Recensione k-pax - da un altro mondo regia di Iain Softley USA 2001
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Recensione k-pax - da un altro mondo (2001)

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locandina del film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO

Immagine tratta dal film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO

Immagine tratta dal film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO

Immagine tratta dal film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO

Immagine tratta dal film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO

Immagine tratta dal film K-PAX - DA UN ALTRO MONDO
 

"Vorrei dirti una cosa Mark, una cosa che ancora non sai. Noi K- Paxiani abbiamo vissuto abbastanza a lungo da averlo scoperto. L'universo si espanderà, poi tornerà a collassate su se stesso e poi si espanderà di nuovo ripetendo questo processo all'infinito. Quello che non sai è che quando l'universo si espanderà di nuovo tutto sarà come adesso e qualunque errore commetterai in questa vita lo ripeterai al tuo prossimo passaggio quindi, il consiglio che ti do è di fare le scelte giuste questa volta perché, questa volta, è tutto ciò che hai".

Si conclude così questa stupenda riproduzione cinematografica del romanzo scritto da Gene Brewer nel 1995.
In tale libro viene descritta la vera vicenda di un paziente in cura presso di lui che non solo ha lasciato il segno nella sua carriera, ma anche nel suo modo di vedere le cose.
In un ospedale psichiatrico americano non c'è da stupirsi che qualcuno sostenga di venire da un altro pianeta, chiamato magari K-PAX, ma in questo caso il paziente ha qualcosa che lo distingue da tutti gli altri casi clinici. Prot (il suo nome K-PAXiano) non solo descrive il suo mondo probabilmente migliore dove tutti gli esseri viventi hanno uguale dignità, ma esercita un influsso positivo sugli altri pazienti che imparano, grazie a lui, a far fronte alle loro paure, angosce e frustrazioni.
Il fascino di questo racconto trova particolare efficacia nella riproduzione proposta dal regista che, pur attenendosi al testo, evidenzia ulteriori contenuti rispetto alla semplice analisi psichiatrica.
Difatti, mentre Gene Brewer descrive questa sua esperienza da un punto di vista medico, enunciando i limiti della sua materia sulla quale ci sono senza dubbi moltissime cose da apprendere e da scoprire, Iain Softley fornisce anche una chiave di lettura più esoterica, lasciandoci con delle riflessioni che vanno al di là della retorica e degli stereotipi tipici della descrizione di un mondo perfetto.

"Rimarreste sorpresi da quanta energia c'è in un raggio di luce".

Prot sostiene di venire dalla costellazione della Lira, distante circa mille anni luce dal nostro sistema solare e viaggiando a velocità multiple di C. Dalle analisi svolte risulta essere dotato di una prodigiosa vista: percepisce i raggi ultravioletti e, come se non bastasse, non ha la più minima reazione alle dosi massicce di psicofarmaci che gli vengono somministrate. Stupito da tutto ciò, durante le sedute, il Dottor Mark Powell sottopone il nuovo paziente a domande di routine, ma, spiazzato e incuriosito dalle sue risposte più che convincenti, deciderà di prestare una particolare attenzione al suo caso, dando luogo ad una serie di avvenimenti che porteranno Prot a misurasi con i migliori astronomi del pianeta. In questo confronto si svolgerà una delle scene più significative del film che riserverà al pubblico un' indubbia sorpresa.

