Un attore (Michael Keaton), celebre per aver prestato il volto a un iconico supereroe, sta allestendo una commedia da portare in scena a Broadway. Nei giorni precedenti alla prima, si ritroverŕ perň a fare i conti con il proprio ego, tentando di recuperare i rapporti con la sua famiglia, la carriera e, in un'ultima analisi, anche se stesso.
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VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR: Miglior film straniero
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior attore in un film commedia o musicale (Michael Keaton), Miglior sceneggiatura (Alejandro González Ińárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo)
Un po' "Arizona Dreams" di Kusturica, un po' "Shining" di Kubrick, un po' "Big Fish" di Burton, un po' "La nuit américaine" di Truffaut, molto "Synedoche" di Kaufman, "Maps to the star" di Cronenberg, "America oggi" di Altman e naturalmente "Nodo alla gola" di Hitchcock, questa ultima genialata di Iñarritu trasforma un soggetto ampiamente portato su palcoscenici e set cinematografici (il rapporto finzione-realtà, personaggi-persone nella creazione artistica con particolare riferimento al ruolo degli attori e del regista nonché il rapporto tra "opera d'arte" e "blockbuster" o narrazione popolare) in un trionfo registico virtuosistico al limite della perfezione arricchendolo di considerazioni molto moderne che lo rendono davvero interessante e originale.
Un attore che negli anni Novanta aveva raggiunto l'apice del suo successo grazie a una serie di blockbuster hollywoodiani fantasy (i "Birdman" del titolo), si ritrova vent'anni dopo irrimediabilmente invecchiato ma soprattutto desideroso di un riconoscimento artistico maggiore; eccolo dunque investire tutti i suoi averi nella messa in scena in teatro di una pièce di Carver che lo vede nel quadruplo ruolo di soggettista-adattatore, produttore, regista e co-protagonista. Come un novello Bela Lugosi, però, il nostro s'è identificato talmente nel suo personaggio d'antan, da credere di essere davvero Birdman, o almeno che una parte di sé lo sia, al punto non solo di sentirne la voce e di vederlo, ma addirittura di provocare fenomeni paranormali di telecinesi. A questo punto tutta la vicenda che ruota intorno alla preparazione e allo svolgimento effettivo della prima assume connotati surreali e iperrealistici allo stesso tempo, abbandonandoci ai deliri del protagonista e di tutti coloro che gli ruotano intorno. La parte più interessante è il rapporto con la figlia: se il padre rincorre la fama "vecchia maniera" (l'onnipotenza della star del blockbuster hollywoodiano), la figlia gli sbatte in faccia la microfama, ovvero il numero di "like", "condivisioni" e "retweet" (aizzati e conditi dalle immancabili e intramontabili apparizioni televisive su telegiornali e trasmissioni "people") che riesce ad ottenere in tempo reale su web. Che poi altro non è se non la versione popolare della fama e delle sue conseguenze una volta riservate alle sole star come lui e oggi alla portata di tutti. Per ottenere la sua consacrazione (in realtà il suo "quarto d'ora di celebrità"), spinto dall'esuberanza assoluta del suo nuovo co-primo attore e da eventi reali più o meno banali, moltiplica suo malgrado le varianti al gran finale della pièce arrivando persino a sfiorare il suicidio reale sul palcoscenico: questa brutale irruzione della realtà nella finzione assicurerà il successo totale dello spettacolo ma contemporaneamente provocherà la sua dipartita (per dove?).
Caustico sia con lo star-system che con mass-media e "addetti ai lavori" per la loro presunzione di "demiurghi" di realtà e persone che mettono in scena o che criticano, Iñarritu non risparmia frecciate velenose anche (soprattutto?) al pubblico "medio", reo di essersi abbandonato agli stessi meccanismi narcisistici che dilaniano le sue star preferite non appena ha avuto a disposizione i mezzi per poterlo fare (i social network). Con la conseguenza imprevista che l'irrealtà schizofrenica dei nostri ego infantili(zzati) ha fatto irruzione nella vita reale rendendola pericolosissimamente surreale, autistica e distopica (memorabile la sequenza del tentato suicidio del protagonista sui tetti del teatro newyorkese dove una massaia gli chiede urlando seccata se stava facendo sul serio o se stavano girando un film, oppure la sequenza in cui "Birdman" rimane bloccato all'esterno del teatro in mutande costringendolo a un rientro in scena dalla parte del pubblico, cioè dalla sala, ampiamente filmato e "postato" sulla Rete).
