acqua sporca. A pranzo e a cena al traffico si aggiungono i carrelli con i vassoi di plastica e i pasti preriscaldati che troppo spesso arrivano nelle stanze freddi. Scene così fanno dimenticare i successi nella ricerca conquistati dall'università e le fatiche quotidiane di tutto il personale, sanitario e non.

A pochi metri dalla targa che indica il 'nuovo complesso operatorio della seconda clinica chirurgica', un altro cartello sulla parete è perentorio e lapalissiano davanti all'ingresso di un blocco operatorio. 'È assolutamente vietato', dice, 'lasciare abbandonati rifiuti urbani o assimilabili (vedi sacchi neri e cartoni) in questo spazio'. Provate a indovinare com'è andata durante tutto il mese: nei giorni migliori i sacchi abbandonati proprio sotto il cartello sono uno o due. In altri, anche quattro. Per non contare assi e pezzi di legno. Stesse scene davanti agli ambulatori di Geriatria, dove una porta tagliafuoco nasconde un'altra discarica abusiva con macerie, immondizia e una carrozzella arrugginita.

Alle 17,49 del 21dicembre due infermiere fumano nella rampa di scale sotto l'astanteria del Pronto soccorso. Tentiamo di far osservare il divieto in ospedale, filmandole con la telecamera nascosta: "Non si potrebbe fumare qua sotto". Loro rispondono candide: "Eh lo sappiamo, ma son le sei". E continuano ad ammorbare l'aria fino all'ultimo millimetro di tabacco.

Cartelle cliniche nei corridoi

La sera tardi capita di parlare con qualche clochard al riparo dal freddo nelle sale d'attesa deserte. Tre quelli incontrati in un mese. Uno dorme nella palazzina dell'amministrazione. Il secondo cambia spesso luogo per non essere sorpreso. Il terzo si ripara in uno sgabuzzino sotto uno dei padiglioni di Medicina. Le luci restano sempre accese e i locali accessibili anche nei settori non più utilizzati. Come davanti all'ambulatorio di Plasmaferesi terapeutica. Il trasloco, appaltato alla solita ditta esterna, l'hanno fatto talmente in fretta che si sono dimenticati in corridoio qualche migliaio di cartelle cliniche. Arrivano fino al 2002. Ci sono radiografie, ecografie, esami del sangue. Basta andare lì e spulciare. Nomi, cognomi, indirizzi, diagnosi, anamnesi. Si può sapere tutto sulla salute e le abitudini di vita di migliaia di cittadini. L'archivio delle cartelle è incustodito anche negli ambulatori di Clinica oculistica. Non ci sono armadi chiusi a chiave. Le buste con gli esami arrivano fino al 2006 e sono infilate in scatoloni riciclati dalle forniture per l'ospedale. Per consultarle o rubarle, basta aspettare che i medici e gli infermieri finiscano il turno di visite.

Secondo i contratti a disposizione delle organizzazioni sindacali, l'appalto con la società esterna Pultra sas prevede che i quattro piani di Oculistica siano puliti da due persone. Dal 6 novembre, però, uno dei due addetti è in malattia. E nelle stesse ore la collega deve garantire il doppio del lavoro. Tutto a mano. Niente aspirapolvere. Niente macchine. Perché per guadagnare di più le imprese assumono al livello più basso di stipendio e per usare una lucidatrice industriale uno dev'essere promosso almeno operaio specializzato. Il risultato, in questo e in altri reparti, sono scope e stracci che fanno chilometri ogni giorno. Senza mai essere cambiati o lavati tra una stanza e l'altra o tra un ambulatorio e l'altro. In un mese di lavoro non c'è mai stato tempo per spolverare scrivanie, strumenti, scaffali, porte, termosifoni, piastrelle, davanzali. E spesso nemmeno per lavare il pavimento. La sera del 21 dicembre l'addetta alle pulizie ignara di avere di fronte un finto collega trasmette le indicazioni di un caposquadra. La domanda è: "Ce la facciamo a lavare tutto il pavimento prima di finire?". Lei risponde: "No, soltanto per spazzare. Io faccio in bagno". E qui non laviamo? "No, no". Una passata con una scopa piuttosto sporca che ha già fatto il giro di tutti i piani. Soltanto questo per tre sale d'attesa, tre ambulatori e la segreteria aperti tutto il giorno a centinaia di pazienti. Un tocco al battiscopa fa cadere un pezzo di intonaco fradicio di umidità. L'addetta alle pulizie ripete le indicazioni del caposquadra: "Se non è tanto sporco, non si lava sempre". Poi si accorge dell'intonaco caduto: "Mo' lì c'è da lavare perché hai levato la polvere". "Facciamo tutti i pavimenti?". "No, no, va be', tutti no. Ma lì quelle macchiette è meglio che le levi. Poi dev'essere tutto in ordine", dice segnalando le sedie nell'ambulatorio, "per far vedere..., hai capito?". Da sola da due mesi non può fare di più. Anche se il Policlinico ha pagato il servizio di pulizie per avere qui due addetti. Un appalto che nel 2005 è costato 8 milioni 687 mila 681 euro.

