all is lost - tutto e' perduto regia di J.C. Chandor USA 2013
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all is lost - tutto e' perduto (2013)

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locandina del film ALL IS LOST - TUTTO E' PERDUTO

Titolo Originale: ALL IS LOST

RegiaJ.C. Chandor

InterpretiRobert Redford

Durata: h 1.46
NazionalitàUSA 2013
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2014

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Trama del film All is lost - tutto e' perduto

Durante un viaggio nell'Oceano Indiano, un uomo si trova da solo in balia del mare e degli elementi, dopo che il suo yacht ha subito una collisione con un container abbandonato. Con l'equipaggiamento di navigazione e la radio fuori uso, l'uomo per sopravvivere deve far affidamento solo su un sestante, delle mappe nautiche, e il suo intuito.

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Voto Visitatori:   6,75 / 10 (38 voti)6,75Grafico
Miglior colonna sonora (Alex Ebert)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior colonna sonora (Alex Ebert)
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Voti e commenti su All is lost - tutto e' perduto, 38 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Barteblyman  @  06/02/2014 01:37:53
   5½ / 10
Mi viene francamente difficile trovare in questo film rilevanti questioni esistenziali, filosofiche, antropologiche e spaziali. Non che il film sia orrido, non lo è, ma non fosse per il peso del suo protagonista io lo dimenticherei con baldanzosa nonchalance. L'uomo contro la Natura, spinte vitali alla Spinoza (l'individuo saggio riflette sulla vita, si concentra sul vivere), il destino, la s****, finché la barca va lasciala andare. E quindi quasi due ore di un uomo romito e silenzioso in balia dei flutti su una barca in pieno oceano. Nonostante una regia abbastanza anonima che deve molto al montaggio, c'è da dire che il film non annoia. Non annoia ma neanche appassiona. O perlomeno io non ne sono rimasto coinvolto. Guardavo il tutto essenzialmente affascinato da un elemento extra-diegetico, se così posso dire-, vale a dire trovo fantastico il modo in cui le imbarcazioni sono progettate. Vorrei una casa assemblata come una barca. Con ogni elemento concentrato nella sua essenziale funzionalità, con quell'avere a portata di mano. Muovo una fune, aggancio, appendo, srotolo, arrotolo, ruoto e calibro. Calcolo, scorro, stacco, annodo, pompo, svuoto, soppeso, palpo. Compenetrazione di elementi leggeri e robusti. Funi, vele, carrucole, livelli, sportelli, cassetti sotto cassetti. E' un mondo meraviglioso. Un non indifferente bagaglio tecnico col quale affrontare l'ordalia oceanica nonché terrestre. Ove per ordalia si intende una cruenta prova fisica. Robert Redford fa questo. Senza proferir verbi o sostantivi e senza regalare una prova attoriale particolarmente o soprattutto apparentemente pregnante. Lui fa cose, basta. Certo, che altro dovrebbe fare? Nulla se non quello che fa. Complice forse anche l'età matura non ha neanche da parlare da solo, da riflettere ad alta voce, da ironizzare. Lui fa. E cioè calcola, stacca, annoda, srotola, svuota, aggancia, lancia, riprende, blandisce.

Almeno Tom Hanks aveva il pallone Wilson, almeno Pi aveva la tigre. Redford ha "solo" lo sguardo e le rughe. L'austerità. Aprire quindi, come dicevo, riflessioni altre mi pare francamente eccessivo. E' un film su un evento che si fa hic et nunc, un qui e ora. Un presente che (alla Erich Fromm) è un posto di frontiera temporale. La frontiera di un presente, quasi un paradosso. La contingenza del tempo presente e la fragilità di una imbarcazione che è un puntino minuscolo nell'oceano. Un lungo presente dominato dal mare e dall'alienante assenza di ancoraggio terreno, dalla assenza di un paesaggio che orienti. Il passato era il mare, il futuro potrebbe esserlo e il presente è questa dilatazione temporale. Elementi non tanto dissimili da Gravity, anche se lì lo spazio tutto intorno aveva ben altra profondità nonché inventiva registica. All is lost è una documentazione, non va oltre questo. O meglio, pare non voler arrivare ad altro che a questo e riuscendo tuttavia a non annoiare e persino ad inquietare. L'inquietudine del silenzio, del sottile confine tra l'essere al sicuro e il non esserlo per niente. Ma è una inquietudine data dal tratto documentaristico. Le medesime impressioni, se non in forma più densa, si avrebbero guardando un documentario sugli stambecchi del Kurdistan. Nella sottrazione, nel silenzio, nell'evento che appare l'inquietudine è lì a pochi passi. Quando poi il regista cerca di fare altro, di esserci, di andare in altre direzioni (in particolare nel finale, no spoiler), palesa una certa grossolanità. In definitiva, non vi ho trovato nulla di disarmante se non l'invidia per la vita in barca.

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Ultima risposta 13/02/2014 03.02.19
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