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Il film è del 1983. Narra le vicende di un gruppo di artisti, prevalentemente dedicati al canto lirico e alla musica, che si ritrovano in un viaggio per mare. Lo scopo della crociera è di compiere la cerimonia funebre di una famosa cantante lirica. Durante il viaggio la cantante defunta rimane protagonista incontrastata nei discorsi dei personaggi del piroscafo.
Coloro che l'hanno conosciuta, amata e frequentata, provano a definirne alcune particolarità. Parlando di lei tradiscono anche aspetti delle proprie personalità che appaiono sensibili ai problemi umani ma animate anche da forti passioni professionali e desideri inconfessabili.
Fellini costruisce aspetti filmici di queste personalità portandole su un piano dal tono brillante e giocando sui processi di identificazione che una figura di genio come la defunta cantante poteva attivare. Sullo schermo immaginifico della nobile cantante lirica scomparsa i personaggi della nave tracciano pensieri, riflessioni, ricordi ricchi di enigmi e curiosità biografiche che daranno alla narrazione un andamento a tratti grave ma spesso anche gioioso e sorprendente.
Quando la nave Gloria N. arriva nei pressi dell'isola Greca di Erimo le ceneri della cantante scomparsa, Edmea Tetua, vengono posate su un cuscino, sistemato con cura sul bordo delle ringhiera del ponte, lasciando che il vento a lei familiare potesse disperdere gli ultimi segni tangibili della sua esistenza. Erimo era il luogo nativo della famosa cantante lirica.
Il film è ambientato nel 1914 alla vigilia della prima guerra mondiale ma l'itinerario spaziale della nave si incrocia ad un certo punto con le vicende temporali legate all'inizio della prima guerra mondiale. La raccolta di alcuni naufraghi serbi sfuggiti alle persecuzioni austriache dopo l'attentato di Sarajevo sono infatti il segno di qualcosa che sta storicamente precipitando: l'unità della triplice alleanza di cui anche l'Italia faceva parte comincia a mostrare preoccupanti crepe.
Fellini presenta un campionario di personaggi eterogeneo e molto vasto: senza preoccupazioni di separare volutamente classi diverse o etnie rispetto ai tradizionali ruoli ben definiti dal senso comune.
Le classi e le etnie si incontrano amichevolmente, ma si separano anche con magica spontaneità o ferrea logica di appartenenza. Si incontrano nel mito dell'arte lirica, nel sesso, nell'amore e nella bellezza della nave con tutte le sue comodità elargite generosamente dal comandante; ma si separano quando i discorsi acquistano negli artisti raffinatezza estetica e intimità progettuale, una emarginazione sottile nella parola che fa ripiegare i discorsi dei poveri nei pensieri ossessivi del quotidiano in cui si svolge un tema molto più prosaico: come sopravvivere senza rassegnazione al negativo che il sociale mostra e impone.
Anche se protagonisti delle scene sono soprattutto gli artisti eruditi e nobili tutta la nave comunque partecipa alla coralità recitativa, compreso i naufraghi serbi.
Nel film si succedono con una divertente e colorita linea narrativa i seguenti personaggi: il granduca prussiano Harzock con la sorella cieca Lherimia e la loro piccola corte, gli ufficiali e marinai di bordo, impresari, maestri di canto, direttori d'orchestra, nobili, ammiratori, naufraghi serbi, il giornalista Orlando narratore della storia, sovrintendenti dell'opera lirica di Roma e Milano.
Nell'ambito di un discorso sui registi visionari Enrico Ghezzi, nel suo libro "Paura e desiderio", giudica lo stile del film "E la nave va" come il più vicino alla creatività di David Lynch. Sembrerebbe un paradosso ma a parte le diversità sui contenuti tematici dei loro film, la capacità inventiva e innovativa dei due registi sembra avvicinarsi molto quando toccano temi onirici e immaginari.
Una capacità che nasce forse da una grande predisposizione dei due registi per l'immaginario, per la cura dei sogni e dei deliri, visti questi ultimi in un ambito più sintomatico e passionale. Sia Fellini che Lynch esprimono una iperattività di fantasie, intese sovente come messaggio misterioso proveniente da un altrove che ci riguarda e da cui scaturiscono ansiosità e bizzarria legate a coazioni a pensare che indicano la presenza di desideri impossibili o contrastati.