In questa prima parte del film, il ritmo aumenta in maniera vertiginosa stimolando la curiosità dello spettatore. La potenza comunicativa della sceneggiatura viene supportata da una suggestiva fotografia firmata John Mathieson in cui, fantastici giochi di luce fanno da scenari; ma ancor più incisiva è la magnifica colonna sonora di Edward Shearmur che, da un punto di vista semiologico, non poteva essere più appropriata e destinata, quindi, a rimanere impressa nell'immaginario collettivo.
Tale ritmo viene frenato a metà pellicola, in cui, un particolare avvenimento farà scaturire a Prot una reazione del tutto imprevista che riporterà bruscamente il pubblico alla rivalutazione del personaggio. Da questo momento in poi, viene abbandonata l'atmosfera magica del mistero, facendo posto al dramma di in individuo con un terribile passato alle spalle; dramma che verrà messo alla luce tramite il regresso ipnotico che porterà lo spettatore alla scoperta del suo passato, svelandone sia la vera natura che la vera identità.
Il ritmo riprende verso il finale, con l'attesa partenza di Prot verso il suo "presunto" pianeta natale; il suo tempo sulla Terra è ormai scaduto.

Nello sviluppo di questa fantastica sceneggiatura, che vede un eccellente Kevin Spacey ("I soliti sospetti", "American beauty") eseguire un'interpretazione da antologia, sono notevoli gli spunti che catturano l'interesse del pubblico.
Durante le prime sedute il dottor Powell, interpretato da Jeff Bridges ("Il grande Lebowski"), cerca di analizzare la natura della psicosi di Prot, facendogli domande mirate sulle condizioni di vita del suo Pianeta.
Su K-Pax non esiste il Governo; niente leggi, niente avvocati. Non esiste il concetto di famiglia come viene inteso sulla Terra. Non ci sono carceri, tutti collaborano e nessuno lavora; semplicemente se una cosa ti va di farla la fai. Non esiste il denaro; tutte le risorse come cibo e acqua sono a disposizione di tutti e l'energia viene prodotta con la fusione nucleare ricavata dai loro due Soli.
Ora, chiunque sia vittima di frustrazioni di vario genere, causate spesso dalla frenesia del nostro stile di vita, sogna di vivere in un mondo simile, ma la cosa curiosa è che la descrizione di Prot somiglia ad una struttura societaria chiamata "Falansterio", per la quale si rende necessaria una breve spiegazione.

Il primo sostenitore di questo concetto fu Charles Fourier, autore del saggio "Il mondo delle passioni combinate ovvero Vita del Falansterio". Nel pensiero di Fourier, il Falansterio doveva rappresentare l'unità di base della nuova struttura societaria denominata Falange: ciascuno dei membri doveva essere autosufficiente dal punto di vista dei servizi e della produzione e, attraverso la coordinazione delle attività di più edifici, si sarebbe potuto risolvere definitivamente il problema dei rapporti tra città e campagna.
Nella Falange non si sarebbe avuta alcuna forma di potere o di governo e nessuno avrebbe avuto necessità di violare o infrangere l'ordine sociale, costruito in modo spontaneo e in completa armonizzazione dei desideri e delle necessità di tutti. Le decisioni più importanti riguardanti la comunità sarebbero state prese dall'Accademia, costituita dalle persone più sagge ed esperte. L'organizzazione e l'amministrazione della Falange sarebbero state trattate dall'Areopago, costituito da rappresentanti eletti direttamente dagli individui e dal Consiglio eletto dall'Areopago stesso.

Ovviamente si tratta di un concetto utopico, ma dal momento che si crede non sia possibile applicarlo in questo mondo, cosa ci vieta di farlo a distanze di migliaia di anni luce?
È possibile che un forte desiderio, ad esempio raggiungere distanze astronomiche in un istante, percepire i raggi ultravioletti o più semplicemente vivere su K-PAX, possa divenire realtà?
Secondo Anthony Robbins, autore di "Come ottenere il meglio da se stessi e da gli altri", il successo nel raggiungimento di uno scopo può avvenire solamente se si prendono in seria considerazione sette requisiti indispensabili che sono i seguenti: passione, fede,strategia, chiarezza in fatto di valori,energia,potere di legare e dominio della comunicazione.
Sia nel racconto di Brewer che nella rappresentazione cinematografica, il protagonista soddisfa tutti i requisiti; difatti Prot è appassionato di Astronomia e Fisica al punto tale da acquisirne una conoscenza strabiliante, crede fermamente di essere K-PAXiano e, secondo Robbins, ciò che crediamo vero e ciò che crediamo possibile diviene quel che è vero e quel che è possibile.

