Voto Visitatori: | 6,42 / 10 (12 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 6,00 / 10 | ||
Un ristorante di sera a Roma, i suoi clienti, i gestori, la brigata.
Questi gli ingredienti del film "La cena" uscito nel 1998 con la regia di Scola.
Dopo il grande successo de "La famiglia" , Scola ripropone il film "corale" girato quasi completamente in interni, e richiama un suo protagonista fisso, l'anziano Vittorio Gassman, qui nei panni del trait- d'union tra i vari personaggi della storia.
Bravi quasi tutti gli altri interpreti, da Fanny Ardant, già con Scola ne "La famiglia", alla Sandrelli (anch'essa attrice d'elezione nei film del regista), da Giancarlo Giannini ai caratteristi di razza Riccardo Garrone ed Eros Pagni.
Accanto agli attori del passato, volti di fortuna più recente anche di stampo televisivo, come Rolando Ravello - all'epoca quasi sconosciuto, oggi popolare interprete di fiction (una su tutte quella su Marco Pantani).
Teatrale più che da film la tematica scelta: la serata in un ristorante vista da diverse angolazioni.
Film molto parlato quindi, ed affidato alla dialettica dei vari protagonisti come anche all'abilità degli sceneggiatori.
I tavolini contigui vivono ognuno delle storie diverse, e anche la bella proprietaria dalle magnifiche scarpe e la brigata che si affanna in cucina hanno una vita propria: il cuoco di sinistra eternamente scontento blatera dall'inizio alla fine, l'altera Fanny vive un conflitto interiore che la costringerà a una scelta definitiva; il tutto mentre i clienti interpretano i loro drammi e le loro infelicità: una madre che si ostina a nascondere gli anni che passano non accetta la vocazione di sua figlia, una sciocca studentessa vede svanire la sua illusione d'amore per il maturo docente di filosofia, un neo laureato e la sua madre snob festeggiano con dei convitati piuttosto diversi da loro.
Elemento comune delle varie microstorie la solitudine e soprattutto l'incomunicabilità.
Pur parlando continuamente i vari protagonisti non riescono a comunicare al prossimo i loro sentimenti, le loro pulsioni, e si sfogano logorroicamente (l'interminabile lettera che la studentessa legge al suo professore è un comico esempio).
Paradossalmente l'unico che riesce a vedere oltre le cose è un bambino giapponese silenziosissimo e preso per tutto il tempo dal suo giochino elettronico.
La parola è quindi messa alla berlina, così come l'incontro, la riunione conviviale.
Incontrarsi è inutile se parlare non significa comunicare.
Amarissimo il senso del film, e neanche il finale spiazzante e decisamente fuori le righe serve a cancellare il messaggio che il regista invia.
Scola stesso però non riesce in toto nel suo intento, poiché il film rimane in sospeso: alcuni momenti della storia sono lievi, altri ironici altri esasperanti, e non basta la recitazione asciutta e professionale della maggior parte degli attori a salvare completamente la pellicola.
Gassman è ripiegato in se stesso, il suo ruolo di grande vecchio "super partes" è stucchevole e poco rilevante malgrado le intenzioni mentre alcuni episodi sono mal risolti o mal gestiti dai loro interpreti.
Pellicola godibile, ma lontana dagli altri lavori del passato di Scola, giudizio: sufficiente, ma si potrebbe fare di più in quanto le capacità e le basi non mancano.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 27/01/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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