Recensione vita di pi regia di Ang Lee USA 2012
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Recensione vita di pi (2012)

Voto Visitatori:   7,48 / 10 (191 voti)7,48Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior regia (Ang Lee)Migliore fotografia (Claudio Miranda)Migliore colonna sonora (Mychael Danna)Migliori effetti speciali (Bill Westenhofer, Guillaume Rocheron, Erik-Jan De Boer, Donald R. Elliott)
VINCITORE DI 4 PREMI OSCAR:
Miglior regia (Ang Lee), Migliore fotografia (Claudio Miranda), Migliore colonna sonora (Mychael Danna), Migliori effetti speciali (Bill Westenhofer, Guillaume Rocheron, Erik-Jan De Boer, Donald R. Elliott)
Miglior colonna sonora (Mychael Danna)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior colonna sonora (Mychael Danna)
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locandina del film VITA DI PI

Immagine tratta dal film VITA DI PI

Immagine tratta dal film VITA DI PI

Immagine tratta dal film VITA DI PI

Immagine tratta dal film VITA DI PI

Immagine tratta dal film VITA DI PI
 

Da qualche anno, tra i grandi autori del cinema contemporaneo, sembra essere tornato di moda il soggetto dell'indagine teologica. Raramente si è riusciti a produrre film compiuti sull'argomento soprattutto quando più che soffermarsi su questioni religiose, si è preferito spingersi su concetti escatologici o metafisici. Forse l'unico esempio di film capace di affrontare in modo esaustivo argomenti tanto spinosi è stato "2001 Odissea nello spazio" mentre ultimi esempi di cinema di genere li abbiamo avuti con "The Tree of life" di Terrence Malick o "The Fountain" di Aronofsky. Se Malick si interrogava più su questioni di morale, "The Fountain" cerca un punto d'unione della metafisica trascendentale con risultati non sempre all'altezza delle aspettative.
Yann Martel con il romanzo "Vita di Pi" è riuscito dove in molti hanno fallito, ovvero, depurando il suo romanzo da qualsiasi speculazione religiosa o di morale, ha scelto una storia semplicissima a valore altamente simbolico per provare a dare la risposta al quesito più vecchio del mondo: "Dio esiste?".

Vincitore premio Brooker Prize del 2002, adottato come libro di testo nelle scuole canadesi, "Vita di Pi" ha venduto circa 9 milioni di copie diventando uno dei più grandi best seller planetari degli ultimi anni.
Premesso che il libro di Yann Martel non entrerà nella storia della letteratura mondiale ma al massimo potrà ritagliarsi un posticino sugli scaffali di qualche libreria, Martel riesce a confezionare un dignitosissimo romanzo grazie ad alcuni felici intuizioni. "Vita di Pi" è un romanzo che si caratterizza per essere una perfetta fusione di storie già raccontante da autori come Edgar Allan Poe ("Storia di Arthur Gordon Pym") nonché di Moacyr Scliar in "Piccola guida per naufraghi con giaguaro e senza sestante" richiamato addirittura dall'autore nel testo dell'opera. Senza contare che le storie di naufragi né è piena la letteratura, da Robison Crusoe passando per i romanzi di Salgari, si può concludere che "Life of Pi" è una perfetta fusione di romanzi già scritti a cui vi si aggiunge però grande metafora esistenziale.
Martel, pur provando a suggerire più di quello che dice, rinuncia a qualsiasi speculazione su questioni di morale o di valore ma, tramite la semplicità della sua storia, riesce a presentare gli aspetti più duri della realtà e la speranza, che abbiamo tutti, che esista qualcosa di buono che ci guidi.