"Io ammetterò la possibilità di essere Robert Porter se tu ammetterai la possibilità che io venga da K-PAX".

Prot manifesta di sicuro una strategia in quanto, per ciò che concerne le sue affermazioni, non vi sono mai elementi sufficienti per contraddirlo. La chiarezza in termini di valori si evince benissimo dalla descrizione della struttura societaria del suo Pianeta; la capacità di legare con gli altri è così grande da permettere la guarigione di alcuni pazienti, la sua energia viene scaturita in conseguenza al fattore Passione/Fede, tale da riuscire a percepire i raggi ultravioletti (impossibile per gli umani) e, infine, la sua potenza comunicativa è dettata da un'impressionante padronanza dei suoi argomenti.

A questo punto, Prot dovrebbe essere l'immagine di una persona di successo, un luminare, un esempio da seguire; ma allora perché viene immediatamente identificato come un malato di mente?
Nel saggio di Igor Sibaldi, "Il libro del giovane Giovanni", anche se tratta temi diversi, viene data una chiave di lettura che può farci comprendere meglio questo fenomeno.
Questo saggio analizza il Vangelo di Giovanni in ogni dettaglio e, in particolare, ci fa notare quante volte viene pronunciata, dallo stesso Gesù, il lemma "mondo" che non viene mai inteso come mondo fisico, bensì come Kosmos che in greco significa "l'ordine", "l'assetto sociale" oppure, per meglio intenderci, il modo in cui la maggioranza intende rapporti tra gli uomini e ciò che è più grande di loro.
In questa analisi del testo evangelico, Sibaldi fa intendere che, secondo Gesù, questo mondo è sbagliato; è troppo angusto, ognuno di noi è troppo più grande di questo mondo per potersi adeguare ad esso senza mutilarsi in qualche maniera. Perciò a questo mondo non bisogna appartenere più; bisogna che tutto il suo assetto diventi qualcosa di estraneo e soltanto allora si comincia a vivere quella vita e quella verità più grande per le quali davvero ogni uomo è nato.
In questa analisi viene spiegata l'importanza di distinguere l'io piccolo dall'Io infinito.
L'io piccolo è quello che in questo mondo appare incerto, limitato da ogni parte, bisognoso sempre di conferme e di approvazione da parte degli altri e, assuefatto da tutto ciò che lo limita: la necessità, il potere, le leggi, l'appartenenza a una nazione e il peso del passato, l'io appare grande, ma solamente se identificato in un "Noi".
Questa particolare accezione della parola Noi è l'antagonista dell'Io infinito che, secondo Gesù, è l'Io di ogni uomo inteso come il "Figlio di Dio", della stessa sostanza del Padre, ed è in questo mondo per giudicarlo e impedirgli di fare altro danno.

"Voi siete Dei, siete tutti figli dell'altissimo, anche se morite, come ogni uomo".
Salmo 81.6-7

Suona di sicuro strano in quanto siamo abituati a pensare che dicendo "Io" Gesù parlasse di sé. In realtà è molto più probabile che intendesse l'Io di ciascun individuo ed è sorprendente come solo in questa maniera le sue parole riportate negli stessi vangeli acquistino un senso coerente.
L'Io è sempre più grande di ciò che l'uomo crede di sapere, è sempre più al di là di dove giunga lo sguardo cosciente e fa sempre da guida alla ragione umana in ogni istante del corso della vita (se la ragione impara ad ascoltarlo).
Secondo Gesù, dice Sibaldi, tra l'Io e il Noi non può esserci accordo e nemmeno comunicazione. L'Io è un principio di identità umano e divino allo stesso tempo; è in ognuno, è la piena coscienza che un uomo può avere di sé e Dio ne è sia il Padre che la guida in ogni momento (se l'uomo ha il coraggio di accorgersene). Il Noi invece è un prodotto di questo mondo e di conseguenza lo si considera un altro principio di identità.
Gli uomini entrano in un Noi, e diventano un Noi, quando abbandonano l'identità dell'Io.
Questo succede in quanto la dimensione dell'Io fa paura; quando si ha paura si cerca riparo, protezione, rifugio e, in questi termini, quale nascondiglio è migliore di un Noi?

