Recensione cloud atlas regia di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski Germania, Hong Kong, Singapore, USA 2012
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Recensione cloud atlas (2012)

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locandina del film CLOUD ATLAS

Immagine tratta dal film CLOUD ATLAS

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1849: il viaggio di affari di Adam Ewing (Jim Sturgess) si trasforma in un incubo quando contrae uno strano morbo, le cure del medico sembrano non avere effetto e, durante il viaggio di ritorno, sulla nave spunta un misterioso clandestino...

1936: Il diario di Adam Ewing finisce tra le mani di Robert Frobisher (Ben Whishaw), giovane compositore omosessuale, che intrattiene un rapporto epistolare con il suo amante, Rufus Sixmith (James D'Arcy), al quale racconta la genesi della sua composizione, il sestetto "Atlante delle Nuvole", e il suo desiderio di suicidarsi una volta completata l'opera.

1973: le lettere di Frobisher sono rinvenute dalla giornalista Luisa Rey (Halle Berry) nell'appartamento del dottor Sixsmith, ucciso poco prima che potesse consegnarle le prove di un complotto riguardante un impianto nucleare a rischio. Luisa dovrà scegliere quanto è disposta a sacrificare per far emergere la verità...

2012: Timothy Cavendish (Jim Broadbent), editore dalle alterne fortune, è raggirato dal fratello e rinchiuso in una casa di riposo, dove architetta un audace piano di fuga. La storia di Luisa Rey è tra i manoscritti che sta vagliando per un'eventuale pubblicazione...

2144: in una futuribile Neo Seoul, Sonmi-451 (Doona Bae), replicante costruito per servire in un fast food, viene liberata dai ribelli in guerra guidati da Hae-Joo Chang (Jim Sturgess) ed utilizzata come simbolo della rivoluzione. Dopo essere stata catturata, Sonmi racconta a un archivista (James D'Arcy) ciò che ha imparato sul valore della vita e della libertà nel breve periodo in cui ha potuto avere la possibilità di scegliere la propria strada, grazie anche alla visione del film ispirato alle memorie di Timothy Cavendish.

Lontano futuro: i Valligeri e i Prescienti si dividono ciò che resta della Terra dopo "la caduta": i primi vivono simili a uomini primitivi nelle foreste delle Hawaii, venerando la dea Sonmi e combattendo ogni giorno per la propria sopravvivenza contro le tribù di predatori cannibali, i secondi dispongono di una tecnologia avanzatissima, ma il livello di radiazioni nel loro organismo li sta uccidendo. Il Valligero Zachary (Tom Hanks) accetta riluttante di accompagnare la Presciente Meronym (Halle Berry) sulla cima del vulcano, dove ella spera di trovare il modo di contattare le colonie umane partite per lo spazio anni prima e chiedere loro aiuto prima che sia troppo tardi...

Raccontare sei storie, con sei registri molto diversi, ambientate in epoche diverse, usando gli stessi attori, comporre un affresco caleidoscopico per un messaggio molto affascinante, e tuttavia poco originale: che tutti siamo e saremo per sempre connessi, che la vita ci porrà sempre nelle condizioni di esercitare o subire un potere e le nostre scelte condizioneranno gli altri in modi impensabili. Per quante critiche si possano muovere a "Cloud Atlas", di certo non gli si può imputare la mancanza di coraggio.

L'adattamento del libro di David Mitchell poteva essere certamente realizzato in maniera più lineare (ad esempio senza riutilizzare gli attori da un segmento all'altro) ma sarebbe stato - appunto - un mero adattamento, probabilmente di quelli che lasciano sulla pagina le cose migliori. La versione di Tom Tykwer e dei fratelli Wachowski cerca un'altra prospettiva da dare allo spettatore, mischiando ulteriormente le carte, aggiungendo nuovi elementi e togliendo linearità all'intreccio.
Il trio di registi rinuncia alla struttura simmetrica del romanzo per sfruttare il montaggio come mezzo per interconnettere i vari segmenti. Il risultato è una struttura meno comprensibile a prima vista, ma una maggior spettacolarità. In certi momenti la scelta paga, in altri la frammentazione eccessiva danneggia il film.
Ogni storia fa parte - in qualche modo - del segmento temporalmente successivo (tramite un diario, un libro, una composizione, un film, un ologramma): le epoche diverse si parlano fra loro e nel finale si lascia intendere persino una circolarità del tempo, un'ineluttabile ruota dell'esistenza che non si esaurisce mai. Il libero arbitrio stesso - cardine del pensiero alla base di "Cloud Atlas" - è messo in discussione, se si abbraccia quest'ottica.

