the embryo hunts in secret regia di Koji Wakamatsu Giappone 1966
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the embryo hunts in secret (1966)

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locandina del film THE EMBRYO HUNTS IN SECRET

Titolo Originale: TAIJI GA MITSURYOSURU TOKI

RegiaKoji Wakamatsu

Interpreti: -

Durata: h 1.12
NazionalitàGiappone 1966
Generehorror
Al cinema nel Febbraio 1966

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Trama del film The embryo hunts in secret

Una coppia sale in un appartamento per fare sesso. Ma lui, non contento, lega la donna e la frusta a sangue. E' l'inizio di un incubo...

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Voto Visitatori:   7,26 / 10 (17 voti)7,26Grafico
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Voti e commenti su The embryo hunts in secret, 17 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Weltanschauung  @  22/05/2012 20:20:10
   8 / 10
*Presenza di Spoiler

"Perisca il giorno in cui nacqui! Perché non sono morto nell'utero? Perché non sono spirato appena uscito dal grembo?" Libro di Giobbe - La Sacra Bibbia

1965, il regista Koji Wakamatsu presenta al Festival di Berlino "Il segreto dentro il muro", divenendo un vero e proprio caso in Giappone. "Vergogna Nazionale" fu l'epiteto più diffuso in quegli anni per definire il filmmaker.
2010, Wakamatsu ha diretto più di cento opere tra film e documentari. Stimatissimo in tutto il mondo è divenuto primo punto di riferimento per i più geniali registi orientali odierni (e non solo), da Takashi Miike a Tsukamoto, fino a Kitano.
Perché allora così tanta ostinazione verso costui in principio?
Fondamentalmente perché egli faceva le stesse battaglie che qui in Italia combatteva Carmelo Bene, ovvero si opponeva alle sovvenzioni all'arte da parte del ministero della cultura statale, poiché così facendo ci si assoggetta implicitamente al potere vigente non riuscendo in alcun modo a creare un cinema davvero libero, di stampo personale e indipendente.
Oggi Wakamatsu lavora nel comitato organizzativo del PIA Film Festival di Tokyo, un ente fondamentale per il cinema indipendente giapponese. La sua arte nasce come cinema d'avanguardia, esplorato come veicolo per scaricare pulsioni liberatorie che vanno aldilà del sociale.
Ciò che in quegli anni egli girava nel suo paese era molto distante da ciò che, nello stesso ambito, veniva sperimentato in America, ove dominava più che altro la violenza visiva.

"The embryo hunts in secret", girato interamente in bianco e nero è, in ordine cronologico, la sua quinta opera.
Accade tutto in una stanza: un uomo vi rinchiude una donna, che somiglia alla madre defunta, ed inizia a seviziarla trascinandola lentamente in una spirale di morbosità.
Sequenze sadiche e spietate si susseguono su schermo, sino a che l'uomo viene colpito a morte con un pugnale ed ucciso.
Seppur il racconto dello svolgimento della storia può risultar ordinario, è molto difficile analizzare la complessità di un'opera simile.

Innanzitutto vi è da far notare come, nonostante l'unica location, il film non cada nel solito banale sviluppo standard teatrale, ed abbia invece un decorso intricato, colmo di flashback e spunti allegorici.

L'essenza del film è portata in risalto dai cupi discorsi del protagonista Marukido. In lui vi è un intensissima fisima sessuale che è compiutamente in simbiosi con l'orrore per l'atto della procreazione, visto come catastrofe esistenziale.

"Tutti fanno e allevano figli, ma io non voglio. Per questo mi sono fatto operare, per non avere figli. Il tepore del ventre materno è una vera beatitudine, il paradiso. Ma non c'è solo quello, sarebbe bello che finisse tutto lì. Quando il bambino nasce, passa dal ventre della madre a questo mondo, da un mondo felice a questo inferno, questa valle di lacrime.
Attraversa un passaggio scuro e stretto verso questo mondo pieno di ferite e di sangue. E un inferno, è il vero dolore dell'inferno."
Marukido-Il Protagonista

