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Un corto geniale tra i migliori di Barta, che qui non ha nulla da invidiare al connazionale Svankmajer per creatività e ironia. è la reinvenzione di un mondo cinematografico fatto di oggetti inanimati che prendono vita inaspettatamente, che hanno una loro storia cinematografica e di conseguenza culturale: e pensare che sono dei semplici guanti! Semplicemente geniale l'idea di attraversare le decadi attraverso una sorta di storia del cinema passato e svanito: c'è il periodo delle comiche mute alla Chaplin, il più divertente e spensierato (sarà perché da bambino mi facevo trip mentali simili). Poi si passa ai film d'amore e passione più seri, dal finale tragico. E ancora, il periodo surrealista con palesi citazioni di Dalì (gli orologi) e soprattutto Bunuel e il suo Chien Andalou (l'occhio tagliato e le formiche). Poi c'è il periodo buio di una sorta di cinema di propaganda, evidente allegoria del nazismo e dell'olocausto. Non manca neanche l'importanza del nostro connazionale Fellini (Bellini), in una panoramica orgiastica in cui dei guanti si lasciano andare alla festa più sfrenata in carrellate tra piatti pieni di cibo per poi crollare sotto il peso della loro stessa libidine. E per chiudere il cinema fantascientifico e catastrofista del futuro, violento e paranoico. Insomma un viaggio nel cinema del NOSTRO passato mascherato in quello dei guanti. Il finale però in questo senso non è consolatorio: l'arte dimenticata viene seppellita sotto un cumulo di sporcizie da dove era stata salvata, il mondo dei guanti scompare davvero. Per sempre? Dà da pensare il fatto che questo meraviglioso corto sia del 1982, ed è ancora terribilmente attuale. Chissà cos'altro avrebbe messo Barta oggi tra i generi rappresentati in poco meno di sedici minuti.