Recensione anywhere anytime regia di Milad Tangshir Italia 2024
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Recensione anywhere anytime (2024)

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locandina del film ANYWHERE ANYTIME

Immagine tratta dal film ANYWHERE ANYTIME

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Guardando Anywhere Anytime non si può non rimarcare l'universalità di un film come Ladri di Biciclette di De Sica. L'esordiente regista Milad Tangshir di origine iraniana in un film italiano non prende uno dei caposaldo del neorealismo come semplice riferimento e modello, ma traspone la sua narrazione ai giorni nostri. Diverse sono le epoche e diversi sono i contesti, ma proprio la sua universalità ne testimonia l'indubbia efficacia di un soggetto senza tempo che non conoscerà mai il termine datato o desueto.

Issa, immigrato irregolare diciannovenne, viene licenziato dal lavoretto al mercato che gli permetteva di sopravvivere. Un amico lo aiuta a iniziare a lavorare come rider, professione che gli piace fin da subito. Ma anche questo nuovo precario equilibrio crolla quando il suo primo giorno di lavoro gli rubano la bici. Disperato, Issa inizia una lunghissima domenica di ricerche, precipitando in un vortice drammatico di eventi.

Issa, un giovane immigrato clandestino di stanza a Torino lavora in un mercato rionale ad un banco ambulante di frutta e verdura. Sfugge di poco ad un potenziale controllo da parte della polizia locale, ma tanto basta al suo datore di lavoro, al nero ovviamente, per poterlo licenziare per non rischiare multe e finire sul penale. La vita di Issa è comune a qualsiasi immigrato clandestino. Pur avendo degli zii in Francia, a lui piace stare in Italia, seguendo le regole senza immischiarsi in giri più pericolosi come la malavita comune. Vuole cercare di costruire un proprio futuro lavorando onestamente e mantenendo l'alloggio presso un modulo abitativo tenuto dalla Croce Rossa.

Viene in aiuto un suo amico, immigrato anch'esso, che lavora in un ristorante. Ha fatto il rider e dato che deve lavorare nel fine settimana gli presta cellulare dove è installata l'applicazione Anywhere Anytime con cui può ricevere gli ordini di consegna dei clienti e fare le consegne a domicilio. L'account è quello dell'amico quindi non c'è bisogno di registrarsi perché agisce in pratica col suo nome. Viene aggirato l'unico problema logistico, cioè quello dei vari spostamenti da fare in bicicletta che viene risolto grazie alla "liquidazione" del precedente datore di lavoro. Tutto sembra procedere secondo i voleri di Issa: ha trovato un modo per sbarcare il lunario, la situazione non è compromessa pur rimanendo difficile ed inoltre stringe amicizia con una ragazza conosciuta presso le abitazioni della Croce Rossa. Vorrebbe fare la cantante, ma non ha ancora trovato un lavoro fisso. Malgrado le difficoltà che possono derivare dall'essere un clandestino, possono svilupparsi delle prospettive in positivo. Questo è il punto dove il film si lascia andare ad un cauto ottimismo.

Ottimismo che viene confermato durante la prima giornata lavorativa con Issa che effettua le consegne senza particolari problemi. Dopotutto è solo un delivery che effettua consegne e non un'identità particolare, facendo parte di quella manovalanza che vediamo tutti i giorni, figuriamoci in una realtà piuttosto grande come Torino, città dove viene ambientata la storia, ma mai resa veramente riconoscibile dal regista. E' Torino perché si vede la Mole nell'inquadratura iniziale, ma potrebbe essere qualsiasi altra città metropolitana italiana. Nelle dinamiche narrative del film, il luogo non riveste alcuna peculiarità particolare, perché è un contesto assimilabile ad altre realtà.

