the road to guantanamo (2006)

Una storia sicuramente interessante,che purtroppo non è riuscita a colpirmi più di tanto a causa del modo in cui è stata realizzata,cioè alternando immagini prese da telegiornali ed altri documentari a parti della storia ricostruite,è un modo sicuramente originale ma secondo me non riesce ad essere particolarmente coinvolgente.
Per il resto la storia è parecchio angosciante e merita assai,nonostante alcuni aspetti sopratutto riguardanti la detenzione a Guantanamo potevano e dovevano essere meglio trattati.
Nonostante i difetti citati ne consiglio la visione,fa molto riflettere su chi sono i veri terroristi.

Buon docu-film..anche se secondo me l'aspetto della prigionia a Guantanamo poteva essere trattato meglio.

L'attacco alle torri gemelle dell' 11 Settembre 2001 ha fatto conoscere al Mondo nuovi mostri e nuovi ne ha creati.
Alcuni di questi li troviamo in questo documentario...il primo probabilmente è il famigerato Presidente Bush che ha creato questo campo di progionia, praticamente un Lager!
Il documentario mostra quello che puo' fare la "paura"...

E' difficile commentare un film che cerca di rispecchiare l'orrore reale accaduto e che accade ancora. Un impegno formidabile, uno sforzo per "restare umani" nonostante la follia della guerra.

Mi è sempre andato di traverso il racconto di Winterbottom. Un'alternanza di scene fiction (ricostruite) con quelle vere (interviste/testimonianze) con in aggiunta di materiale telegiornalistico di poca importanza. O fai uno o fai l'altro. Per via di questa scelta che non ho apprezzato neanche COSE DI QUESTO MONDO guardacaso dello stesso regista.
La storia è buona, ma non dice un granché di quello che si sa già leggendo qualche news o altro. L'unica curiosità e forse la ragione per cui si potrebbe vederlo questo docufiction (dalla metà in poi) è il trattamento riservato ai presunti terroristi alla base militare di Guantanamo, terra di nessuno, dove gli americani fin qualche anno fa hanno lavato i loro panni sporchi facendo capire al mondo quanto sono bravi (e stupidi, si riferisce all'amministrazione Bush e di quelli che l'hanno sostenuto durante i sui due mandati) ad affrontare il terrorismo internazionale. Alla fine di tutto ciò, di quei settecento e rotti detenuti mi pare nessuno è stato condannato da un tribunale federale e questo la dice lunga sulla politica americana di quel periodo.

Ottimo film di denuncia sottoforma di reportage/documentario, ben diretto e recitato.

Scene di tortura cattivissime (tanto più che - almeno si dice - riprendano fatti realmente accaduti, brrrr...).

Il regista poi ne sà riguardo questi temi, questo film del resto non è il suo primo lavoro anche riguardo questo genere di accadimenti.

Parte un pò in sordina, ma si riprende in maniera eccelsa.

Non per educande e per sensibili d'animo però.

Quattro amici partono dall'Inghilterra per un viaggio in Pakistan nel 2001 da qui decidono di andare in Afghanistan, già sotto bombardamenti, per cercare di portare aiuto umanitario e non bellico. Dopo aver varcato il confine si ritroveranno sperduti in un paese che non li capisce e li imprigiona e da lì, senza alcuna logica razionale, finiranno nel tristemente noto carcere di Guantanamo Bay.
La storia vera raccontata da tre dei quattro protagonisti ed interpretata da attori non professionisti proprio per lasciare l'attenzione al racconto porta la firma di Winterbotton e Whitecross. Girato in stile documentario con aggiunta di filmati d'archivio "The road to Guantanamo" merita di essere visto per sottolineare ancora una volta che le idee che abbiamo di democrazia e di libertà vanno rimodellate e portate ad una dimensione reale e non più sognata.

Film di notevole impatto drammatico. Un dramma che si alimenta dal vero e non della finzione immaginifica, per questo che il film piace e coinvolge. Ottima la regia, giustamente premiata a Berlino.
Sequenze in Afganistan ricche di particolari interessanti che istruscono e stupiscono.