"Cloud Atlas" è una lunga riflessione sulla vita e sulla natura umana, sul bene e sul male che possiamo scegliere di fare o di subire, che ereditiamo dal passato, che ispiriamo nel futuro. Ogni vicenda è incentrata su un rapporto di forza che minaccia la libertà di uno o più individui, con un personaggio centrale che compie un percorso di liberazione (fisica o intellettuale), che influenza in maniera diretta o indiretta la vicenda collocata successivamente dal punto di vista cronologico. Il tema dell'ascesa spirituale verso l'illuminazione è riflesso simbolicamente in molteplici ascensioni fisiche disseminate lungo i percorsi dei personaggi.

Essendo coinvolti i fratelli Wachowski, non si può sfuggire al confronto con "Matrix": innegabilmente, "Matrix" coniugava abilmente una sintesi più organica delle sue molte fonti con un apparato visivo innovativo e seminale. Rispetto a "Matrix", "Cloud Atlas" sembra però un'opera più autentica, che resisterà forse meglio alla prova del tempo, e cui si possono più facilmente perdonare alcuni eccessi.

Difficile arrivare alla fine con le idee chiare: l'obiettivo è proprio quello di spingere lo spettatore a ragionare - se non altro - della struttura del film, oltre che del suo significato. Non c'è sintesi preconfezionata, nemmeno per lo spettatore più ottuso: una certa dose di frustrazione è necessaria e voluta dagli autori, che giocano con gli attori rimodellandone continuamente i lineamenti e riservando a ciascuno ruoli anche minimi in ogni segmento (alcuni talmente nascosti che si scopriranno solo nei titoli di coda).
E' un gioco divertente, ma forse fuorviante, cercare di collegare fra loro i vari personaggi di un singolo attore: se ad Hugo Weaving e Hugh Grant sono destinati sempre i personaggi che rappresentano violenza e falsità (ma per i quali non viene suggerita alcuna continuità spirituale), gli altri si alternano tra il personaggio cui spetta in ogni storia il percorso di ascesa ed illuminazione (il tatuaggio a forma di cometa indica il percorso di una stessa anima attraverso i secoli?) e i ruoli meno definiti e di varia importanza. Una sorta di anima collettiva si muove attraverso il tempo, e dalla semplice vicenda di Adam Ewing si arriva alla genesi di una divinità, Sonmi, circa cinque secoli dopo. La ribellione di Adam Ewing alle politiche schiaviste, la sua personale ascesa verso un mondo fatto di libertà e uguaglianza ha influenzato in maniera indiretta il destino dell'umanità.
Reincarnazione, karma, eterno ritorno, effetto farfalla: c'è di tutto, ma al contrario di "Matrix", in cui la giustapposizione di elementi filosofici, letterari e religiosi sembra un vacuo esercizio di stile, "Cloud Atlas" è un sentito inno alla solidarietà e al sacrificio personale. Porre il bene collettivo al di sopra di quello personale ("la nostra vita non ci appartiene" è il mantra di Sonmi): sarà curioso vedere come risponderanno gli americani a un messaggio che va contro i fondamenti dell'individualismo esasperato su cui sono basati molti dei loro collaudati modelli sociali. Va d'altra parte ricordato che "Cloud Atlas" è un film prodotto in Europa, e probabilmente punta a un mercato globale (anche se il makeup degli attori occidentali trasformati in coreani è francamente imbarazzante e si è già attirato numerose critiche).

Tra gli attori, spicca un Tom Hanks ispiratissimo e istrionico, moltiplicato dalla sceneggiatura e nascosto sotto chili di trucco, fino al segmento di cui è protagonista, quello ambientato nel remoto futuro.
La bravura di Hanks in realtà fa emergere uno dei punti più controversi del film: la necessità di utilizzare - spesso quasi a sproposito - il talento di attori del calibro di Jim Broadbent, Susan Sarandon e Hanks per parti minime, a volte dei semplici cameo. A Halle Berry toccano due ruoli fondamentali: Luisa Rey (nel segmento "thriller" del 1973) e Meronym (nel segmento del futuro post-apocalittico), ma - al contrario di Tom Hanks - la sua prova risulta piuttosto scolastica. Più incisivi risultano senz'altro Jim Sturgess, che ha il delicato compito di dare vita ad Adam Ewing e Jim Broadbent, che ha tre ruoli importanti (Il capitano della nave di Ewing, il vecchio musicista che accoglie Frobisher e infine Timothy Cavendish) in tre storie dai toni molto diversi fra loro e riesce ogni volta a dare il meglio.

Tykwer e i fratelli Wachowski si sono divisi i segmenti temporali: i due nel futuro e quello nel diciannovesimo secolo ai Wchowski, Tykwer gli altri tre. Non si nota alcuno scarto stilistico (tranne quelli richiesti dalla sceneggiatura) e "Cloud Atlas" si presenta come un'unica storia epica, un kolossal di matrice europea e ispirazione universale. Imponente, ma destinato ad un giudizio che può dipendere dal semplice stato d'animo dello spettatore e dalla sua predisposizione ad accettare o meno certe teorie e la melodrammaticità dell'esposizione.
Senza dubbio, un film da prendere in considerazione.

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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 25/01/2013 15.41.00

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