La montagna dei mozziconi

Eppure il reparto di Oculistica meriterebbe più attenzione. Perché gli occhi sono tra gli organi più esposti alle infezioni ospedaliere. Nel 1998 alcuni pazienti del Policlinico perdono la vista dopo una semplice operazione di cataratta. L'estate del '99 un contagio forse da pseudomonas in una sala parto, in una sala travaglio e nell'unità neonatale provoca 15 casi di enterite necrotizzante tra i neonati. La perizia, ordinata dalla Procura, denuncerà le condizioni che "non garantivano una adeguata igiene": come l'esistenza di "polvere massiva e non rimossa da tempo, pareti imbrattate, pedane sporche, presenza di ruggine e polvere nelle bocchette di areazione". È il 29 dicembre, ultimo giorno di lavoro al Policlinico. Qualcuno finalmente ha scopato le decine di mozziconi fumati e gettati a ridosso della terapia intensiva di Pediatria. Ma non li ha portati via: li ha semplicemente spinti verso l'angolo del muro insieme con un pacchetto vuoto di Marlboro, cartacce, polvere, un pezzo di legno. Stasera la sala d'attesa del Pronto soccorso è piena di gente, come sempre. Sono costretti ad aspettare i ritmi della sanità pubblica. E ad avere fiducia. Non si chiamano Silvio Berlusconi e nessuno di loro può permettersi un ricovero negli Stati Uniti.

Fabrizio Gatti
(05 gennaio 2007)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Policlinico-degli-orrori/1468187&ref=hpstr1

Provaci ancora, tovarisch Moore.

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Ultima risposta 16/06/2008 09.42.38
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mrkmaiden  @  07/10/2007 20:05:22
   10 / 10
Grande Michael!
Fagli il cxxo come sempre!

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Ultima risposta 08/10/2007 19.41.38
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frangipani79  @  23/09/2007 04:28:25
   1 / 10
E' stupefacente come nessuno sia riuscito a cpaire in tutti questi anni che dietro i documentari, ben costruiti, così ben costruiti da sembrare veri, ci sia una faziosità spudorata, l'equivalente del Papa che gira un film su Gesù. Moore odia George W. Bush e (apparentemente per non farsi troppo riconoscere) tutta l'America, cosa tutt'altro che vera, perchè non avremmo avuto nessuno dei suoi film, nemmeno questo, senza l'elezione di Bush nel 2000.

E' già stato detto tutto prima di me tra i commenti. Moore non racconta fatti, li aggiusta per farli sembrare realistici, purchè collimino con i suoi (pseudo)ideali, che a sua volta sono viziati dall'odio nutrito per la politica di Bush.

Vergognoso il suo ridurre a GB e Francia l'intera Europa. Solo da questo si può capire che visione globale abbia Moore del mondo al di fuori di Stati Uniti e Canada.

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Ultima risposta 17/10/2007 00.10.45
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shiatsuka  @  12/09/2007 10:59:05
   8 / 10
Ottimo film stile Moore. Lo spaccato che si da del "paese dei sogni" fa riflettere tanto. Vivere e morire diventa solo una questione di ricchezza, purtroppo. Peccato manchi il riferimento all'Italia.

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Ultima risposta 11/10/2007 19.43.21
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Exodus  @  09/09/2007 20:41:48
   5 / 10
Per quanto possa essere valido a livello visivo e tecnico, non me la sento di promuovere un documentario fazioso ed inutilmente enfatico; che la sanità americana sia organizzata secondo un sistema quasi criminale è risaputo, ma non credo che il modo giusto per denunciarlo sia presentare l'America come l'inferno e resto-del-mondo come il paradiso.

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Ultima risposta 11/10/2007 19.45.29
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Simmetria84  @  07/09/2007 04:22:49
   6 / 10
non male potrebbe essere migliore...
parlare di una tematica cosi complessa con una certa semplicità non è affatto facile, soprattutto se da dietro c è l'intenzione di affossare personalità politiche ( e lo fa anche arrangiando cifre un pò dubbie)
Avrei preferito un faccia a faccia tra le diverse realtà meno unidirezionale

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Ultima risposta 07/09/2007 11.01.51
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ulrm  @  02/09/2007 11:32:13
   5 / 10
Mediocre...