Un documentario indimenticabile che ripropone la questione dei diritti dell'uomo in guerra e in pace, che ripresenta la necessità di stipulare nuove convenzioni internazionali che mettano al riparo l'uomo, appartenente alla stessa razza di un attentatore, dallo spirito di vendetta della nazione che ha subito attentati.

Fedele, convincente e coinvolgente denuncia dei soprusi anglo-americani nei confronti di presunti terroristi.

Ottimo film/documentario,fa riflettere!

Molto bello, crudo abbastanza ma non calcatamente orrido ..

SPOILER
Bello il taglio narrativo, spezzettato in chiave intervistativa.

La visione è abbastanza noiosa, il tema trattato è però molto interessante e studiato nei particolari.

Paradossale storia di un equivoco pazzesco...ma ancor + paradossale la stupidità degli inquisitori che senza alcuna prova hanno torturato questi poveretti che hanno dimostrato cos'è la coerenza di spirito e di mente delle popolazioni non occidentali. A noi tutto ciò credo che manchi, siamo rammoliti da una vita vuota, frenetica e senza spiritualità...Film che fa pensare al di la delle opinioni politiche militari e sociali.

Film documentario in parte simile al precedente "Cose di questo mondo" ed in parte incentrato sulla detenzione dei prigionieri a Guantanamo. In questo caso il regista monta le testimonianze dirette di alcuni reduci con alcune immagini di repertorio e ricostruzioni sceniche. Ovviamente si suppone che il tutto sia corrispondente a realtà. Quanto alla resa cinematografica direi che se la prima parte è piuttosto una noiosa e fin troppo dettagliata descrizione del viaggio dall'Inghilterra all'Afghanistan, la seconda acquista di interesse e consistenza mostrandoci alcuni estratti dalla giornata tipo dei prigionieri a Cuba. Efficace ed istruttivo.

Winterbottom non è nuovo alla realizzazione di film che affrontano scottanti temi d’attualita’,lo aveva gia’ fatto in passato con “Benvenuti a Sarajevo” e con “Cose di questo mondo”, questa volta affiancato da Matt Whitecross realizza una pellicola accusatoria nei confronti degli U.s.a. ,dotata di un buon impatto emotivo.
La narrazione si sviluppa attraverso le testimonianze dei veri protagonisti ,mischiata con immagini di repertorio e con la ricostruzione dei fatti mediante scene ricreate appositamente, cercando di rimanere il piu’ fedeli possibile alla testimonianza degli ex-detenuti.
La prima parte è abbastanza noiosa,appare come una sorta di road movie che avvicinera’ sempre di piu’ alla carcerazione a Guantanamo gli ignari ragazzi,che finiscono nei guai soprattutto per un atteggiamento incosciente che li porta nelle zone colpite dalla guerra.
Nella seconda parte,quella della prigionia,il film colpisce per la crudezza delle immagini,Winterbottom mostra il trattamento riservato a coloro che vengono sospettati di terrorismo,il regista mette l’accento sul clima di pazzia che si era venuto a creare subito dopo l’attentato alle Twin Towers,dove ogni medio-orientale poteva essere scambiato per un criminale.
Lascia basiti la crudelta’ nei confronti di persone che potevano essere innocenti,l’incapacita’ e l’impreparazione degli inquirenti,basti pensare all’ufficiale americano che chiede ad uno dei ragazzi dove sia nascosto Bin Laden.
Una pellicola che fa ragionare e che induce a chiedersi in che sorta di democrazia viviamo attualmente se ognuno di noi pur non avendo fatto nulla di male puo’ essere incarcerato,umiliato e torturato senza neppure potersi difendere.

Un interessante docu-film (più film che documentario data la scarsità di immagini di repertorio) sostenuto da una buona regia che fa finalmente luce su una scomoda verità tuttora nascosta dalle autorità americane, raccontando la storia di quattro pirla che partono per l'Afghanistan per portare "aiuti umanitari".
Terrificante il trattamento dei prigionieri in quell'inferno di prigione.
Strabiliante il fatto che i protagonisti catturati ingiustamente siano interpretati da loro stessi.
Bin Laden sarà un pazzo criminale, ma Bush, seppur meno, si mette d'impegno. L'auto-definitosi paladino dell'Occidente non può permettere questo obbrobrio. E non è sicuramente l'unica pecca dell'amministrazione Bush.

