vendicami regia di Johnnie To Hong Kong, Francia 2009
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vendicami (2009)

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locandina del film VENDICAMI

Titolo Originale: VENGEANCE

RegiaJohnnie To

InterpretiJohnny Hallyday, Sylvie Testud, Anthony Wong Chau-Sang

Durata: h 1.48
NazionalitàHong Kong, Francia 2009
Genereazione
Al cinema nell'Aprile 2010

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Trama del film Vendicami

Ambientato tra Macau e Hong Kong, racconta in verticale la vendetta che dà il titolo al film e in orizzontale una storia di amicizia dove il codice d'onore e la fedeltà virile sono l'unica vera lingua unificatrice.

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Voto Visitatori:   6,63 / 10 (49 voti)6,63Grafico
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Voti e commenti su Vendicami, 49 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE Cagliostro  @  03/05/2010 12:51:55
   5 / 10
Reputo questa nuova pellicola di Johnnie To essere assolutamente sopravvalutata.
Certo la fotografia è eccellente con il suo continuo ricorso alla regola dei terzi, però tale ricorso risulta addirittura fin troppo accademico per non dire scolastico: si pensi a livello esemplificativo al campo e controcampo fra Costello e l'ispettrice di polizia.
La regia di To rispecchia perfettamente il suo stile, ma sottrae ritmo alla narrazione e preclude il più completo coinvolgimento dello spettatore. Anziché essere un collante fra una serie di personaggi tagliati a colpi di scure e di situazioni infarcite di cliché, la regia di To è puro autocompiacimento. Essa è un susseguirsi di autocitazioni (da Exiled a The Sparrow) e di citazioni cinematografiche proprie del cinema polar francese e degli western crepuscolari degli anni settanta. La sola vera eredità de Le Samourai di Jean-Pierre Melville risiede nel nome del protagonista e nel fatto che To avrebbe voluto che fosse Delon ad interpretarlo. Tanto è vero che se il personaggio di Jef (Frank in italiano, sigh!) Costello era l’apoteosi del lupo solitario che viene avviluppato dalla solitudine e dal desiderio di morte, il Costello di To è sempre circondato da uomini, donne e bambini disposti ad aiutarlo, ad affiancarlo e pronti anche a morire per lui. E non basta la bella scena di un uomo che si perde in mezzo alla massa unificata da un oceano di ombrelli aperti sotto la pioggia a trasmettere quella estraniazione e quel senso di profonda solitudine che Melville era riuscito a dare attraverso le immagini di un uccellino in gabbia e di una cartina labirintica della metropolitana.
I topos del cinema Western risiedono nei dialoghi e nelle attese che precedono e che seguono gli scontri a fuoco. In particolare è assai sapiente la costruzione dello scontro nel bosco in cui è messa in evidenza la dicotomia fra la sacrale convivialità della condivisione del cibo e il regolamento dei conti.
Il ricorso al rallenty durante le sparatorie non aiuta certo a migliorare il coinvolgimento dello spettatore che si ritrova di fronte ad un esercizio estetico fine a se stesso.
Per quanto riguarda le citazioni del Cinema Francese, la regia di To non sposa lo stile asciutto, sobrio e sferzante di Melville, ma abbraccia piuttosto quello di Henri Verneuil e quello di Jacques Deray. Come non ricordare ad esempio nella scena iniziale di Vengeance l’omicidio di Tre Uomini da Abbattere compiuto dai killer attraverso lo spioncino della porta.
Restando sempre nel campo delle citazioni si deve ricordare quella rivolta a Bittersweet Life di Kim Jee-woon, di cui però non si raggiunge né l’eleganza formale né la perfezione stilistica.
Per quel che concerne la storia narrata, questa si rivela un’accozzaglia di cliché male assortita. In particolare risulta vuoto e fuori luogo il riferimento a Memento di Christopher Nolan, che aveva interpretato ed elaborato il rapporto fra la vendetta e la memoria con un’analisi assai più intelligente e raffinata.
Bravi tutti gli interpreti.
Da vedere se si ricerca un’analisi estetica di tecnica cinematografica, ma se si ricercano intrattenimento, coinvolgimento o approfondimenti psicologici e meglio cercare altrove.

