Kitano si mette al centro di un gioco delle parti in cui interpreta sia il ruolo di regista che quello di attore come se fossero due personaggi diversi.
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Premesso che per me Kitano è e rimane un grande e che un film si può anche sbagliare (ammesso e non concesso che questo sia da considerare un film sbagliato…per me lo è nella maniera più assoluta ma so che in molti hanno applaudito) , quello che proprio non capisco è l'affiliazione che è stata fatta di questa pellicola con 8 ½ di Fellini e con la schiera di film ad esso ispirati. Dove sono l'analisi, la riflessione, i ricordi, la nostalgia, il romanticismo? A parte il confronto oltremodo impietoso, l'unica cosa che accomuna le due pellicole è un certo surrealismo di fondo che però in Kitano sfocia purtroppo nel nonsense e nella totale confusione, oltre ad una ripetitività che nella seconda parte diventa difficilmente digeribile. Più che di auto-analisi parlerei di auto-parodia. Doveva essere la celebrazione del funerale di un personaggio (lo yakuza) con il quale ormai Kitano aveva detto tutto e l'inizio di una nuova fase di carriera, ma dopo altri due film simili, anch'essi non molto centrati, il nostro ha deciso di tornare a ciò che sa fare meglio con la trilogia Outrage. Era lecito provarci ed era più che lecito tornare sui propri passi una volta capito che certo cinema non è nelle tue corde. Lui almeno l'ha capito.
Visto a Venezia a suo tempo è un film a tratti noioso che si dimentica in fretta. L'impressione è che si tratti di un riempitivo di un vuoto creativo takeshis'iano. Ben altra cosa fu l'8 e mezzo felliniano a cui si ispira nella concezione
Una commedia parzialmente auto-biografica e decisamente surreale. Troppo. Doppio ruolo per il regista-attore, Takeshi Kitano, che interpreta se stesso variamente caricaturato. Nello specifico: Beat Takeshi, attore di grande successo, ed il signor Kitano, collega decisamente meno fortunato e dotato, incrociano le loro strade su di un set cinematografico che ne esalta la totale somiglianza fisica e la netta diversità caratteriale; divo e brillante il primo, taciturno, timido ed introverso il secondo. Da lì la storia comincia a deragliare in deliranti salti spazio temporali, impossibili da seguire, che confondono le esistenze dei due individui, rendendo il tutto semplicemente incomprensibile. Lynch a confronto è un "libro aperto". Infinitamente noioso e ripetitivo, si salva solo la convincente interpretazione di Kitano che si rivela maestro nello sdrammatizzare e nell'ironizzare. Anche su stesso. Non che il film faccia ridere, intendiamoci, ma qualche spunto divertente alla deriva di un mare di non-sense, effettivamente c'è. Nel complesso comunque lo sconsiglio vivamente a tutti i non appassionati del regista.
con immenso dolore mi tocca dare una lieve insuff. al grande takeshi.
questo film da molti definito il suo 8 / risulta troppo frammentato, di fatti il regista-attore è diviso sin dall'inizio in 2 personaggi UGUALI (esteriormente) ma anche DIVERSI (interiormente).
alcune gag sono divertenti e ben pensate, ma oltre a non avere linearità, la sceneggiatura sembra fatta li per li scena dopo scena.
certo che vederlo in inglese non mi ha aiutato moltissimo, però non riesco a dargli sei
ps. penso che potrebbe risultare interessante agli appassionati di psicologia freudiana.