In questa continua confusione reale che fa impallidire il Pirandello del "Giuoco delle parti" e dei "Sei personaggi in cerca d'autore" non c'è spazio per alcuna meraviglia e i momenti di autenticità sono possibili solo giocando, drogandosi o… fingendo: emblematico il rapporto tra la figlia del protagonista e il suo attore co-protagonista, esplicitato da dialoghi puntuti e inequivocabili e da situazioni reali che vengono troncate sempre da ciò che accade -o sta per accadere- in scena, cioè nella finzione (ma occhio: succede sempre regolarmente anche l'esatto contrario, a ben guardare!). Questo ardito gioco metalinguistico è sorretto da una realizzazione tecnica mozzafiato: il film sembra girato in un unico piano-sequenza (davvero superlativo il montaggio di Douglas Crise) il cui punto di vista vorrebbe essere il nostro (da urlo la fotografia di Emmanuel Lubezki), gli effetti digitali impazzano facendo sembrare naturalissime situazioni più che oniriche, gli effetti sonori sono curati meticolosamente, le prove attoriali semplicemente perfette: il polso di Iñarritu è fermissimo. Menzione a parte merita la straordinaria colonna sonora di Antonio Sanchez che contrappunta l'intera pellicola (salvo rare incursioni di musica classica) con una forsennata batteria jazz usata tanto in "off" che in un'originalissima maniera diegetica fin dai notevoli titoli di testa e di coda che graficamente anticipano e chiudono la frammentazione psicologica dei vari personaggi e in particolare dei protagonisti. Suggerendo la chiave di lettura del film nella citazione iniziale della pièce di Carver: "E hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto? Sì. E cosa volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra". Problema: che succede quando si confonde l'ammirazione e il riconoscimento esteriore con l'amore?
E' un buon film e non ci piove però soffre come in tutte le opere di Inarritu di eccessivo narcisismo e infatti le tematiche trattate sono troppe e a un certo punto mi sembrava addirittura che ristagnassero.. Ottima comunque la sua regia e ottimo il cast dove sono riuscito per la prima volta ad apprezzare pure un'attrice tutt'altro che memore di grandi prove come la Stone.. Coraggiosa la prova di Keaton che sembra quasi prendere parte ad un'autobiografia e ben scritti i dialoghi che fungono spesso da critica verso quell'enorme ammasso di spazzatura che è adesso il cinema dei supereroi e che ad Inarritu deve stare parecchio sui maroni (giustamente), peccato però che alcuni tendano verso il modaiolo (vedasi il discorso reitarato sui social network).
VOTO 6 Il cinema che parla di se stesso non mi entusiasma mai, anzi non mi interessa proprio vederlo. Le pseudo denunce ai vecchi o nuovi media non sono nulla di nuovo, ci sono pellicole che hanno trattato meglio e in modo più originale l'argomento. Cinematograficamente parlando quest'anno è stato un anno abbastanza deludente. Oggi nel cinema e non solo se riesci a farti un nome puoi andare avanti per sempre anche proponendo l'improponibile tanto per conformismo la gente ti applaudirà lo stesso.
"L'imprevedibile virtù dell'ignoranza" potrebbe essere il titolo della mia esperienza al cospetto di Birdman, del quale non sapevo nulla della trama e non avevo visto nessuna immagine. Totalmente spiazzato dall'ultimo Inarritu. Il messicano qua è irriconoscibile, nel genere e nello stile, ha reiventato se stesso e si è superato. La regia infatti è superlativa, c'è un'unica inquadratura che segue i personaggi, che preme sul protagonista, che sfrutta tutti i metri quadrati del teatro. Un vero e finto piano sequenza davvero incredibile, funzionale a mantenere il ritmo e a non far scemare la tensione, braccando secondo per secondo gli attori, soprattutto Riggan Thomson, regista e protagonista dell'imminente pièce il cui esito determinerà la sua intera vita. Le tematiche sono infinite, credo che per alcune Inarritu abbia sbirciato nella filmografia di un altro grande regista: Darren Aronofsky. La scelta dell'attore protagonista che si fonde con il personaggio (Keaton/Batman Thomson/Birdman) viene da "The Wrestler", così come il riscatto, mentre il dualismo interiore e l'ansia per lo spettacolo ricordano molto "Il Cigno Nero", dal quale prende spunto anche per il finale. Riggan, come Nina, sembra creare lo spettacolo perfetto con la vera morte sul palco... ma morte non è. Il vero finale, con il trionfo di Riggan divenuto Birdman, mi è piaciuto molto, ma riflettendoci nasce dall'unico neo del film. Non si comprende come un uomo che si vuole sparare alla tempia, finisce per colpirsi il naso... Colonna sonora trascinante di un batterista messicano.