Da questo materiale di partenza la trasposizione filmica diventa una diretta conseguenza poiché gli ingredienti per un grande successo ci sono tutti: storia edificante, sottotesto religioso , un ragazzino come protagonista, la presenza animali e di paesaggi esotici.
Tutto elementi presenti nel ricettario dei grandi successi Disney, eppure limitarsi a bollare questo come l'ennesimo film commerciale sarebbe ingeneroso soprattutto se dietro la macchina da presa c'è uno dei più grandi autori contemporanei come Ang Lee.
Il regista cinese è l'anello di congiunzione tra la cinematografia occidentale e quella orientale capace di unire due diverse sensibilità intuendone gli aspetti peculiari: la cura della messa in scena e una forte introspezione psicologica per quanto riguarda il cinema asiatico si contrappone a una maggior attenzione nella trama e nelle dinamiche del racconto per il cinema occidentale.
L'ecclettismo di Ang Lee è già rinvenibile nella sua cinematografia, barocca e sontuosa per i lavori svolti nel suo paese d'origine come in "Mangiare bere uomo donna", "La Tigre e il Dragone" e "Lussuria", molto più posata e misurata quella americana con "Tempesta di Ghiaccio" "Brokeback Mountain" ed infine una mainstream rinvenibile nel maltrattato "Hulk" ed approdata in lidi più felici con "Vita di Pi".

In primo luogo "Vita di Pi" è un film che cerca, non solo nelle tematiche del romanzo ma anche nello stile, di raccontare una storia universale, accessibile a tutti, che prescinde qualsiasi differenza culturale, sociale o religiosa. In realtà da sempre un certo cinema mainstream prova ad accontentare tutti i gusti del pubblico per cercare di avere maggiori sbocchi nei vari mercati; in tal caso, questa ricerca non è da attribuire solo da ragioni commerciali ,che pure esistono visto i 120 milioni di dollari di budget investiti, ma anche narrative legate alle tematiche trattate.
Non è possibile negare che sotto il punto di vista della storia il film sconti alcune banalità di sorta, si preferiscono attori particolarmente caratterizzati come Suraj Sharma, piuttosto di concentrarsi su interpretazioni convincenti. La storia sconta alcune forzature e un'atmosfera generalmente buonista e ottimista, non si corrono particolari rischi puntando tutto sulla spettacolarità della messa in scena.
"Vita di Pi" è uno dei film più belli dal punto di vista estetico mai realizzati, un vero trionfo per gli occhi. Immagini meravigliose si alternano continuamente sullo schermo, il mondo di Ang Lee sembra essere uscito da un quadro surrealista di Salvator Dalì, ogni immagine è studiata nei minimi dettagli, dagli accostamenti cromatici ai più piccoli particolari degli animali anche grazie ad un sublime uso della computer grafica.
Il tutto aiutato brillantemente da uno splendido 3D, non solo finalmente funzionale alla storia raccontata ma soprattutto ben fatto secondo solo ad "Avatar" di Cameron.
Vedere questo film senza l'ausilio dei tanto criticati occhialini è un vero peccato, non permettendo di coglierne non solo i particolari estetici ma quel coinvolgimento che la tecnica dona ai film.
Solo per quanto detto, "Vita di Pi" meriterebbe la visione ma c'è altro da aggiungere e riguarda la trama e le tematiche ad essa sottese. Da questo punto in poi verranno analizzati i singoli aspetti del film e di conseguenza sarà indispensabile ricorrere a numerosi "spoiler". E' premura sottolineare che qualora si avesse interesse di vedere il film di non leggere nessuna anticipazione di sorta, poiché "Vita di Pi" è un film caratterizzato da un alto valore metaforico che non ha un'interpretazione unica e che pertanto vede nell'elemento soggettivo esplicativo il suo vero punto di forza.

