mare chiuso regia di Stefano Liberti, Andrea Segre Italia 2012
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mare chiuso (2012)

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locandina del film MARE CHIUSO

Titolo Originale: MARE CHIUSO

RegiaStefano Liberti, Andrea Segre

Interpreti: -

Durata: h 1.00
NazionalitàItalia 2012
Generedocumentario
Al cinema nel Marzo 2012

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Trama del film Mare chiuso

Tra il maggio 2009 e il 2010 diverse centinaia di migranti africani sono stati intercettati nel canale di Sicilia e respinti in Libia dalla marina militare e dalla guardia di finanza italiana; in seguito agli accordi tra Gheddafi e Berlusconi tutte le barche dei migranti venivano sistematicamente ricondotte in territorio libico, dove non esisteva alcun diritto di protezione e la polizia esercitava indisturbata varie forme di abusi e di violenze. Non si è mai potuto sapere ciò che realmente succedeva ai migranti durante i respingimenti, perché nessun giornalista era ammesso sulle navi e perché tutti i testimoni sono poi stati destinati alla detenzione in Libia. Nel marzo 2011 con lo scoppio della guerra in Libia, tutto è cambiato. Migliaia di migranti africani sono scappati e tra questi anche profughi etiopi, eritrei e somali che erano stati precedentemente vittime dei respingimenti italiani e che si sono rifugiati nel campo UNHCR di Shousha in Tunisia, dove i due registi li hanno incontrati. Nel documentario sono loro a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti; sono loro a descrivere esattamente cosa è accaduto su quelle navi. Delle testimonianze dirette che ancora mancavano e che mettono in luce le violenze e le violazioni commesse dall'Italia ai danni di persone indifese, innocenti e in cerca di protezione. Una strategia politica che ha purtroppo goduto di un grande consenso nell'opinione pubblica italiana, ma per le quali l'Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani in seguito ad un processo storico il cui svolgimento fa da cornice alle storie narrate nel documentario.

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Voto Visitatori:   7,00 / 10 (2 voti)7,00Grafico
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Voti e commenti su Mare chiuso, 2 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  02/06/2012 22:05:54
   4 / 10
Tutto quello che un documentario NON dovrebbe essere: non basta parlare di un tema scottante per essere di conseguenza un bel film.

Di parte sin dalle prime battute, sfrutta il meccanismo del dolore e dell'empatia (decisamente finta) verso i protagonisti per descrivere una situazione spiacevole (e da condannare, così come è stato) verificatasi un paio di anni fa.

La scena finale poi è stucchevole, dove si realizza il fatto che tutto è stato costruito per arrivare alla lacrimuccia finale (il chupa chupa ne è l'emblema).

Statene al largo, proprio come i migranti africani.

Elly=)  @  10/05/2012 21:22:49
   10 / 10
Come al solito i film intelligenti qui escono soprattutto dall'underground e
dal cinema indipendente!

Andrea Segre, regista padovano di IO SONO LI e di tutta una serie di
documentari come I NOSTRI ANNI MIGLIORI, IL SANGUE VERDE, A SUD DI
LAMPEDUSA arriva nei mega schermi (sono tutti con le dita incrociate che
il monopolio della distribuzione conceda loro più sale possibili!!) con un
film che se fosse visto da tutta l'Italia solleverebbe un polverone non
indifferente.

Non perde tempo e con questo documentario denuncia un fatto successo
nel nostro Paese in questi anni e che ancora adesso è in atto. Nel recente
2009 sono stati respinti alcuni rifugiati provenienti dalla Libia e da altri
Stati africani, allo scoppiare della notizia i nostri politici si sono limitati a
dire che i clandestini vivevano in un Paese in cui i diritti dell'essere umano
venivano rispettati..infatti s'è visto due anno dopo..in Eritrea sono anni
che il governo obbliga a frequentare il servizio militare spacciandolo per
"temporaneamente (un anno e mezzo) obbligatorio" quando in realtà e
obbligatorio fino alla morte e se qualcuno si rifiuta viene messo in carcere
con l'accusa di essere un disertore e in Libia è scoppiata la guerra, quando
alle tv italiane Gheddafi aveva rassicurato dicendo "rifugiati politici..vivono
nel deserto, nelle foreste, cosa vogliono capire loro di politica..non sono
rifugiati politici..".

