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Il film inizia con una pala meccanica in primo piano che affonda i suoi denti in una spessa melma di fango alla ricerca dei resti dell'aereo di Mattei.
L'aereo a reazione del Presidente dell'ENI, di ritorno dalla Sicilia, precipita in una sera piovosa del 27 Ottobre del 1962 nella zona di Bascapè nel pavese, in aperta campagna, dopo che il pilota Bertuzzi aveva appena ricevuto dai controllori di volo di Linate l'autorizzazione all'atterraggio, previsto dopo un minuto e mezzo circa dalla chiusura della comunicazione radio.
Muoiono in tre, il pilota, l'ingegner Enrico Mattei e il giornalista americano Mc Hale. I resti dell'aereo vengono trovati sparpagliati lungo un raggio di 400 metri senza che si sia mai potuto capire, dalle testimonianze e dalla ricostruzione dei fatti, se il velivolo sia esploso in volo o nell'impatto con il terreno.
Attraverso il film di Francesco Rosi uscito nel 1972, molto ben documentato e ricco di invenzioni sceniche e narrative di pregio, lo spettatore prende conoscenza delle numerose ipotesi sul tragico fatto e si rende pure conto di come le cause dell'incidente non possono a tutt'oggi che essere del tutto misteriose, anche dopo le nuove perizie del 1995 effettuate a 33 anni di distanza.
Dal film si prende nota che poche sono le cose certe: il carrello ancora chiuso, gli alberi non danneggiati dall'impatto dell'aereo che fanno supporre che qualcosa di molto grave - come un'esplosione o un cedimento strutturale della carlinga - sia probabilmente avvenuto ad alta quota, le numerose minacce di morte ricevute da Mattei per telefono e per lettera nei giorni precedenti l'incidente, uno strano sopraluogo all'interno dell'aereo di Mattei, fermo nell'aeroporto di Catania in Sicilia, effettuato da due meccanici sconosciuti e un ufficiale con falsa identità che fanno pensare ad un possibile intervento manipolativo su parti del piccolo velivolo.
Inoltre la scomparsa del giornalista De Mauro nel '70, proprio mentre raccoglieva notizie per il regista del film Francesco Rosi sui due ultimi giorni di Mattei in Sicilia, e la grande ostilità delle compagnie petrolifere delle Sette Sorelle nei confronti della politica internazionale di Mattei sul petrolio.
Rosi fa notare nel film come l'interesse per l'accaduto abbia coinvolto la stampa e i media di tutto il mondo occidentale, portando la commissione d'inchiesta e i giornalisti delle maggior testate a una ridda di ipotesi, a un vero e proprio arcipelago di supposizioni e illazioni, congetture e deduzioni, quest'ultime a volte un po' fantasiose, non sempre supportate da fatti ben accertati.
Molte risulteranno le ipotesi convergenti sulla tesi del sabotaggio tutte con motivazioni tecniche diverse.
In realtà, rivedendo più volte il film, la tesi del sabotaggio non sembra molto attendibile. Francesco Rosi lascia si intendere come potesse essere forte l'intenzione delle Sette Sorelle del petrolio di eliminare fisicamente Mattei che andava diritto verso una collaborazione diretta con i paesi produttori offrendo loro il 75% del valore del petrolio, e come qualcosa che riguarda l'omicidio per interesse potesse essersi già verificato con le strane morti dei corrispettivi responsabili nazionali del petrolio francese e iraniano al sorgere di politiche estere in contrasto con gli interessi delle Sette Sorelle, ma nella circostanza della tragedia di Mattei poco fa pensare a un attentato, anche se la mafia americana e italiana risulterà dalle indagini coinvolta in stretti affari con le Sette Sorelle tali da accrescere il pericolo per la vita del presidente dell'Eni.
Negli anni sessanta gli esplosivi erano per lo più comandati da orologi ed è difficile quindi pensare che nel caso dell'aereo di Mattei sia stato regolato con una scelta di tempo così precisa da intervenire un minuto prima dell'atterraggio.
E' noto che un aereo privato può giungere a destinazione anche prima del previsto se le condizioni del tempo gli consentono di regolare la velocità in un certo modo, in questo caso un anticipo sull'atterraggio anche di soli pochi minuti avrebbe fatto esplodere il velivolo nell'aeroporto con Mattei probabilmente già al sicuro.
Nel film l'altra ipotesi, quella dei 50 grammi di esplosivo destinati a esplodere all'accensione delle luci serali dell'aereo guastando il funzionamento dei comandi di guida, non regge, perché a fine ottobre viene buio presto, nel pomeriggio, e l'aereo è precipitato alle 18,58 quindi quasi due ore dopo l'accensione delle luci.