LA STORIA

Il film si apre con un breve preambolo dove uno scrittore in crisi creativa si reca da Piscine Molitor Patel, docente universitario, per ascoltare la storia della sua vita e della sua incredibile avventura. Il racconto parte, come si conviene, dall'infanzia trascorsa con i suoi genitori gestori di un giardino zoologico. Già da piccolo Piscine nutre una profonda fascinazione verso il mondo della natura e degli animali oltreché una spiccata sensibilità religiosa che lo fa avvicinare a quasi tutte le principali religioni del pianeta. In questa fase iniziale, lo stile adottato e quello fiabesco, Ang Lee sembra rifarsi al cinema di Jeunet o di De la Iglesia, ci viene presentato un mondo eccentrico, popolato da personaggi surreali e molto caratterizzati.
Ben presto la famiglia di Pi è costretta ad emigrare in Canada, sfrattata dal giardino zoologico che li ospitava e obbligata a portare con sé tutti gli animali di loro proprietà. In questo viaggio surreale, Pi e la sua famiglia, novelli Noè, saranno costretti ad attraversare due oceani in cerca di miglior vita. Purtroppo vittime di un tremendo temporale, la nave da cui sono trasportati affonda lasciando Pi come unico sopravvissuto essendo riuscito a trovare riparo su una scialuppa di salvataggio. La solitudine di Pi è di breve durata, essendo ben presto raggiunto da una serie di ospiti indesiderati trasportati dalle onde: una zebra ferita, un orango, una jena e una feroce tigre del bengala soprannominata dai genitori Richard Parker.

Quasi come un ritorno allo stato di natura, la barca si trasformerà in un mondo primordiale dove la scarsità di risorse, nonché di spazio, metterà gli animali uno contro l'altro affermando la regola del più forte. In questa fase del film emerge il lato oscuro della natura, gli splendidi paesaggi ricreati da Ang Lee si contrappongono alla crudeltà della vita; Pi lotta strenuamente per affermare la sua supremazia e, ben presto, la natura farà il suo corso affermando la sopravvivenza solo dei due animali più forti: l'uomo e la tigre.
Pi, come rappresentante del genere umano, pur avendo la possibilità di sbarazzarsi del pericoloso ospite decide di salvare Richard Parker e di prendersene amorevolmente cura. Emerge il concetto di pietas e di come l'uomo, pur avendo degli istinti animaleschi sempre presenti, riesce a compiere scelte che lo elevano a qualcosa di diverso da una bestia.
Per tutta la durata del viaggio, Pi e Richard Parker convivranno in un rapporto simbiotico laddove il primo ha bisogno dell'uomo che gli procuri il cibo per sopravvivere il secondo ha bisogno della presenza fisica di Richard Parker per riuscire a sopportare tanti mesi di solitudine.
L'approdo in un'isola dall'aspetto ameno e ospitale darà a Pi l'illusione della salvezza, ma ben presto l'isola mostrerà il suo lato nascosto fatto di pericoli e insidie, tanto da spingere i due naufraghi a rimettersi in viaggio. Il coraggio di Pi verrà ripagato riuscendo ad approdare sulle coste del Messico e ad essere tratti in salvo. Di li le loro strade si divideranno e Pi, soccorso da pescatori locali, non rivedrà mai più la sua feroce "amica".

In questa fase emerge l'aspetto più interessante del film, nel momento in cui Pi rilascia ai suoi soccorritori due diverse versioni su come si sarebbero svolti gli eventi. Alla prima versione dei fatti ve ne si affianca un'altra, dove il ragazzo non sarebbe stato l'unico sopravvissuto, avendo dovuto condividere la sua avventura con altri pericolosi animali: gli uomini.
Il racconto di Pi diventa lentamente il racconto di un dramma, su come insieme a lui sulla barca avessero trovato rifugio la madre del ragazzo, il cuoco della nave e un inserviente ferito. Ben presto però le dinamiche che verranno a crearsi all'interno della barca non saranno dissimili da quelle immaginate da Pi. Il cuoco sacrificherà l'inserviente moribondo per cibarsene e ucciderà la madre di Piscine colpevole di difendere il figlio indignato da simili barbarie. La lotta alla sopravvivenza sarà il filo conduttore e ben presto Pi, come il Richard Parker del suo racconto, ucciderà la Jena (il cuoco) colpevole di efferati crimini sull'inserviente (zebra ferita) e la madre (orango). Questo dualismo narrativo posto in essere da Pi sottolinea come indipendentemente dai fatti l'uomo non sia diverso dagli altri animali e che la civiltà è qualcosa che nasce proprio per reprimerne gli istinti.
Emergono le riflessioni di hobbesiana memoria dell' homo homini lupus e che la civiltà non ha fatto altro che nascondere il volto terreno dell'animo umano. Il libro si conclude così, dove Piscine chiude il suo racconto chiedendo a Martel quale delle due "versioni dei fatti" risultasse essere più bella da credere, se la prima o la seconda, e che alla fine fossero sostanzialmente uguali. Martel ritiene essere più piacevole credere alla prima piuttosto che alla seconda... "anche Dio la pensa allo stesso modo".