Ma gli avvocati di Roma non hanno perso tempo e insieme a organi e
funzionari vari hanno protestato presso l'ONU per la negazione dei diritti
umani, in un processo che a oggi conta più di 50 pagine!E chi avesse
dimenticato questo episodio dovrebbe farsi un esame di coscienza:
mentre si è continuato a vivere come se non fosse nulla, quella povera
gente è morta o è stata chiusa in carcere, patendo le pene dell'inferno. Se
quegli uomini hanno subito violenza, torture e anche colpa nostra e
l'abbiamo dimostrato dimenticandoci di loro o semplicemente con l'aver
accettato questo episodio senza muover un dito e facendoci prendere in
giro per l'ennesima volta dai nostri politici.

Certo ora non dobbiamo stupirci se nella produzione non c'è traccia di RAI
CINEMA o di qualche ente provinciale, regionale,..questo film è una sorta
di scandalo e i dirigenti pensano bene di non andar a disturbare una certa
elite finanziando questa pellicola. Però noi insieme ad Andrea Segre e al
cinema underground ce ne sbattiamo, ci uniamo alla Zelab, che è già da
qualche anno che tratta questi temi, e andiamo avanti.

Il tema è abbastanza forte, anche solo leggendo la trama si capisce
chiaramente il contenuto e cosa voglia sollevare, ma è solo il film che
riesce a suscitare determinate emozioni, riflessioni,…Segre dirige il film
con un tocco delicato, come la colonna sonora formata da una serie di
note dolci e melanconiche, spostando la mdp dentro un mondo che ci
appare così lontano dalla nostra vita quotidiana.

Le stupende panoramiche dei loro e dei nostri territori, dove l'unico
soggetto umano è l'immigrato, sottolineando la solitudine di tutte quelle
persone che si ritrovano a dover lottare per essere libere, cambiare tutta
la loro vita, lasciare le radici per iniziare qualcosa di nuovo e di
sconosciuto nella speranza di vivere in condizioni migliori. I bellissimi PP
e i PPP dei volti dei protagonisti segnati da un passato difficile e i dettagli
delle scenografie vengono avvolti da una magnifica fotografia, a volte
fondendosi in un simbolismo perfetto, come quando ci viene detto che gli
italiani dopo la telefonata ricevuta dai piani alti hanno cambiato
atteggiamento, "..non parlavano più inglese.." e quelle inquadrature dei
militari italiani presi di spalle o in controluce formano una silhouette che
sottolinea il distacco umano insieme alla fotografia fredda che fuoriesce
da ogni singola parte di quella nave, l'insensibilità dell'essere umano, la
freddezza che può raggiungere.

E' un film veramente valido cinematograficamente parlando, finalmente
non sentiamo quello schifo di formal voice over (se si può definire così)
dei noiosissimi "doc" RAI! Andrea sceglie di raccontare la storia tramite le
parole, la voce limpida dei protagonisti e non quella macchiata del
narratore e con un tocco di originalità gira l'intero film nelle lingue
originali dei personaggi, sia in libanese, che in francese, in inglese e in
italiano, cercando sempre di tenere il loro sguardo fuori dalla portata
della macchina, facendoli guardare non a 3/4 ma qualcosa in più, come se
stessero raccontando quello che è accaduto non ad un regista in un film,
ma ai loro cari in modo naturale.

