Voto Visitatori: | 6,47 / 10 (134 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
"Shadow" è l'opera seconda del cantante e leader dei Tiromancino Federico Zampaglione. Se già sorprese, all'uscita del suo primo film, "Nero Bifamiliare", l'escursione di Zampaglione in un mondo completamente nuovo come quello del cinema, forse è ancora più sorprendente la scelta di genere che il regista ha preso per il suo secondo film: l'horror.
In realtà scopriremo poi come Zampaglione abbia sempre avuto una fortissima passione per tale genere e radicata l'idea di cimentarsici. Scelta difficile e rischiosa, perché nell'horror il fallimento è sempre dietro l'angolo, specie in Italia, dove siamo passati dall'essere un punto di riferimento mondiale (da Bava padre fino al primo Argento) alla quasi totale mancanza di titoli e registi negli ultimi 20 anni.
"Shadow" è una boccata d'aria fresca (anzi malsana, sgradevole, quasi irrespirabile), comunque una boccata d'aria, in questa apnea ventennale del cinema horror italiano.
David, reduce americano del fronte iracheno, può finalmente coronare il proprio sogno: fare biking in un meraviglioso paesaggio naturale europeo (non meglio precisato). Qui incontrerà un'altra biker, Angeline, con la quale scatta il classico colpo di fulmine.
Purtroppo i ragazzi, saranno "prede" di due cattivissimi cacciatori che, a causa di un piccolo screzio, saranno addirittura pronti ad ucciderli. C'è qualcun altro nel bosco però, qualcuno ancora più cattivo. E per i quattro, bikers e cacciatori, comincia un vero e proprio incubo...
Da questo momento la recensione contiene elementi di spoiler; se ne sconsiglia pertanto la lettura a chi non abbia ancora visto il film.
Vero e proprio incubo già. Perché di questo si tratta. David in realtà si trova ancora in un ospedale militare in Iraq. Si è reso "colpevole" di uno spietato eccidio di civili in una grotta ma nello scappare è rimasto vittima (insieme ai suoi compagni) di una granata. I suoi due compagni sono morti mentre, nell'ultima inquadratura, scopriremo che lui ha perso entrambe le gambe. Dunque, tranne che in questa rivelatrice cornice finale, il film non è altro che un incubo di David.
Quello che convince di più, e vero punto di forza del film, è che tale incubo sia perfettamente collegato alla vicenda irachena di David, sia trasposizione metaforica e sublimazione di quello che gli è accaduto. A tal proposito il motore dell'incubo, e quindi del film, è senz'altro il senso di colpa.
David non è direttamente colpevole del terribile eccidio, anzi aveva tentato di fermare i suoi due compagni soldati. Chi sono questi compagni? Nient'altro che i due cacciatori presenti nell'incubo, mentre Angeline (la biker di cui si innamora) è in realtà l'infermiera dell'ospedale militare.
E' bene tenere a mente tutti e quattro questi ruoli, perché c'è una perfetta trasposizione tra la realtà e il sogno di David. Se usiamo quindi il metro proposto del senso di colpa o, se vogliamo, quello della responsabilità, sarà massima quella dei due cacciatori, parziale (da testimone quasi impotente) quella di David, nulla quella di Angeline.
E' il momento di introdurre Mortis, lo straordinario cattivo del film, il "mostro" che rapisce i quattro protagonisti portandoli nella sua tremenda dimora sottoponendoli (tranne la ragazza) a terribili torture.
In questo gioco di metafore Mortis rappresenta la Morte (non ha neanche l'ombelico, perché la morte non nasce) sebbene non in senso assoluto; piuttosto la Morte vendicatrice, quella che deve far giustizia, quella che la deve far pagare ai "signori della guerra". E' in realtà la personificazione di tutte le vittime di guerra (anche fisicamente sembra una loro crasi: fisico da ebreo dei campi, viso da disastro nucleare, corpo da torturato), vittime che attraverso Lei avranno la loro vendetta.
Ora che abbiamo le due carte interpretative, cioè i gradi di colpevolezza e la figura di Mortis, può essere meno impegnativa la lettura del film. A morire per mano di Mortis infatti saranno soltanto i due cacciatori (i soldati colpevoli dell'eccidio) mentre a David verrà "soltanto" tolta una palpebra lasciando l'occhio sbarrato, simbolo di testimonianza e impossibilità di non vedere il massacro compiuto.
Angeline invece, completamente innocente, non sarà nemmeno toccata da Mortis, anzi, come nella realtà è stata lei a salvare David (in fin di vita per la granata) anche nell'incubo sarà la sua voce a far trovare al ragazzo la strada per uscire dalla casa-inferno del mostro.
Del resto il nome Angeline non è casuale. Affatto banale quindi questo "Shadow", ma il prodotto avrebbe funzionato benissimo anche se non si fossero cercati tutti questi sottotesti.
A livello tecnico infatti il film risulta comunque ottimo, decisamente superiore alla media di genere italiana (e non solo):
- Fotografia mozzafiato, che passa dai campi lunghissimi degli stupendi paesaggi (vicino Tarvisio) ai primissimi piani, quasi dettagli, dei protagonisti.
- Colonna sonora disturbante e funzionale, veramente notevole, firmata in toto dal regista.
- Interpretazione degli attori di ottimo livello (solo i due cacciatori un pò troppo sopra le righe, ma funzionano) sui quali spicca quella memorabile del mimo Nuot Arquint, capace di dare vita a uno dei più bei cattivi cinematografici degli ultimi anni (le smorfie e lo sguardo durante la prima tortura sono qualcosa di straordinario).
- Scene d'azione perfette come quella dell'inseguimento in macchina ai due bikers.
- Ambientazioni degli interni da incubo, tensione per tutta la durata della pellicola molto sopra la media.
Ovviamente non sono pochi gli errori di sceneggiatura ma gran parte saranno giustificati dal twist finale. Certo è che dopo aver creato una figura di cattivo così perfetta (al pari della sua "dimora") ci saremmo aspettati morti più complesse, meno banali, per i due cacciatori.
Del resto la parte delle torture, a livello orrifico, è forse la più riuscita del film e forse si sarebbe potuto arrivare in quel contesto "fino in fondo" senza far fuggire i due per poi, in maniera poco credibile, farli inseguire in macchina da Mortis ed essere investiti.
Il film ha avuto grandissime difficoltà di distribuzione e, una volta uscito, non è rimasto nelle sale più importanti che per più di due settimane. Fa specie che film orribili come ad esempio "The final destination" godano di straordinaria pubblicità e distribuzione, mentre ottimi prodotti, come "Shadow", per giunta italiani, siano completamente abbandonati a sé stessi.
Annoso problema quello della distribuzione e, probabilmente, irrisolvibile.
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Recensione a cura di oh dae-soo - aggiornata al 04/08/2010 15.57.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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