LA METAFORA

La cripticità del finale è il punto di forza del film, non vengono espressi giudizi di valore, non si fa una critica alla morale, non si parla né di etica né di valori religiosi. Per quante interpretazioni sia possibile dare a questa storia, per quanti simbolismi e sottotesti possano essere rinvenuti, sarebbe sbagliato credere che le due storie siano differenti. In realtà sono simili.
Forse è più facile credere al primo racconto per il semplice motivo che la lotta per la sopravvivenza è un concetto acquisito e che è più facile per noi accettarlo presente nel mondo animale piuttosto che pensarlo presente anche nel nostro.
La civiltà ha introdotto una serie di regole e principi che disciplinano la vita degli individui, ciononostante non ne ha mai annichilito gli istinti. Per quanto l'arte e la cultura abbiano dato all'uomo una levatura morale superiore, in situazioni di difficoltà né emergerà sempre l'indole.
In questo non c'è un giudizio di valore, non c'è denuncia, ma è semplicemente una costatazione della realtà e della sua ineluttabilità. Ecco il perché della prima storia, ed ecco perché è possibile interpretarla secondo più chiavi di lettura.
In questa sede non si ha l'ambizione di elencare tutte le possibili interpretazioni, "Vita di Pi" può avere molti punti di vista e, data l'ambiguità dei riferimenti, è impossibile riuscire a dare una spiegazione del tutto esaustiva.
Da una prima analisi si sottolinea il ruolo della fantasia e di come quest'ultima possa aiutarci a vivere. L'aver trasfigurato la realtà in una fiaba ha reso per Pi più sostenibile il dramma vissuto, così facendo è riuscito a censurare il "Richard Parker" che c'è in tutti noi. E' possibile ritenere che la fantasia e il racconto fantastico siano un valido supporto per l'uomo, che lo aiutino a vivere e ad affrontare la realtà. E' dalla notte dei tempi che l'uomo si affida al potere evocativo del racconto, è cos'è allora la religione se non un racconto che travisa e reinterpreta gli eventi reali e il mondo? Martel e Ang Lee ci comunicano l'importanza del credere e del perché solo credendo che è possibile vivere meglio ed elevare il nostro essere a qualcosa di più di meri istinti animaleschi.