7 risposte al commento
Ultima risposta 05/05/2010 05.52.33
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Ciaby  @  09/02/2010 20:54:26
   6½ / 10
Johnnie To dà sempre il meglio di se in fatto di regia e la realizzazione, infatti, è assai sublime, ma il film non tocca assolutamente i vertici adrenalinici di "Vengeance". Piacevole comunque, soprattutto per chi ama i noir hongkongesi.

1 risposta al commento
Ultima risposta 02/05/2010 08.31.42
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Gruppo REDAZIONE K.S.T.D.E.D.  @  17/12/2009 18:28:07
   7 / 10
UN PO' DI SPOILER, MA POCA ROBA..


L'ultima fatica del regista cinese è costruita su un tema tanto sfruttato quanto potenzialmente inesauribile e che si adatta perfettamente al genere cinematografico del quale Johnnie To è ormai uno dei maggiori esponenti: la vendetta.
Che To, dopo pellicole un po' più leggere, sia tornato a fare sul serio, lo si capisce dopo appena qualche minuto, più precisamente quando un quadro familiare perfetto, in cui una madre/moglie impegnata in cucina saluta marito e figli di ritorno da lavoro e scuola, viene squarciato da un primo piano sul marito che, nel guardare dallo spioncino dopo il suono del campanello, viene raggiunto dai colpi di un fucile a canne mozze sparati dall'altra parte della porta. Azione e violenza sono quindi immediate e il fascino che regia, fotografia e scelte di tempo conferiscono alla sequenza è innegabile. Certo l'alto livello tecnico non è una novità quando si parla dei lavori di To, infatti, chiunque abbia visto anche solo un paio di pellicole della sua filmografia, sa perfettamente sotto quale aspetto un suo film non deluderà mai, ossia, per l'appunto, quello tecnico. "Vengeance" non fa eccezione. Quanto segue la scena iniziale appena descritta è un insieme di sequenze nelle quali non viene mai meno la simbiosi perfetta tra regia, fotografia e montaggio, che rende ognuna di esse uno spettacolo per gli occhi. A tal proposito non può non essere citato l'incontro/scontro tra killer nel bosco, nella quale è presente quasi tutto il cinema del regista di "Exiled". Come in quest'ultimo(la lattina), è un oggetto a decidere o a dare inizio ad una delle danze balistiche tipiche dei suoi film, ma andiamo per gradi: inizialmente lo scontro (in un bosco: ambientazione perfetta) viene solo annunciato; quando, infatti, i quattro (i nostri) si avvicinano ai loro nemici, per poi fermarsi ad una distanza sufficiente da permettere ad ognuno di capire cosa stia succedendo, ha inizio un gioco di sguardi degno dei migliori western, che già permette allo spettatore di gustarsi uno scontro di fatto non ancora inziato. A spezzare la tensione, la comparsa sul lato opposto delle famiglie dei tre assassini, altro breve gioco di sguardi necessario a raggiungere il tacito accordo di lasciar fuori donne e bambini, campo medio a seguire con al centro gli assassini, verso i quali convergono da parti opposte i nostri e le famiglie, quindi incrocio con le stesse, per poi proseguire oltre e fermarsi ad un tavolo più avanti. L'attesa resta così al servizio della tensione e della sua crescita, fino al momento in cui un frisbi, lanciato da uno dei bambini e seguito al ralenti dalla telecamera, non offre l'occasione di un primo confronto, seppur solo verbale, in cui le carte vengono scoperte e la resa dei conti decisa e riviata in maniera definitiva*. L'attesa, quindi, riprende a svolgere il suo compito fino all'inizio vero e proprio dello scontro; scontro il cui ritmo viene affidato e gestito da nubi e luna, che alternano momenti di buio e di immobilità a momenti di luce e azione, e che, al tempo stesso, rendono la fotografia assolutamente perfetta. To, dal canto suo, alterna primi piani sui singoli protagonisti che, guardando in alto, attendono il ritorno della luce a carrellate al ralenti in campo lungo che inquadrano tutti i "giocatori" tra spari e fughe. Inutile dire che il risultato finale è meraviglioso.
Come accennato in precedenza, uno scontro a fuoco in un film del regista cinese non è mai solo uno scontro a fuoco, ma una danza di proiettili costruita ad arte, che si fa attendere per poi esplodere in tutto il suo fascino. Entusiastiche analisi, del tutto simili, si potrebbero fare per la gran parte delle sequenze che compongono la pellicola (il primo incontro tra costello e i tre assassini; la fuga tra gli ombrelli, ecc..).