Tornando al film, è possibile trovare riscontro dell'analisi posta da Sibaldi in alcuni aspetti tecnici della sceneggiatura. Non è un caso che sia stata alterata la provenienza di Prot; difatti, mentre nel libro si fa riferimento alla costellazione della Bilancia, nel film si parla della costellazione della Lira. Non ci sono state da parte degli sceneggiatori particolari spiegazioni di questo cambiamento, ma vedendo il film e al di là di ciò che concerne l'astrofisica, chiunque conosca la storia della mitologia greca (vedi: Hermes, Orfeo e Euridice) può dedurne le potenziali ragioni.
Non cambia invece il concetto fisico/astronomico in quanto, in entrambe le costellazioni (quella della Bilancia e della Lira) sono presenti stelle binarie simili a quella descritta da Prot, ma risulta strano il nome che attribuisce ad essa; in nessuna delle due costellazioni esiste una binaria con il nome di Agape e Satori (dalla descrizione è probabile che si tratti di Zeta Lyrae, stella binaria apparente costituita da una stella blu-bianca di sesta magnitudine e una gigante rossa semiregolare che varia tra le magnitudini 4 e 5).
Nel cristianesimo l'agape è inteso come l'amore gratuito di colui che dona tutto se stesso all'altro o agli altri senza prevedere e senza pretendere nulla in cambio, ed è perciò incondizionato o assoluto.
Il Satori è maggiormente diffuso nella pratica del Buddismo Zen (da satoru, "rendersi conto"). Indica l'esperienza del risveglio inteso in senso spirituale in cui non c'è più differenza tra colui che si "rende conto" e l'oggetto dell'osservazione.
Il termine Satori esiste anche in psicologia e indica ciò che va oltre i confini dell'Io. Da un punto di vista logico, è scorgere la sintesi dell'affermazione e della negazione; in termini metafisici, è afferrare intuitivamente che l'essere è il divenire e il divenire è l'essere.

In base a quanto detto finora, la storia di Prot vuole lasciarci intendere che il protagonista abbia viaggiato nell'Universo e acquisito tutte le sue conoscenze semplicemente raggiungendo la dimensione dell'Io, ma a quale prezzo?
L'epilogo del film sembra non lasciare dubbi sulla natura disturbata della personalità di Robert Porter (il nome "umano" di Prot), ma, prendendo in considerazione la possibilità che quanto scritto da Sibaldi nel suo libro sia vero, come possiamo limitarci a definirlo un semplice malato di mente bisognoso di cure? Come si può non sperare che il viaggio nell'Universo sia realmente possibile?
Nella suggestivo monologo finale, caratterizzato dalla voce fuori campo di Prot che si rivolge a Mark, ci vengono date nozioni astronomiche relative al destino dell'Universo e ci spiegano che quest'ultimo, collassando su se stesso e riespandendosi di nuovo, ripetendo questo processo all'infinito, ci porterà a rivivere ogni momento già vissuto alla stessa maniera.