Ci sono molte cose che colpiscono e ci fanno pensare, ma vorrei citare in
particolare alcune scene che, a parer mio, sono quelle che lasciano
spiazzato lo spettatore, specialmente se italiano.
La prima è quella in cui l'uomo di colore dice di aver detto agli italiani
dopo che l'hanno riportato in Libia la parola "thank u", ha ringraziato i
militari per il loro comportamento..
L'altra è quella del funerale, poco prima (anche se la frase viene ripetuta
più volte) un personaggio aveva detto che era "..meglio morire in mare
che tornare in Libia!"..
L'ultima è quella del cell..pochi istanti per sentire la propria moglie e la
propria figlia per dire un semplice "ti voglio bene", non possono stare
molto, si spenderebbero troppi soldi. Mi vien male a pensare a quanti
bambini oggi abbiano un cell e ogni settimana chiedano ai propri genitori
una ricarica di 10 euro per mandare i loro vitali messaggini.
E' forse non è neanche un caso questa scena. Infatti nei Paesi come la
Libia il cell ha un ruolo fondamentale, perché è l'oggetto con cui si può
fare soldi in poco tempo. A quanto mi diceva il regista nelle carceri i
poliziotti sono persone corrotte che comprano e danno il cell ai carcerati
cosicché questi sono portati a chiamare in giro per il mondo per
guadagnare soldi tramite i nuovi metodi del mercato, del business,..

Il problema dell'emigrazione è sicuramente uno dei tanti problemi da
risolvere qui in Italia, c'è sicuramente qualcosa che non va, forse le leggi,
forse il sistema, ma in quel tempo lontano lo Stivale firmò a Ginevra un
trattato che dichiarava l'impegno da parte del "nostro" Paese ad accettare i
rifugiati politici o chiunque rischiasse la vita nel proprio Paese. Quel patto
nel 2009 è stato infranto e come al solito i politici hanno cercato di
insabbiare tutto ma fortunatamente questa volta la verità è uscita allo
scoperto e la condanna è stata inflitta. Il film non è ancora uscito nelle
sale e forse verrà visto da ben pochi ma il problema che solleva non
dev'essere schiacciato dall'indifferenza dei cittadini. Cittadini che lo si
voglia o meno sarebbero sicuramente divisi in schieramenti che
finirebbero con commenti abbastanza facili da intuire "o poveretti" "hanno
fatto bene" "non sapevo di questa storia" "è una vergogna" "bisogna fare
qualcosa" "i gommoni andrebbero tutti bucati"..insomma alla fine
avremmo questo, perché alla fine se uno ci pensa l'Italia, nello specifico
gli italiani sono così: c'è chi per un attimo è preso da una compassione e
viene fuori con profonde riflessioni (scontate) per poi dimenticarsene nelle
ore o nei giorni successivi e c'è chi vissuto nei tempi del fascismo risente
ancora di sentimenti razzisti alimentati oggi dalla lega. Sicuramente
questo fattore (l'Italia era un Paese fascista) non va di certo dimenticato,
perché anche lui ha il suo ruolo. Così come non andrebbe dimenticato il
fatto che in un passato terribilmente recente pure l'Italia fu un Paese di
emigrazioni e che i nostri padri, nonni o bisnonni dovettero andare
all'estero in cerca di lavoro, di soldi per la propria famiglia, di una vita
migliore. Come molte personalità importanti (vedi Chopin, Slowacki,
Hugo, Chagall, Brecht, Neruda, Wagner, Einstein, Macchiavelli, Dietrich,
Bartok..) che dovettero scappare dal loro Paese e cercare protezione
altrove, così ognuno di noi ha il diritto di chiedere asilo.

MARE CHIUSO, che già il titolo dice tutto, è un film che sicuramente punta
sui cittadini italiani per informarli di come stanno realmente le cose ma
soprattutto e diretto ai giovani perché il futuro sono loro. Andrea con
questo film sogna un'Italia migliore, dove in un futuro, si spera meno
lontano possibile, l'Italia possa essere un Paese dove non solo l'economia
globale vive in sintonia con il nazionalismo, ma anche gli immigranti e in
generale gli stranieri siano un tutt'uno con il popolo dalla bocca buona,
dove etnia, cultura, tradizione, lingua siano un punto di partenza per
costruire un Paese migliore, che guarda in avanti verso le terre dello
sviluppo e della crescita collettiva, un Paese che ha tanto da condividere
con il mondo intero e che non necessita solo di incontrare ricchi dittatori
stranieri per arricchirsi, perché il mondo è fatto per lo più da persone
semplici, che lavorano e hanno una famiglia, delle radici e soprattutto
sono esseri umani che hanno i lori diritti, diritti che non dovrebbero
essere ottenuti in base ha determinate leggi ma acquisiti in automatico
semplicemente perché sono innati.

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