il canto delle spose regia di Karin Albou Francia, Tunisia 2008
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il canto delle spose (2008)

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locandina del film IL CANTO DELLE SPOSE

Titolo Originale: LE CHANT DES MARIÉES

RegiaKarin Albou

InterpretiLizzie Brocheré, Olympe Borval, Najib Oudghiri, Simon Abkarian, Karin Albou

Durata: h 1.40
NazionalitàFrancia, Tunisia 2008
Generedrammatico
Al cinema nel Dicembre 2009

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Trama del film Il canto delle spose

Due ragazze, amiche e vicine di casa dall'infanzia, vivono le loro prime esperienze sentimentali. Myriam è promessa in sposa a Simon, un medico molto più grande di lei. Nour ama Khaled, suo cugino, e lo vorrebbe sposare. Una è ebrea, l'altra è musulmana. Siamo nel 1942, durante l'occupazione tedesca della Tunisia, le forze dell'Asse cercano di riunire la popolazione tunisina musulmana in cambio di una promessa d'indipendenza. Le due ragazze si ritrovano proprio quando tutto sembra separarle.

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Voto Visitatori:   7,13 / 10 (4 voti)7,13Grafico
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Voti e commenti su Il canto delle spose, 4 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  11/04/2014 21:21:10
   7 / 10
Un film tutto al femminile (Compresa la regia) che narra della situazione in Tunisia ai tempi dell'invasione nazista. La diverse culture e credenze religiose che fino a quel momento convivevano nel rispetto reciproco sono costrette ad affrontarsi per cercare di avere salva la vita. Ovviamente ad avere la peggio sono gli Ebrei, grande fetta di popolazione.
Il tutto visto attraverso le esperienze di due giovani ragazze, tra amicizia e primi amori.
Un bel film sulla tolleranza e su come l'amicizia e l'amore possono abbattere ogni barriera.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  12/02/2011 20:03:21
   7 / 10
Interessante ricostruzione storica sulle vicende sociali e politiche tunisine del periodo. La regista supera i valichi dei conflitti perenni tra ebrei e palestinesi attraverso l'amicizia tra due ragazze delle opposte fazioni e delega la possibilità di svelare la stupidità integralista alle donne.

Delfina  @  26/01/2010 19:59:00
   5½ / 10
Film a tema storico, che cerca di svolgere da una precisa angolazione la storia degli ebrei tunisini. In questo contesto, tutte le figure paiono forzate e schematiche nella loro psicologia, in funzione del loro ruolo narrativo. Il film contiene notevoli inesattezze storiche, peraltro.

La storia adolescenziale, quasi romantica, di un'amicizia femminile di altri tempi (gli anni 40), nella quale la complicità femminile è corroborata e rinforzata dal terrore del matrimonio e della sottomissione al marito (per entrambe le amiche, sia l'ebrea che l'araba), e la fotografia che indugia sugli sfocati, ma anche pretenziosi nudi femminili, non bastano a compensare la banalità della sceneggiatura e l'artificiosità dello svolgimento.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  24/01/2010 17:45:39
   9 / 10
Ed ecco l'ennesima piccola grande perla proveniente da una regista donna: la quarantenne francese di origine tunisina Karin Albou che firma anche la sceneggiatura; dopo il notevolissimo "Viola di mare", questo "La città delle spose" segue a ruota affrontando temi spinosissimi come l'adolescenza, il razzismo e la guerra con una capacità di introspezione e di scavo psicologico tutta femminile.
La vicenda riporta in superficie il dramma vissuto in Tunisia (e in altri Paesi del Nord-Africa) dagli ebrei ivi residenti, vittime della propaganda nazista. Il tutto però complicato dall'appoggio che il Terzo Reich dava ai regimi arabi contro il "nemico sionista" e dalla presenza delle potenze colonizzatrici schierate contro la Germania (su tutte il Regno Unito) o divise al loro interno (era il caso della Francia, ufficialmente rappresentata dal Regime collaborazionista di Vichy). Dulcis infundo, la stessa comunità ebraica, come già denunciato da Hannah Harendt ne "La banalità del Male", collaborava col regime nazista fornendo delle vere e proprie liste di proscrizione nella illusione di poter almeno salvare i "migliori", cioè le élites.
Tutta questa matassa aggrovigliata viene dipanata con lucida profondità e con appassionata partecipazione emotiva dalla regista franco-tunisina attraverso la storia bellissima e coinvolgente della stretta amicizia tra due ragazzine, una ebrea e l'altra araba. Ogni aspetto psicologico ed emotivo viene scandagliato senza reticenze mentre la macchina da presa resta sempre al livello delle protagoniste mostrandoci il progredire dell'orrore dalla parte della popolazione povera che subiva i tragici eventi.
La regista è particolarmente brava a descrivere quanto il veleno della diffidenza verso l'altro/a e del razzismo riesca a scavare nelle coscienze e nei comportamenti delle persone. Ed è ancor più incisiva nel mettere in parallelo la condizione comunque subalterna delle donne sia tra gli ebrei che tra gli arabi attraverso l'incedere sui riti matrimoniali di entrambe le tradizioni (di rara crudezza la sequenza della preparazione "secondo rito orientale" della sposa ebrea, per esempio; grevissima quella iniziale della promessa di matrimonio della sposa araba) oppure evidenziando la sostanziale ignoranza di entrambe.
I maschi, quando non dormono, o compiono atti gravi di violenza o di tradimento, oppure sono capaci di altissimi atti di eroismo o semplicemente di dialogo e di rispetto: toccante il momento in cui il padre della ragazza araba le fa scoprire le parti più aperte e universalistiche del Corano, a lei nascoste dall'integralismo del fidanzato; o ancora, il rispetto che entrambi i novelli mariti hanno per la verginità delle loro rispettive spose nella prima notte di nozze.
Il finale, nella sua altissima drammaticità, è un grandissimo messaggio di tolleranza, anch'esso, non a caso, affidato e condotto dalle due protagoniste, ormai giovani donne.

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La fotografia lucida, scura e azzurrina che accompagna tutto il film ci restituisce in pieno il clima arabo-mediterraneo della Tunisi del 1940 e la sostanziale purezza e profondità dei rapporti umani che si intrecciano nel film, mentre una nota di particolare merito va alla colonna sonora con una monumentale Nina Hagen utilizzata per descrivere i momenti più drammatici della vicenda altrimenti scandita dalle nenie e dalle melodie festose dedicate alle spose composte da François-Eudes Chanfrault. Come in "Viola di Mare", un interessante uso diacronico del rock (nel caso di specie ulteriormente contaminato dal melodramma) che ci suggerisce l'attualità del messaggio e una nuova visione dell'adolescenza, lontana dagli artificial-artificiosi loft del "Grande Fratello" che vorrebbero mostrare la realtà, ma molto più viva e realistica se filtrata attraverso la sensibilità della finzione. Assolutamente da vedere e da discutere.

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