Molti studiosi nel campo della Fisica ancora oggi ci affascinano con formulazione di teorie complesse che potrebbero in futuro trovare riscontro in quanto afferma Prot.
Tra le più conosciute c'è l'interpretazione dei "molti mondi" della meccanica quantistica, proposta da Hugh Everett III nel 1956 di cui il fisico David Deutsch, dell'università di Oxford, risulta essere uno dei maggiori sostenitori.
Sono moltissime le opere letterarie di fantascienza che si ispirano a questa teoria riprendendo il tema delle dimensioni parallele (a volte legato al viaggio nel tempo), come ad esempio: "La fine dell'eternità" ("The End of Eternity") di Isaac Asimov del 1955, oppure "Assurdo universo" (1949) di Fredric Brown.
Anche nel cinema si riscontrano moltissime opere, tra cui: "From Beyond - Terrore dall'ignoto" (1986) di Stuart Gordon, ispirato ad un racconto dello scrittore H. P. Lovecraft, "Ritorno al futuro - Parte II" (1989) di Robert Zemechis ed il più recente "Donnie Darko" (2001) di Richard Kelly; tornando però al film e tralasciando l'aspetto relativo al viaggio nell'Universo, quello che veramente incuriosisce è che l'affermazione di Prot non fa sperare in un'altra vita dopo la morte.
Al nostro prossimo passaggio sarà esattamente tutto come adesso e tutti gli errori commessi in questa vita verranno ripetuti anche nella prossima.

Sempre nel saggio di Sibaldi, viene introdotto il concetto astratto di Aiòn, ovvero, il presente universale in tutta la sua pienezza e in ogni attimo del tempo.
Vivere nell'Aiòn consiste nel vivere il tempo senza avvertire il peso del passato, coscienti del fatto che il passato di per sé non esiste.
Il presente contiene il passato che da esso dipende interamente; un "Grande Tempo" cosmico superiore all'idea di inizio e di fine.
Chiaramente non è possibile vivere nell'Aiòn e nella dimensione umana di questo mondo contemporaneamente. Si vive nell'Aiòn quando ciò che si vive qui ed ora acquista un senso, se ne esce invece, quando quel senso sfugge e si cerca altrove, quindi, il tempo di questo mondo e il Grande Tempo sono due modi diversi di vivere ciò che si vive. Ciò che cambia nel passare dall'uno all'altro non è l'oggetto e tanto meno il luogo, ma semplicemente la percezione. In parole più semplici, si può passare dal tempo di questo mondo al Grande Tempo (e viceversa) rimanendo esattamente dove siamo e con lo stesso corpo.
Tale percezione la si può avvertire chiaramente nella magnifica sequenza dell'uccello azzurro.
In questo particolare avvenimento appare chiaro il passaggio dal tempo convenzionale al tempo cosmico succitato, costituito da pochi istanti in cui,come per magia, non ci sono più differenze; i pazienti si dimenticano di essere malati come anche i medici si dimenticano di essere tali, e tutti quanti, semplicemente umani, gioiscono per l'evento che si svolge in quello che potremmo definire un momento di eternità a cui sarà difficile rimanere insensibili.
Quanto scritto non ha il compito di dare risposte ai quesiti che il film ci lascia (dove è finita Bess?), ma di sicuro può indurci a riflettere su come viviamo il nostro tempo e su come potremmo trarne maggiori benefici imparando a non diventarne schiavi.

"La morte è un qualcosa su cui non abbiamo controllo, perché passare la vita a preoccuparsene?"

La pellicola da un punto di vista commerciale, incassando 65 milioni di dollari a fronte di un budget di 68 milioni, risultò un clamoroso flop; ma come già successo in passato per altri capolavori del cinema, non si esclude una sua potenziale e meritevole rivalutazione nel corso degli anni; non rimane quindi altro da fare che consigliarne la visione, lasciandovi l'ultima frase scritta da Gene Brewer nel suo libro:
"Forse un giorno o l'altro ritornerà. Secondo i suoi calcoli dovrebbe arrivare presto. Giselle, che lo sta aspettando pazientemente, non ha nessun dubbio, né i pazienti, ne la maggior parte del personale che conserva i suoi occhiali da sole nel piccolo armadio a fianco del suo letto. Ogni tanto esco di notte e guardo il cielo, verso la costellazione della Bilancia, e sogno..."

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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 14/01/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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