Ben recitato (Norton grandioso) e costruito in un film di/sul meta-teatro. Forse MK e la Stone un filo troppo gigionesci ma il risultato è assai godibile.
Un film grandioso, interpretato da un cast strepitoso, non solo Michael Keaton ad altissimi livelli, ma anche Edward Norton, "rispolverato" finalmente dopo alcuni anni di carriera altalenante e un pò appannata. La fotografia è spettacolare, splendida cornice di una lunga sequenza di scene dal ritmo incalzante. Il finale non mi ha convinto del tutto, ma è solo un dettaglio. Davvero meritate tutte le candidature agli Oscar. Film bellissimo, da vedere.
Scioglilingua prima di andare in scena. Siamo nei labirintici cunicoli di un teatro di Broadway dove seguiamo (grandi) attori che interpretano personaggi un po' nobili e un pò patetici,personaggi intenzionati a mettersi a nudo,non solo sul palco. E ben venga la classica figlia (della star) appena uscita da una disintossicazione,se poi te la ritrovi a disegnare trattini su rotoli di carta igienica e,soprattutto,a fissarti con quegli occhioni manga. Birdman non è la storia di un attore intrappolato nei panni del suo personaggio più famoso. Neanche quella di una celebrità in crisi. E' la storia di un vecchio supereroe che vuole solo tornare a fare quello che più ama. Svolazzare fuori dalla finestra.
Inaritu abbandona per un attimo le atmosfere cupe,soprannaturali di Biutiful e CAMBIA ANCORA, rivelandosi ancora una volta un regista dal talento infinito e dall'immaginazione dirompente. Oltre al cast perfetto, si fà aiutare da Luzbeki che come direttore della fotografia è spaventosamente bravo, al pari di Wally Pfifer per intenderci. Il film nella sua narrazione ha certamente qualcosa di altman, ma và OLTRE, e non vi dico quanto. Non è certo un film per tutti, ha molto da dare, ma tanto ancora da suggerire, è quello che nasconde in parte si intuisce, ma in buona parte no. Partiamo dalla TECNICA, concepire un film costruito con un continuo, mobile,variegato,lungo ma mai ovvio piano sequenza è qualcosa di folle e geniale allo stesso tempo. Per poi concludere con 12 stacchi comunque funzionali ad una storia. Che storia è? La caduta di una star, e che Star,Batman,alias Birdman,vecchia celebrità, depressa,psicotica,al verde, incasinata,ma che cerca di rialzarsi.I dialoghi sono assolutamente brillanti, e quando metti Norton versus Keaton, non sai dire chi è più bravo,introspettivo,in fondo sono le facce di una stessa medaglia, l'attore di cinema e l'attore di teatro, ma indovinate chi è più famoso?Come ho detto è BRILLANTE, aggiungi poi Zach Galifianakhis, che dismessi i panni del comico, indossa quelli del manager,dell'amico e della spalla di Keaton. Arrivano di passaggi anche Naomi Wats ed Emma Stone, brave e e belle, per non parlare di attori per me onestamente sconosciuti ma bravissimi,Andrea Riseborough,Amy Ryan,Merritt Wever,Natalie Gold,Joel Garland, e altri. in tutto questo Michael Keaton(con parrucchino di scena o senza) è superlativo,da divo a fallito,ex-alcolista,rialcolista,nevrotico,che dialoga con un uomo uccello, che l'ha fatto volare, ma ora non vola più, mentre Robert D.Junior fà soldi a palate, anche se lui è stato il primo(metafora metacinematografica). Insomma Keaton si prenota per l'oscar, e non solo lui, Anche Norton, la sceneggiatura, la regia e il film, sarebbe il bis, di un regista ispanico dopo Cuaron, e magari. Comunque, se volete una storia sulle imprevedibili virtù dell'ignoranza, sull'amicizia, sui critici, sul teatro, sul recitare, sugli attori, su New York, sui supereroi falliti, sui socialnetwork, e in definitiva sulla vita,l'universo e tutto quanto, Birdman è quel film. "Lei sà solo mettere un etichetta".
