Nella rosa dei premi della 69esima Mostra del Cinema di Venezia non c'è spazio per i sentimenti. Se dovessimo far riferimento al film più apprezzato dalla critica nostrana, "
Apres mai" di Olivier Assayas, gli studenti francesi del 1971 hanno già abbracciato la lotta armata. Nonostante un finale elegiaco che per alcuni versi ricorda quello dell'ultimo Malick, Venezia 2012 resterà nella memoria unicamente per la sofferta conversione di uno spietato giovane usuraio nella Corea contemporanea, per la religiosità profanante del film di Ulrich Seidl, per il contagio mentale dell'ambizioso film di Anderson. I nostri sogni si sono spezzati, e a vederli lì, confusi tra un amplesso e la scelta della violenza, il cerchio si chiude. Il mondo è uno spazio assoluto dove prevalgono però i monolitismi di uno sguardo che non può vedere "oltre". La barriera, come la ricerca di sé, prevale tutta nell'impotenza di una ragazzina che tenta inutilmente di attraversare una strana parola, libertà. È tutta in quella immagine di un coraggioso film italiano, "
L'intervallo". Ma una via di fuga c'è sempre: il William Wilson di Poe e Il servo di Maughan, il Figlio Prodigo e il Padre Padrone figurato dal premio
ex-aequo (Coppa Volpi) ai due attori e protagonisti di "
The Master". Una sorta di transazione mefitica, paternità e prole non richiesta. La maternità indotta dell'ultimo Kim-Ki-Duk rispetto alla "fusione" maschile e coercitiva di Anderson. Non più Eva contro Eva tra passione e
logos, né Caino contro Abele, resta solo il conflitto di un'individualità fragile, incostante, distruttiva.
La 69esima Mostra del Cinema di Venezia, così dimessa e - per fortuna? - così poco
radical-chic, si è spenta nel segno di una dolorosa transizione.
La ricorderemo per il dolore interiore di un padre alla ricerca del (corpo) del figlio in "
Küf" di Ali Aydin, per la Giostra Umana di vita e di morte di Bellocchio, per gli incesti e le vendette, gli Olocausti dadaisti e le vampire
lesbo-chic, l'Italia nel suo Inferno privato (o del neorealismo spicciolo di De Matteo) o alla ricerca di un
status-symbol che non c'è (Pietro Germi che rilegge Mark Twain nell'ultimo Ciprì).
Il Premio alla Carriera a Rosi, testimone di Oscuri Avvenimenti, e quello a Redford, ex-simbolo dell'eroe
wasp colto guarda caso a rivendicare i diritti civili e le ingiustizie del sistema.
C'è ancora spazio per un giocattolone tridimensionale come "
Bait 3-D", per le storie a incastro di "
Disconnect" (ahimè neanche l'America si salva dal contesto televisivo) e per Micheal Jackson riletto da Spike Lee nel momento massimo della sua trasfigurazione.
Svaniscono pertanto i tanti interrogativi su cui Malick fonda il suo intero film: perché? E' davvero questo il trionfo del Male?