Giuseppe esce di prigione dopo scontata la pena inflittagli per furto. Animato da buoni propositi, si reca in un paesino e va in cerca del parroco, per il quale ha una lettera di raccomandazione. Giuseppe vorrebbe del lavoro; ma il parroco è gravemente ammalato, ha la febbre, il delirio, non può aiutarlo. Spinto dalla fame, Giuseppe ruba cento lire dalla cassetta delle elemosine; ma viene scoperto, minacciato, inseguito. Trovata una tonaca del parroco, l'indossa e così travestito, può allontanarsi dal paese. Sulla strada è fermato da un vice brigadiere dei carabinieri, che lo prende per il parroco e lo prega di andare con lui al castello di un ricco proprietario terriero. Questi invoca l'intervento del creduto parroco per calmare i contadini, che hanno proclamato lo sciopero generale e vogliono invadere le terre. In cambio il proprietario offre a "Don Peppino" una forte somma per ricostruire la Chiesa diroccata. Giuseppe, dopo un po' d'esitazione, accetta l'incarico, e da prima non ottiene nulla; ma poi, quando la situazione si fa pericolosa, in seguito ad un equivoco, mette tutti d'accordo ed è portato in trionfo dai contadini. Prima d'allontanarsi il finto prete fa del bene a tutti e, resi anche i denari rubati, se ne va, solo e triste, ma con la coscienza tranquilla.
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