Birdman, ossia un soliloquio di circa due ore. Parliamoci chiaro, il film secondo me riesce a comunicare esattamente quello che voleva trasmettere, per cui il mio giudizio è puramente personale in quanto non amo i luoghi tetri, claustrofobici, i monologhi metafisici e gli aspetti psicologici introspettivi nel contesto cinematografico. Tecnicamente ineccepibile, un cast assortito e all'altezza del compito assegnato. Nove Oscar? Mi sembrano eccessivi....
Una grande regia ha diretto degli ottimi attori in un film dai temi per niente banali riuscendo nell'impresa di confezionare un validissimo prodotto cinematografico. Film che si basa principalmente sullo stato psicologico dei protagonisti, riesce a trasmettere sensazioni più o meno forti a seconda di quanto siamo disposti a calarci nello stato d'animo degli attori. Molto probabilmente vincerà a mani basse il premio oscar come miglior film e miglior regia. Anche se non amo questo genere devo ammettere che è un gradino sopra tutti gli altri film di quest'anno.
un bel fim, una trama assolutamente non banale come le solite americanate, dove un attore cerca di staccarsi dal personaggio che ha interpretato,il supereroe birdman appunto, attraverso il teatro; ma comunque per tutti i temi trattati ci possono essere diversi punti di vista che ogni spettatore puo ricavare dalla visione di questo film, in ogni caso ottima e originale la regia, molto valido il cast (tra cui spicca un grande michael keaton) e buoni anche i dialoghi, assolutamente un film consigliato
Il dissidio tra arte e vita si risolve in un ineluttabile intreccio per un attore da blokebuster che tenta di dare un senso alla vita tentando il salto nel teatro, alle prese con i fantasmi della sua vita (il suo personaggio, la sua ex moglie, il senso di fallimento che è di tutti). Il delirio di onnipotenza di (ogni) attore che fa a pugni con il senso di vuoto di (ogni) esistenza sullo sfondo la città più viva del mondo (N.Y.) in un film tecnicamente pazzesco che si risolve in un unico piano sequenza da brivido, recitato benissimo, sceneggiato ancor meglio e diretto impeccabilmente dal forse più bravo regista vivente. Alla fine (e nei titoli iniziali) ognuno di noi cerca un senso alla propria vita: chiamasi amore, declinato ognuno alla propria maniera.
L'attesa era molta per questo nuovo film di Inarritu e devo dire che ha soddisfatto a pieno le attese. Un film intelligente, con un intensa gamma di temi al suo interno immortalati da una fotografia e una regia che definirei quasi geniali. La colonna sonora targata dal batterista Antonio Sanchez, segue perfettamente l'andamento emozionale del film e la sua visione qua e la durante la narrazione è un tocco di classe della regia, che spazia, si diverte e diverte chi guarda. In qualche modo si potrebbe analizzare come una storia che va oltre la finzione cinematografica, dato che il Michael Keaton che interpreta l'attore principale è rimasto anch'esso confinato un po' nei panni pesanti del supereroe che aveva interpretato 20 anni prima. Non era l'uomo uccello, ma l'uomo pipistrello, comunque le similitudini sono molte. Lo stesso Keaton dimostra di non essere un attore bollito, cosi come il personaggio da lui interpretato, anche se per la statuetta credo che se la giochino senza dubbio Redmayane e Cumberbatch. Da sottolineare anche un Norton in palla nel ruolo e una bravissima Emma Stone. Insomma, un piccolo gioiellino.
Un unico piano sequenza che incasella alla perfezione questa macedonia squisita di situazioni, sensazioni e pagine di storie, momenti e occasioni. La regia di Inarritu è sensazionale..e di conseguenza l'intero comparto tecnico/scenico ed effettistico; la prova del cast è stellata. Un piccolo capolavoro.
La quantità di temi in questo film è tale che alla fine il regista avrebbe potuto dire molto di più. La (bellissima) fotografia ci trascina in mezzo ad un caotico accumularsi di sensazioni, in una specie di continuo piano sequenza, che dà perfettamente l'idea della pressione a cui è sottoposto il protagonista. Gli attori sono davvero tutti perfetti e la colonna sonora è sorprendente. Molti aspetti della storia probabilmente mi sfuggono (non ne so abbastanza di teatro) ma, riuscito o no, penso sia un film che valga la pena vedere.
Se non è un capolavoro moderno, poco ci manca. Regia sublime, recitazioni fantastiche, colonna sonora spettacolare, tantissime tematiche, dialoghi brillanti, finale poetico. Questo è il cinema che amo.