E' possibile, però, sottoporre la storia ad un'altra chiave interpretativa, analizzando aspetti apparentemente marginali ma che possono dare al racconto un significato più profondo.
Si vuole analizzare il rapporto con Dio, non a caso il film si apre proprio con "una storia che le farà credere in Dio", la storia raccontata da Piscine non è in realtà un'esperienza mistica, una narrazione di eventi soprannaturali ma bensì una storia che sottolinea la necessità di credere che esista qualcosa al si sopra di noi. Pi nel racconto fantastico diventa una sorta di Javhè, di Allah, di una divinità induista, la sua ricerca religiosa all'inizio del film vuole rendere questo personaggio un degno rappresentante di tutte le religioni. Il Pantheon delle Divinità indù è estremamente variegato e proprio questa sua ampiezza ha portato parecchi a ritenere l'Induismo una religione politeista, invece gli innumerevoli dei Indu altro non sono che le diverse forme in cui si manifesta il Divino.
Emerge un parallelismo tra la concezione della Divinità Induista e il nostro Dio monoteista, parallelismo incarnato dalla diverse conversioni di Pi che ci comunica che tutte le religioni sono l'espressione di un Dio unico ed inscindibile.
Quello che emerge fin da subito è che, nel racconto fantastico, i personaggi sono cinque mentre solo quattro nella seconda versione. Chi è il personaggio in più? Se accettiamo il parallelismo dalle due versioni, come rovescio della stessa moneta, è evidente che è un particolare di non poco conto. La risposta non può essere che Dio viene incarnato all'interno del valore della pietà e della solidarietà, valori del tutto assenti nella seconda versione. Da questo punto di vista il Pi del primo racconto non è il Piscine vero e reale, quello che ha ucciso per la sua sopravvivenza comportandosi come una tigre, ma bensì un essere soprannaturale che cerca di imporre le sue regole di rispetto, amore e solidarietà con risultati non sempre soddisfacenti. Pi dorme su una piccola zattera esterna al luogo dove risiedono gli animali e come Dio sta fuori dal mondo. Pi è un essere estraneo al contesto. Diventa portatore di etica e di regole che non sempre riescono ad essere recepite e ad evitarne il relativo massacro. Ciononostante Piscine avrà a cuore le sorti di tutti non negando il suo amore neanche alla più famelica delle bestie.
Sarà Piscine non solo a salvare la vita più volte a Richard Parker ma si occuperà anche di nutrirlo ed accudirlo. Il rapporto tra la tigre e Pi sembra quello intercorrente tra l'uomo e Dio, l'incapacità umana di vedere la divinità è emblematica nella scena finale dove la tigre abbandona Pi senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. La natura di Richard Parker gli impedisce di capire l'amore ricevuto senza il quale non sarebbe mai riuscito a conseguire la salvezza.
In questa chiave di lettura sembrerebbe quindi trovare una spiegazione del perché la prima storia risulta essere quella più bella da credere, fatta d'amore e del prendersi cura, un amore che non chiede nulla, solo il bisogno di esistere.
Esistono altri elementi di non facile decifrazione, come quello dell'Isola che può rappresentare la vita terrena così, invece, il Messico può simboleggiare il Regno di Dio, il luogo di pace dove si arriva alla fine di un tremendo percorso che è la vita.

Il Dio di Martell-Ang Lee non è visto come onnipotente ma quasi come un padre amorevole, che cerca di aiutare i suoi figli non sempre riuscendo ad ottenere quanto desiderato (ecco perché l'esistenza del male). L'uomo, invece, appare come un essere fragile dall'apparenza feroce, incapace di capirne l'esistenza in quanto, come la tigre, non ha i mezzi per farlo ma solo per intuirlo.
La morale di fondo è che Richard Parker fa parte di noi così come ne fa parte l'animo sensibile di Pi e che dobbiamo rivolgerci alla nostra coscienza per capire la vera essenza della divinità.

In conclusione "Vita di Pi" non è un'indagine metafisica sull'esistenza di Dio, né un'analisi morale della realtà. Il messaggio è di accettazione di quest'ultima come qualcosa d'ineluttabile che va preso così com'è ma che, per vivere meglio, bisogna lasciarsi andare a qualcosa di invisibile agli occhi - ma non alla mente - e solo la fede può esserne la risposta.
Riassunto in poche righe in fin dei conti non si può sostenere che il film sia rivoluzionario, però la bellezza di come viene raccontato il tutto e l'universalità del messaggio rendono "Vita di Pi" un film da vedere.
Sebbene abbia ricevuto 11 nomination agli Oscar molto probabilmente il film verrà ignorato per due ordini di motivi: il primo è che non è stato un grande successo commerciale negli Stati Uniti, anche se fortunatamente all'estero ha avuto ben altri riscontri. Il secondo motivo è che risulta essere un film difficilmente catalogabile all'interno di un target definito e questo dinanzi alla convenzionalità delle scelte dell'Academy è un handicap non di poco conto.
La speranza è che tale previsione venga disattesa e che "Vita di Pi", pur non essendo un vero e proprio capolavoro, riesca ad ottenere un grande riscontro poiché è sempre più raro che vengano realizzati film per il grande pubblico di tale spessore e profondità.

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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 17/01/2013 17.00.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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