Il vero punto di svolta del film è il furto della bicicletta, lasciata solo per un attimo incustodita mentre sta effettuando una consegna. E' l'inizio di un incubo e della spirale di disperazione di Issa. Come per il Mario di Ladri di biciclette, il mezzo è l'unico mezzo che gli consente di stare sulla linea di galleggiamento della sopravvivenza, senza di esso tutto ciò non è più garantito. Il film di Tangshir diventa più teso cupo. La città diventa agli occhi di Issa un essere tentacolare ed alienante nel suo brulicare di persone. Ed è in questo momento che con l'ausilio degli occhi di Issa veniamo a conoscere altri tipi di marginalità, come la solitudine degli anziani (Issa aiuta un'anziana signora a portare la spesa a casa), la mensa dei poveri della Caritas. La ragazza che aveva conosciuto che chiede l'elemosina fuori un supermercato. Momenti di piccola umanità in un contesto che di umanità ne offre ben poca perché l'amarezza di fondo è che la guerra per la sopravvivenza, perché di questo si tratta, coinvolge persona che vivono sotto la soglia di povertà e che non hanno mezzi di sussistenza per poter arrivare non tanto alla fine del mese, ma come nel caso di Issa, alla fine della giornata. A volte il film offre delle tonalità ai limiti del beffardo perché in una città grande, Issa scorge ed insegue sempre invano, la bicicletta e colui che gliel'ha sottratta. Ti fa balenare la possibilità di recuperare il maltolto, ma è solo un'illusione. Lo stesso ingresso alla mensa dei poveri non era per il semplice bisogno di mangiare, ma per non perdere d'occhio un senzatetto, complice del ladro che gli aveva rubato la bicicletta. Tono beffardo anche nel sottolineare alcuni momenti in cui quel mezzo di sostentamento, cioè la bicicletta, viene messo in mostra molto spesso, in negozi o mercati rionali, come ad un invito a rubare. Issa fino a quel momento ha tenuto un comportamento pressoché irreprensibile, ma è altrettanto ovvio che la necessità di sopravvivere induce ad una continua tentazione perché, non avendo soldi, nessuno gli dà credito per acquistarne una, sia pure a poco prezzo. Issa non ha ancora varcato la soglia del compiere atti illegali.

Una volta rintracciato in un grande condominio il ladro che ha rubato la bicicletta, che a sua volta cerca di rivendere, viene respinto dallo stesso e dal numero dei complici che lo allontanano. A quel punto la soglia dell'illegalità viene varcata e ruba una bicicletta di un altro rider che inseguendolo viene falciato da un'auto uccidendolo. L'ultimo passo verso la sua disumanizzazione avviene nell'assistere all'arresto del suo amico che lavorava ad un ristorante. Avendo perso il suo telefonino per rispondere agli avvisi di consegna, viene creduto colpevole del furto e portato via dalla polizia. Issa non batte ciglio. Era stato aiutato per avere un lavoro ma adesso non muove un dito per prendersi la colpa dell'accaduto, perché significherebbe essere arrestato a sua volta, facendo mancare i sostentamento alla famiglia in Senegal con i pochi soldi che inviava. Una guerra fra poveri dove la solidarietà scompare e fuggendo dalla città per andare a lavorare al mare a prendere ordinazioni dai bagnanti, potrebbe essere l'inizio di un altro circolo vizioso con un orizzonte indefinito.

Come detto in precedenza la storia che ottant'anni fa mise sullo schermo De Sica è perfettamente replicabile nella nostra realtà attuale e merito va alla regia ed alla buona sceneggiatura che riesce ad equilibrare la descrizione del contesto con una narrazione tesa ed emotivamente forte che ha delle cadenze da thriller. Merito anche di un cast di attori non professionisti, in cui primeggia Ibrahima Sambou nei panni di Issa, bravissimo per essere un non professionista ed esordiente, molto espressivo e dallo sguardo che gradualmente diventa disperato nell'inseguire quell'unico mezzo che gli garantisce quel minimo di sopravvivenza. Un film anche apprezzato con qualche riconoscimento all'ultima Settimana della Critica di Venezia '81. Il fatto che sia in distribuzione nelle sale italiane, dimostra la validità e la qualità di questo progetto.

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 17/09/2024 14.56.00

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