Questo è uno dei discorsi del protagonista, le sue parole trasudano affanno, sono tentativi di scoramento per dimenticare la nascita, considerata in antitesi con la sua definizione più antica, ovvero quella di "dono supremo".
Le scene più cruente, sono interrotte da flashback continui che sradicano il nero della linearità della trama, e sono rievocazioni di martiri religiosi.
La specie umana sgomenta Marukido ma in fondo l'amore sembra continuare ad affascinarlo, così come la contemplazione della impura bellezza femminile; egli vi cerca una leva per ritornare alla condizione ancestrale ma una prole gli sembra inconcepibile.
E così, di ripudio in ripudio la sua esistenza si assottiglia, diviene sempre più soffocante scaricandosi completamente in un sadismo fortemente misogino, accettato come unica via d'uscita.
L'uomo e la donna, nonostante tutto, sono rappresentati come tormenti primordiali che si legano visceralmente e resistono integri a qualsiasi tipo di violenza.
Ed ecco il conflitto del protagonista che si accentua, egli venera e detesta la donna allo stesso tempo, supremamente indeciso fra il dolce richiamo ed il disgusto che ella ispira, totalmente incapace di comprendere la specie, giunge ai vertici dei propri disgusti, sino agli antipodi della creazione.

Wakamatsu riesce con semplicità a pennellare su schermo una figura ossessa e complessissima, dalle molteplici sfaccettature, mostrandone gli aspetti più multiformi, come impotenza, volontà, desiderio, delirio ed amore.
La regia è molto scarna ma fluente nei movimenti di macchina, alcuni piani sequenza sono quanto di più opprimente sia mai stato concepito dalla settima arte e la fotografia col suo bianco e nero si fonde alla perfezione con il concept.
Sadismo e poesia si armonizzano con uno stile convulso e ultra cinetico, ripreso palesemente negli ultimi vent'anni da Tsukamoto, senza alcun compiacimento.

E così tra inquadrature astratte, brevi sprazzi di surrealismo ed una narrazione frammentata si giunge all'epilogo. Marukido, esangue, emancipato da ciò che ha vissuto, non si incontrerà più con se stesso ed otterrà ciò che in realtà desiderava sin da principio, ovvero la morte, e "felice" di rivolgere il suo ultimo odio contro di sé verrà ucciso dalla donna.
La sua corsa verso la cessazione, il suo scagliarsi contro la nascita, l'andare contro natura non produce però in lui inquietudine; la morte d'altronde per Marukido era solamente la proiezione del futuro di una paura che risale al nostro primo istante in cui siam usciti dal ventre materno.

The embryo hunts in secret va oltre la semplice percezione sensoriale, si espande tenebroso per poi sfociare nell'oblio.

"I film di Koji Wakamatsu offrono ai loro spettatori un'esperienza che non ha equivalenti alla luce del sole. E' la voce del desiderio che echeggia nella notte."
Nagisa Oshima

2 risposte al commento
Ultima risposta 24/05/2012 12.58.19
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  04/02/2011 11:48:56
   8 / 10
L'immagine introduttiva del feto, avvolto nella placenta come in un velo funebre, dentro una bolla che è una bara immersa nel nulla, tra i vapori, e lo stacco al lampione tra le fronde squassate dal maltempo, è la sequenza forse più inquietante del film; che non tanto disturberà per le torture, quanto per i pensieri del protagonista, e di più forse per il sospetto del piacere sottile che il regista prova e invita a provare; nel dolore, carnale e psicologico, egli trova il suo eden, nella frusta il suo scettro, nel buio la sua illuminazione, nel mai-nato la sua ossessione di vita, nell'odio verso la donna feconda il suo amore.
Ma non c'è qui quel gioco divertito della sofferenza che si troverà, per esempio, a mio parere in registi come Miike; qui c'è il riso isterico dell'angoscia, che i riflessi della pioggia proiettano sulle pareti spoglie, in un mondo sofferente e consapevole di essere sfocato.
Una stanza buia, è tutto ciò che rimane dell'universo. Ma quando viene la luce, dalla memoria, investendo tutto l'orrendo presente, penetra l'animo in un luogo ancora più terrificante, e insostenibile all'occhio della mente.

10 risposte al commento
Ultima risposta 04/02/2011 12.27.03
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