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Ultima risposta 11/10/2007 19.47.56
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la mia opinione  @  02/09/2007 00:25:52
   6½ / 10
obiettivo con una b

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Ultima risposta 02/09/2007 08.07.06
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misachan  @  01/09/2007 22:12:43
   10 / 10
Finalmente vedo il cinema avvolto da un significato diverso dal solito... già solo per questo meriterebbe voto pieno.
Sbaglia chi lo definisce un film di propaganda, non è certo un film anti-americano questo. E' anzi l'opera di una persona che ama il proprio paese e vuole cambiar le cose che proprio non vanno... e credetemi, sapevo tante cose sul sistema sanitario statunitense... ma mi sono accorta che erano bazzecole in confronto a quando il film testimonia°°
E' un film rivolto agli americani, senza dubbio... ma vivamente consigliato a tutti.
Sì un po' di esagerazioni ci sono, ma... credo siano pienamente passabili visti i risultati che vorrebbe raggiungere.
La domanda però sorge spontanea... ma davvero questo film viene trasmesso in America? XD Stiamo parlando di una pellicola pericolosa°°'
Pochi registi hanno rischiato tanto per un intento così grosso... anche se non avrei da giustificare il mio voto.

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Ultima risposta 02/09/2007 21.54.17
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Thunder86  @  01/09/2007 02:04:25
   1 / 10
ma non si parlava di film qui??

questo non è un film, è un atto di denuncia, per altro da parte di una persona altamente di parte, irragionevole e poco obiettiva, quindi inutile perchè non credibile. punto, non vale la pena sprecarci del tempo, chi la pensa come lui ed ha le stesse idee di base che trascorra qualche decina di minuti di goduria nel riempirsi le orecchie di chiacchiere

questo almeno non lo trasmetteranno agli alunni delle scuole, come fu per F 9/11 (vergogna)

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Ultima risposta 08/09/2007 03.12.25
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Caio  @  30/08/2007 22:37:42
   7 / 10
Michael Moore deve sempre travalicare il confine dell'obiettività, manipolando le immagini e le parole a favore delle sue tesi. Ma è sempre interessante e shoccante assistere alle sue rivelazioni

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Ultima risposta 01/09/2007 02.06.55
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benzo24  @  30/08/2007 19:31:43
   1 / 10
che scandalo, però niente di nuovo. everybody knows cantava leonard cohen...forse moore che ama così tanto il canada (ama tutti trane gli usa), l'autore candadese non lo conosce? le assicurazioni fanno i loro interessi, come succede in tutto il mondo, quella delle assicurazioni mediche negli usa è una truffa legalizata, non c'è dubbio però anche moore fa i suoi di interessi e comunque certi prodotti con il cinema non hanno niente a che fare, e poi il suo modo di raccontare, oltre tecnicamente basso (per capirci siamo tipo i servizi di striscia la notizia) è troppo fazioso e ruffiano. In ogni caso il vero scandalo è che questo film al cinema toglie visibilità a veri film come hot fuzz per esempio e solo per questo andrebbe stigmatizzato. comunque io amo il cinema, e questo non lo è.

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Ultima risposta 16/09/2007 23.01.38
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Betelgeuse  @  29/08/2007 15:35:01
   7½ / 10
Un grande film di denuncia:
cosa succede quando un sistema sanitario nazionale
finisce nelle mani delle compagnie di assicurazioni.

Bello: straziante e a tratti stupefacente.

L'unica pecca è l'eccessiva lunghezza che lo rende pesante, in alcuni punti.

La morbosità di Moore nel ritrarre gente afflitta in lacrime può dar fastidio,
ma serve a rendere l'idea!

(Comunque adesso guardatevi il NOSTRO "Sicko": la puntata di Report sulla sanità nazionale - strutture fatiscenti, nepotismo dilagante sono solo alcune delle patologie... -.- )

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Ultima risposta 01/09/2007 12.05.53
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giumig  @  27/08/2007 11:30:11
   8½ / 10
Vedendo questo film ho provato vero sdegno per la condizione (poco risaputa a noi europei, almeno in questi termini) della sanità americana e della società in genere, frutto di un capitalismo esasperato e della divinazione del Dio denaro. Ho provato sdegno per come l'americano medio venga spinto verso l'ignoranza e la mediocrità, annulandolo come persona e come soggetto pensante (emplematico il fatto che in america non esistono, praticamente, i cortei di protesta...). Bellissimi alcuni punti, come il viaggio in cuba, forse un po retorica ma di sicura forza. Insomma un documentario bellissimo, pensato per gli americani ma importante anche per noi europei, tant'è che non mi sono mai sentito cosi fiero di essere italiano, almeno per una volta!

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Ultima risposta 28/08/2007 09.42.43
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jess  @  26/08/2007 10:47:11
   7½ / 10
Bellissimo film della saità.Un Documentario mai visto prima.
CONSIGLIATO

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Ultima risposta 29/12/2008 02.55.11
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Ghigo73  @  24/08/2007 23:18:08
   9 / 10
Film denuncia bello che fa' riflettere molto , come tutti i film di Moore.
Azz... meno male che non stiamo in America ragazzi......

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Ultima risposta 01/09/2007 16.23.22
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