american beauty (1999)

La famiglia è uno di quei valori imprescindibili su cui da sempre poggia la società americana.Inevitabile quindi,che per sbeffeggiare questa, Sam Mendes racconti proprio le vicissitudini di un nucleo famigliare della middle class statunitense,la cui felicità è solo tutta ingannevole apparenza,soverchiata da isterismi e nevrosi derivanti da un devastante vuoto pneumatico e dall’incapacità di comunicare.Il finto perbenismo ed il voler apparire perfetti a tutti i costi denotano l’ipocrisia dilagante,schermi dietro i quali nascondere la propria vera natura,umana e quindi imperfetta,ma assoggettata al conformismo della società circostante in cui i “diversi” vengono trattati alla stregua di appestati.
“American Beauty” è un film intenso,girato molto bene,in grado di alternare momenti tragici con altri decisamente più leggeri,mostrando grande forza nel proporre personaggi a volte talmente imperfetti da risultare assolutamente reali,veritieri,capaci di scatenare terrore per la paura di ritrovarcisi o di scovare delle similitudini con i nostri conoscenti o con i vicini di casa.
L’autore tocca argomenti già affrontati da altri registi in passato,inciampa in qualche contraddizione,ma la sua capacità di non banalizzare e soprattutto di proporsi attraverso un film fresco,pregno di personalità e di lodevoli intuizioni,eccellenti a tal proposito le scene oniriche, induce ad evitare di affrontare disamine troppo severe,e forse inutili.
Il folgorante debutto di Mendes è divenuto anche la sua maledizione,utilizzato spesso come termine di paragone con i suoi lavori successivi con i quali non è più riuscito a convincere come con questa pellicola (anche se a mio modesto avviso “Jarhead” è un gran film).
Gran debutto davvero,in cui l’American Beauty del film è come quella rosa della locandina,bellissima ed attraente in apparenza,ma piena di spine pronte a pungere e ferire chiunque le si avvicini troppo.