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Tango è un corto particolarissimo nel suo genere, colpisce in maniera forte. Rappresenta con una grande pantomima la sintesi della vita umana: che si traduce in un ripetersi periodico di azioni abitudinarie, ripetute all'infinito, da persone che occupano la stessa stanza e che si muovono simultaneamente come obbedissero a qualche burattinaio invisibile che li muove in modo sincrono, al ritmo cadenzato di un tango. Siamo come le formiche in questo corto. Le formiche sembrano muoversi singolarmente, ma allo stesso tempo anche in ossequio a qualche schema collettivo la cui natura non è dimostrabile ma è sicuramente ipotizzabile, considerando che il movimento di ognuna di esse – pur essendo di per sé insignificante e apparentemente disordinato – si concretizza nella realizzazione di uno scopo unico – che va oltre quello della singola formica, perchè ha a che fare con la sopravvivenza dell'intero microcosmo. Le persone del corto si muovono tutte insieme nella stanza, uscendo e rientrando e compiendo ciascuno un'azione differente, eppure non si scontrano, ogni azione non disturba l'altra, l'occupazione di uno spazio di una persona non lo toglie all'altra, anzi, persino quando la situazione sembra più intricata – con addirittura una ventina di personaggi diversi che occupano la stanza contemporaneamente – nemmeno si sfiorano. Ma, se da una parte ciò è positivo, dall'altra forse no, perché, pur non disturbandosi l'un l'altra, queste persone si ignorano totalmente. Il che rappresenta abbastanza bene la vita di tutti i giorni, ognuno fa le sue cose ed ha le sue abitudini, che si incastrano come un puzzle, talmente ripetitivo da arrivare ad essere abituale..e quindi praticamente ignorabile. Ignorabile, forse, ma non per questo privo di emozioni e sentimenti. Quelle stesse emozioni e sensazioni che percepiamo non tanto nelle azioni che essi compiono, ma più che altro nel fatto stesso che le compiano e che, pur essendo noiosamente ripetitive, continuino a farlo, mossi da una ragione, da uno scopo che è molto più elevato delle semplici azioni attraverso le quali esso si materializza. E c'è anche qualcos'altro: il corto assurge ad una metafora del corso della vita. Parte tutto da un pallone che entra dalla finestra, un bambino scavalca per recuperarlo, una mamma porta il suo bimbo nella culla…ogni personaggio che entra in scena stuzzica la curiosità, chi sarà il prossimo? Una curiosità che è simile a quella che provano i giovani; ma più i personaggi entrano in scena, più tutto si fa caotico, proprio come nella vita di una persona di mezz'età, nel momento in cui ti accorgi che le preoccupazioni ed i pensieri attuali superano, in numero, le curiosità - ed i sogni - che ti sono rimasti. Ma un giorno, finalmente, la mente si libererà di tutti i pensieri, esattamente come i personaggi che, ad uno ad uno, lasciano la stanza. Rimarrà una sola persona, che, ormai vecchia, potrà godersi una pace momentanea, prima di uscire di scena. Portando via quel pallone entrato dalla finestra ed abbandonato da qualche ragazzo. Lasciando, prima di andarsene, tutto in ordine. Non trovo questo corto pessimista, non lo trovo nemmeno ottimista…direi che è molto sincero e dolce, nel rappresentare la semplicissima meravigliosità della condizione umana.
La memoria sgombra di un bambino, da fuori, poi… il caso di una palla che finisce dentro una stanza, la miseria di una sola stanza, l'aprirsi e richiudersi ai fianchi delle porte; una finestra, sempre di fronte, senza panorama. Poi… l'affollarsi della memoria, il ripetersi degli eventi, il sistemarsi prima di uscire, gli attimi in cui si rincasa, il preparare una colazione, il consumarsi di un'altra cena, le cose riposte, vite che s'incrociano senza interagire pienamente, contemporaneità che non coincidono, selva di lancette in una stessa ora, caotiche, regolate, sincroniche, tra un via vai di semafori, tra onde verdi e rossori improvvisi; i mestieri, i figli, la gente, il marito, la spesa, lo sport, le piccole riparazioni, gli imprevisti, gli amori rapidissimi… Poi… La memoria che si sgombra, una vecchia coricata sola, e quella palla - chi l'ebbe lanciata? - ignota in mezzo alla camera nota; una sfera spoglia, il tempo ripetitivo del tango scaduto, i danzatori svaniti; Chi? Nessuno, il silenzio, la porta di uscita.