Domanda: di film contro l'attuale presidente statunitense ce ne sono molti, non sarebbe l'ora di farne qualcuno anche sulle ingiustizie in Cina oppure sulla situazione in Cecenia? O è meglio così perchè non abbiamo ancora capito da che gente siamo capitanati?

Film come questo richiedono una discreta attenzione nella critica: va distino l'aspetto cinematografico e quello documentaristico.
Non si può attuare questo processo in modo netto.
Infatti a differenza di prodotti come Corporation, Enron ed altri..questo è un docufilm e non un documentario.
Inoltre risente di un rischioso approccio costituito da riprese autentiche e parti di finzione recitativa.
In questo senso, lo dico subito, non è stato un risultato riuscito.
Era probabilmente l'unica strada percorribile se si decideva di non cadere nel puro documentario.
Ma la commistione non è stata indolore.
Rendendo un senso di alienazione sia che venga percepito come documentario sia che venga visto come film.

Dunque critiche su dialoghi, recitazioni et similia..sono abbastanza inutili.

L'aspetto positivo?
Vengono messi in luce dei processi politici e sociali risaputi ma volontariamente rimossi da gran parte del mondo occidentale.
E questo viene fatto senza sconti.

In questo senso darei 8 al "film".

Nella sua globalità però abbasserei di 2 punti il voto per la realizzazione non troppo riuscita della prima parte (quella del viaggio) e per il non ben riuscito amalgama.

Peccato.
E comunque da vedere anche solo per gli aspetti politici e documentaristici.

Credevo meglio, il film è quasi didattico e poco reale si basa troppo sull'impatto morale e di disgusto nei confronti dei Talebani e non si concentra molto sul perchè e su quello che hanno fatto per essere trattati in quel modo, i quattro ragazzi vivono in un modo di tale superficialità delle situazioni che gli capitano attorno che quasi se la cercano questa avventura e non devono essere compresi perchè non centrano nulla, ed a mio avviso è il minimo che si potessero attendere in un momento di tale rabbia ideologica.

Se Oliver Stone non avesse contratto la sindrome 9/11 ora forse starebbe lavorando a un film come questo; i materiali ci sono tutti, masticati e rimasticati dalle televisioni e dai giornali, il solo fatto di occuparsene gli farebbe meritare un encomio a priori. Guerre ingiuste, deportazioni a casaccio, interrogatori idioti, ignoranze irrimediabili e ottuse, niente di diverso in fondo dalla consueta vita civile, forse solo un po' più barbara e appariscente. E il problema del film è proprio qui: la storia dei tre/quattro anglopakistani sembra un reality; i siparietti con il nuovo look etnochic si alternano a fiction da serial stile Friends in Afghanistan, la ricostruzione di Guantanamo ricorda M.A.S.H. con i sergenti urlanti alla Patrocloooo... Tutto è reso ancora più insopportabile dal doppiaggio e così anche l'ultima carta, quella del muro linguistico e della totale impermeabilità delle culture, si perde in un fastidioso disinteresse.

Veramente un bel film..

Film che racconta l'orrore di Guantanamo in modo semplice, elementare, aderente alla storia vera dei personaggi. La loro avventura si trasforma, da viaggio nel paese d'origine – per matrimonio, vacanza e curiosità –, nell'indecifrabile incubo delle nuove truppe naziste. Cani lupo, sacchi in testa, escrementi, nudità, musica assordante, legati per ore sotto il sole o nel freddo, il repertorio della ottusa dittatura americana è completo. Quasi insostenibile la carica di violenza e di disumanizzazione, a un certo punto viene voglia di alzarsi per non vedere.

un bel film-documento su come si crea la giustizia e la democrazia secondo bush e i suoi amici! facendo cosi si creano solo nuovi terroristi,poveri noi! se la nostra idea di libertà e in mano a questi criminali....bè c'è poco da sorridere per il nostro futuro. meno male che siamo pacificatori! il film e girato in modo semplice ma efficace,.