violent cop regia di Takeshi Kitano Giappone 1989
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violent cop (1989)

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locandina del film VIOLENT COP

Titolo Originale: SONO OTOKO, KYOBO NI TSUKI

RegiaTakeshi Kitano

InterpretiTakeshi Kitano, Maiko Kawakami, Makoto Ashikawa, Shiro Sano

Durata: h 1.43
NazionalitàGiappone 1989
Genereazione
Al cinema nel Maggio 1989

•  Altri film di Takeshi Kitano

Trama del film Violent cop

Un poliziotto violento lotta con mezzi poco ortodossi nel Giappone contemporaneo degli Yakuza.

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Voto Visitatori:   7,32 / 10 (45 voti)7,32Grafico
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Voti e commenti su Violent cop, 45 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  08/10/2012 05:33:59
   8½ / 10
Uno dei miei film preferiti in assoluto di Kitano.

Probabilmente perché è uno dei più spietati: la violenza permea tutto il film, come si nota dalle prime battute: la pellicola si apre con dei ragazzini che uccidono spietatamente il senzatetto, poi vi è l'incursione nella casa di uno di loro da parte di Azuma che viene subito alle mani, nella scena dopo vi sono dei bambini che tirano lattine vuote addosso a un signore in nave e poi scappano lasciando spazio alla comparsa dello stesso Azuma. Oppure si può vedere la violenza presente nella società anche quando vi è quella coppia che litiga ferocemente su cosa fare del bambino portato in grembo dalla donna.

In questo mondo violento, il personaggio tratteggiato e interpretato da Kitano si fa strada tramite la maschera dell'indifferenza. Egli impersonifica perfettamente quella che è l'estetica cool, il rimanere impassibile, calmi, sempre se stessi e superiori di fronte ad ogni situazione. Ed è molto interessante che sia proprio Kitano, un regista giapponese, a portare alle sue estreme conseguenze questo tipo di estetica, che nella cultura contemporanea va per la maggiore invece in occidente, e in particolare in America. In Giappone, al contrario, regna l'estetica del kawaii, che è l'esatto contrario: l'essere teneri, indifesi, impauriti di fronte a tutto. Kitano invece si impone con la sua maschera di ghiaccio, talmente cool da risultare impenetrabile e estranea addirittura allo spettatore, che difficilmente può riuscire a identificarsi con i vari protagonisti da lui interpretati. In un qualche modo, Kitano è talmente cool da porsi in una posizione di superiorità e inarrivabilità anche di fronte allo spettatore. Se l'eroe occidentale è cool quando deve mantenere i nervi saldi, ma poi quando "deve" di emoziona, permettendo così allo spettatore di identificarvisi, Kitano è cool sempre, non fa una smorfia nemmeno di fronte all'amata sorella diventata ormai tossica, e la fredda senza muovere ciglio. Ed è proprio nel rapporto con lo spettatore che possiamo vedere quanto Kitano sia antitetico al kawaii: il kawaii difatti si basa su un rapporto di inferiorità allo spettatore/fruitore. Il personaggio kawaii è un personaggio più debole dello spettatore, che vi si affeziona per la sua vulnerabilità quasi lo volesse proteggere. I personaggi di Kitano, al contrario, sono superiori allo spettatore, talmente cool da guardare sempre dall'alto in basso chiunque e protetti da una corazza narcisistica che impedisce qualsiasi empatia. E' interessante comunque che in entrambi i casi viene esclusa l'identificazione personaggio/spettatore, che invece è molto spesso alla base della narrazione.

Perfetto il finale del film, nell'essere appunto un bad ending perfetto. Muoiono i sequestratori, muore l'assassino, Kitano uccide la sorella e poi viene ucciso a sua volta. "Sono tutti fuori di testa", recita il nuovo capo dell'organizzazione che ha appena freddato Kitano. E poi trova il nuovo appoggio interno alla polizia per il suo traffico di droga proprio nel partner di Kitano, rendendo praticamente del tutto inutili le vicende mostrate sullo schermo fino a quel momento: un nichilistico viaggio verso la morte fine a se stesso, frase che potrebbe risultare un'efficace definizione della vita sulla Terra.

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