Enrico Grezzi, nel già citato "Paura e desiderio", considera questo film astratto e funereo, ma insieme al "Casanova" lo colloca tra i capolavori. Il critico cinematografico sembra apprezzare in Fellini quella misteriosa e inesauribile capacità di immettere del vero nel reale del film passando per le vie più recondite e censurate del lavoro onirico, come ad esempio accade quando fa entrare in gioco il pudore estetico: qualcosa di più raffinato e che si avverte sovente, sapientemente pigiato, nei delicati dialoghi e nel ricamo delle scene.
I cori del film "E la nave va" scritti appositamente dal poeta Andrea Zanzotto rappresentano insieme alle musiche di Verdi, Strauss, Rossini i punti più alti del film: ciò che rende estremamente intenso e suggestivo il melodramma di Fellini: nel mentre ne scandisce i vari capitoli.
Il film è stato realizzato in quattro settimane a Cinecittà: prevalentemente su una piattaforma circolare supportata da martinetti pneumatici telecomandati. L'ondeggiamento della piattaforma simulava l'agire delle onde sui fianchi della nave: mostrando alla cinepresa i conseguenti effetti sul ponte.
Questa opera segna il ritorno di Fellini al cinema dopo quattro anni dall'ultimo film "La città delle donne".
"E la nave va" può sembrare un film con una materia molto diversa dalle precedenti opere del regista riminese, in realtà il tema del sogno e dell'immaginifico è una costante in Fellini, cambiano solo gli oggetti che le fantasie dei film prendono di mira, in questa opera sono la musica lirica e i cori, inseriti nello spessore storico e poetico straordinario dell'insieme. Questi argomenti sono oggetti molto forti e avvincenti della pellicola.
Da sottolineare anche le numerose tecniche sintattiche cinematografiche messe in atto da Fellini in questa pellicola.
Ne sono un esempio il prologo e l'epilogo del film che si svolgono su uno schermo intero con scene in bianco e nero e color seppia, senza sonoro, con la sola presenza uditiva dello scorrere incerto del motore del proiettore: essi fanno pensare alla malinconia struggente che il ricordo di un epoca scomparsa può dare: un tempo più nobile, forse impregnato di gestualità raffinata e attenzioni verso l'impegno lirico fuso con la vita (interclassista), qualcosa che Fellini a un certo scopre e apprezza?
Da notare anche nel linguaggio più propriamente filmico l'intervista ai personaggi della nave da parte del giornalista Orlando e la ripresa di particolari di vita anche scabrosi senza istanze giudicanti, scene che nello stesso tempo dicono e divertono riportando gli accadimenti del viaggio al di là dell'ironia o della satira pungente.
Scene che avvengono di fronte anche a un'altra vecchia telecamera destinata a un pubblico scelto, probabilmente artistico. Una, per noi, antica macchina da ripresa funzionante a manovella che sembra introdurre un altro punto di vista, un film nel film. Un dispositivo tecnico il cui scopo è di immettere più soggetti e referenti nelle scene alleggerendo la pesantezza che può dare un unico luogo di ripresa come in questo caso la vita in una nave.
Orlando, il narratore giornalista, incaricato di scrivere per il suo giornale diviene anche un referente reale tra i personaggi mantenendo però una posizione neutrale nei loro confronti, cosa che rafforza la fedeltà informativa di Orlando verso il lettore immaginario e lo spettatore.
In una intervista a Charlotte Chandler (*1), sua carissima amica, Fellini dichiara che "E la nave va" è un film che ha a che fare essenzialmente con l'opera lirica e sembra dispiaciuto di essere giunto così tardi al film operistico, infatti aggiunge che, all'inizio della sua carriera, non poteva svolgere film del genere, non riusciva ad apprezzare come si conveniva la tradizione operistica italiana. " Per tutta la vita ho resistito a ciò che piace a tutti o che ci si immagina che piaccia a tutti. [...] Da poco ho sviluppato un certo interesse per l'opera, ma è difficile ammettere di essere interessato a qualcosa a cui per anni hai veementemente negato qualsiasi importanza".
Da notare infine il raffinatissimo dialogo a pranzo tra la principessa Lherimia e il gran duca prussiano Harzock che dimostra come la sensibilità percettiva dei ciechi possa raggiungere mete impensabili. La principessa impara ad associare alle modulazioni delle voci che percepisce una gamma di colori molto vasta. La sorella del gran duca dice ad un certo punto a suo fratello: "Quando la tua mente è turbata la voce che esce dalle tue labbra assume per me un colore simile alla ruggine...".
*1 Io, Federico Fellini, di Charlotte Chandler, Introduzione di Billy Wilder, Arnoldo Mondadori Editore, MI 1995
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 19/06/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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