Nel racconto filmico di Francesco Rosi l'ipotesi dell'accidentalità dell'incidente viene ricostruita tenendo conto delle condizioni meteorologiche al momento del disastro: una fitta pioggia che creava al pilota scarsa visibilità obbligandolo forse a un certo punto - per motivi ignoti, come un bagliore sull'altimetro che l'avrebbe confuso sull'altezza reale in cui si trovava - a un brusco movimento della cloche cosa che gli avrebbe fatto perdere il controllo dell'aereo facendolo precipitare a spirale.
Questa ipotesi fu caldamente sostenuta anche dai costruttori dell'aereo che portavano a conoscenza della commissione incidenti simili avvenuti con lo stesso tipo di aereo.
"Il caso Mattei" ha vinto la palma d'oro a Cannes ex equo con il film di Petri "La classe operaia va in paradiso".
Numerose le tecniche compositive che hanno suscitato interesse di critica e di pubblico, il flash back che informa biograficamente in maniera straordinaria sostituendosi validamente alla parola, ponendosi incessantemente, con grande comunicazione visiva, tra passato e presente della storia d'Italia e spiegando le ossessione della vita di Mattei durante il suo mandato di presidente, con ricche raffigurazioni di eventi chiave del suo precedente trascorso di uomo; il racconto è intessuto inoltre di testimonianze-intervista sull'accaduto, di grande effetto verista, soprattutto per quanto riguarda le dichiarazioni della gente del posto sui tragici fatti, cui collabora direttamente anche il regista stesso Francesco Rosi che si fa riprendere durante la formulazione di domande contestuali alla realizzazione del film.
Efficaci gli innesti nel racconto di filmati d'epoca, come l'intervento televisivo di Ferruccio Parri, ministro ai tempi delle prime azioni politiche di Mattei, amico del presidente dell'Eni che di fronte alla richiesta dell'ingegnere di non vendere l'Agip ai privati, (l'Edison allora offriva 60 milioni), perché il sottosuolo padano di Caviaga e Corte Maggiore era ricco di metano e si poteva creare quindi una vasta rete di metanodotti a favore della ripresa dell'industria del Nord, fa intendere tutto il suo imbarazzo di amico.
Era difficile per lui accontentare Mattei, occorreva, dopo la nostra sconfitta in guerra, tener conto delle politiche estere degli alleati sul nostro territorio, in particolare gli Stati Uniti che dopo gli aiuti all'Italia male vedevano una politica tutta statalista basata essenzialmente sulla concorrenza energetica alle Sette Sorelle.
Solo l'intervento dell'amico Vanoni farà si che il validissimo progetto di Mattei di salvare l'Agip dai privati vada in porto.
Il profilo di Mattei che scaturisce dal film di Rosi è molto complesso e controverso, di impossibile sintesi lineare, univoca, a un primo impatto il suo personaggio sembrerebbe impregnato di miti nazionalisti e statalisti, ma a una più attenta analisi si notano qua e là duri giudizi sulla politica italiana di allora, che secondo l'ingegnere era priva di una vera politica estera e appariva snaturata dalla stessa classe dei partiti praticamente inesistenti sul piano etico e capaci, opportunamente finanziati, di portare in porto le idee stesse dei singoli presidenti di Enti Statali, comprese le sue, a discapito di una più coerente progettazione generale di sviluppo economico.
Nel film è di grande valore artistico il linguaggio visivo e le inquadrature fotografiche.
La scena dell'accensione del pozzo a metano di Caviago con i volti illuminati dei contadini che fanno tutt'uno con le loro nuove speranze è da antologia, e le suggestive inquadrature notturne nel deserto del Sahara tra i nuovi pozzi petroliferi illuminati dalle fiamme fanno pensare a una nuova Italia, inusuale, capace di raggiungere sorprendentemente paesi stranieri, molto lontani, in fondo amici, proponendo affari più giusti, di reciproco interesse.
Ma la scena capolavoro di Rosi, quella di maggior verismo e credibilità emozionale, riguarda il soggiorno di Mattei in Sicilia; due giorni di grande impatto affettivo con la folla festante di contadini, artigiani, disoccupati del luogo che sperano con il metano di Gagliano di veder ritornare i propri familiari dall'estero e uscire dalla povertà.
Le scene a Gagliano sono riprese con grande naturalismo, con una favorevole luce, intensa, vera e penetrante - come può essere solo quella presente nel Sud - che esalta gli aspetti fotografici del film. Le sequenze reali sono riprodotte da angolazioni estremamente ricercate, di grande effetto visuale, e sono ulteriormente valorizzate dalla cura della regia sul costume e gli sguardi della gente.
Gli attori-folla sono sorprendenti per semplicità e spontaneità ma anche per come riescono a entrare nel personaggio collettivo richiesto da Rosi senza mezzi termini.
"Il caso Mattei" è un film che non si può facilmente dimenticare perché presenta uno spaccato della storia d'Italia di estremo interesse, dove si può leggere con chiarezza il difficile e a volte tormentato risorgere della nazione dalla vergognosa guerra di cui siamo stati in buona parte responsabili.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 23/06/2010 10.07.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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