Veniamo quindi a cosa non convince fino in fondo e al perché il mio personale voto non va oltre il 7. Il motivo, in buona sostanza, si può ricondurre al fatto che ponendo l'attenzione sull'aspetto tecnico e sulla costruzione dei singoli periodi, To tralascia la visione d'insieme, facendo così venir meno il coinvogimento come filo conduttore empatico/emozionale dell'intera pellicola. A ciò vanno aggiunte delle fastidiose leggerezze nella sceneggiatura, a volte dovute a mera superficialità, altre volte alla rinuncia alla credibilità, da parte di To, in nome della spettacolarità (vedi finale).

Relativamente al cast non c'è molto da dire dato che il regista asiatico ha richiamato i suoi fedeli compagni di viaggio: Anthony Wong, Suet Lam, Simon Yam, sono assolutamente perfetti. Unica novità, ma di tutto rispetto, è Johnny Halliday, il c.d. Bruce Springsteen francese, suggerito a Johnnie To da alcuni suoi collaboratori. Inizialmente, infatti, l'intenzione di To era quella di affidare la parte ad Alain Delon e richiamare il fascino del Costello suo e di Melville; non a caso il nome del protagonista di questo Vengeance è Costello, killer francese in pensione. Va detto, tuttavia, che il volto e soprattutto gli occhi di Halliday sono perfetti per la parte e che al di là di qualche incertezza iniziale la sua prova è più che buona.

Insomma, dispiace a me per primo mettere questo voto ad un film che sarebbe potuto diventare se non il migliore, di sicuro uno dei migliori in assoluto di To, e che avrebbe potuto chiudere questa piccola parentesi in cui il maestro dell'action orientale bada più alla forma che al contenuto (Vedi anche "The Sparrow", palesemente citato in questa stessa pellicola).

Non ci resta che sperare nella prossima.



*questo confronto verbale e i minuti che seguono lo stesso e che precedono lo scontro, meriterebbero un'analisi a parte. Vi sono infatti altri elementi caratteristici del cinema di J.T., quali i momenti di ironia (che hanno come protagonista sempre lui, Suet Lam, qui nei panni di Fat Lok), un codice morale da rispettare, e, soprattutto, il pranzo (o la cena) come una sorta di terreno inviolabile, quasi sacro - gli studiosi, infatti, affermano che il progenitore della civiltà cinese, Fuxi, fosse un cuoco. Non a caso il cibo in Cina è una delle cose in assoluto più importanti, tanto da rappresentare una sorta di punto di contatto con gli dei e gli antenati durante le festività - (scena che, peraltro, mette in evidenza differenze tra cultura occidentale e cultura orientale. Costello, infatti, rifiuta il cibo offerto loro dai tre assassini, mentre gli altri tre stavano praticamente già mangiando). Le attenzioni che To concede ad aspetti del genere costituiscono, almeno per me, un altro aspetto particolarmente affascinante delle sue pellicole.

11 risposte al commento
Ultima risposta 03/05/2010 18.10.37
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