Fin troppo palese la deriva altmaniana e smaccatamente metacinematografica verrebbe da dire, un'ovvietà (voluta) che si perde in un bicchier d'acqua tra l'innocuo e il ridondante seppur dagli apprezzabili (e sinceri?) intenti.
Un piccolo capolavoro di Inarritu. Sicuramente è uno dei suoi migliori film. Una commedia drammatica scurrile ma divertente e piena di idee. Bellissimi dialoghi. Bravissimo Keaton, meno Norton e Stone. Qualche piccola parte per la brava Naomi Watts. All'inizio è un po' lento ma prende ritmo nella seconda parte. Da non perdere.
Nel panorama piatto e standardizzato del cinema odierno, sia commerciale che d'autore, "Birdman" arriva come una ventata d'aria fresca. Finalmente un film che esce un po' dai soliti canoni, anche se poi quello che lascia senza fiato è soprattutto la sua realizzazione tecnica. Che Lubezki sia uno dei più grandi direttori della fotografia odierni non lo scopro certo io. Incline al virtuosismo (basta vedere "I figli degli uomini" e "gravity", per citarne 2), qui, insieme ad Inarritu, si scatena in una serie di soluzioni visive elettrizzanti. Film che viene concepito come una sorta di immenso piano sequenza, ovviamente è un "trucco" ottenuto con raccordi nacosti e CGI, in cui, però, ci sono anche salti temporali (intendo che non è in tempo reale, a dispetto di una illusoria unica ripresa, eccezion fatta per alcune piccole parti). In certi momenti l'unico aggettivo che mi veniva in mente per definire quello che stavo vedendo era l'americano "jaw-dropping", perchè veramente la mascella si era slogata e toccava terra. Ottima anche la costruzione della storia ed ottime le performance degli attori. Non amo troppo lo stile di Michael Keaton, che ha troppo la tendenza a"caricare" e smorfieggiare un po' alla Robert Downey jr, però qui, a parte alcune scene in cui cade nei vecchi "vizi" (tipo quella del bar con il critico), non è male. Notevole anche Norton.
bel film a mio parere, sotto tutti gli aspetti, dalla regia alla recitazione, anche i dialoghi mi sono piaciuti. bravo Inarritu, finalmente un prodotto originale in mezzo al massiccio grigiore della produzione americana!
Il film parte molto lento, per prendere poi un pò di ritmo, ma lo dico con sincerità non amo questo tipo di film.
Cioè praticamente delle piece teatrali, proiettate sul grande schermo. Tipo Carnage o tipo Lincoln, girati quasi interamente al chiuso, tremendamente verbosi. Poi è chiaro che dal punto di vista prettamente tecnico sia notevole.
Provo un vero e propio dissidio per questo film, Recitazione,sceneggiatura e colonne sonore stupende, ma lo ritengo un film abbastanza noioso. Ho capito la morale del film che è quella di criticare il cinema moderno e i film suoi supereroi,ma lo ritengo molto lento. Secondo me questo è un film che va visto più volte e capire ed analizzare meglio i concetti filosofici della trama. Questa è un opinione personale e non vorrei condizionare nessuno.
Brillante, commovente, ironico, divertente , drammatico, onirico. Be' il film e questo e molto altro con una regia straordinaria sicuramente d aOscar ed un Keatonmai visto a questi livelli che rende questo film assolutamente imperdibile. I tormenti, i dubbi ed il rammarico del protagonista sono poi (forse) quelli reali di Keaton, della sua declinante carriera dopo che rifiuto' di fare il terzo Batman, in un parallelismo crescente fino all'epilogo forse un po' telefonato ma sicuramente di grande impatto emotivo. Straordinario Norton come sempre ma soprattutto da sottolineare la grande prova come attore drammatico di un Galfianidis in stato di grazia. Leggendaria la sequenza di quando rimane chiuso fuori dal teatro.Sicuramente il miglior film dell'anno!
a tratti troppo fantastico e soffre dell'assenza di Norton nella seconda parte chiaramente Inarritu voleva fare un bel calderone con dentro tanti argomenti, ma, a mio avviso, ha un pò forzato la mano ottime le interpretazioni, svettano Norton e Keaton su tutti regia perfetta, così come i movimenti di camera
Ovviamente non si può fare a meno di notare la scelta, certamente voluta, del protagonista di Birdaman: quel Michael Keaton, Batman burtoniano, qui alle prese con il suo alter ego cinematografico Birdman, maschera supereoistica degli anni 90 a cui Riggan Thompson deve la sua fama ma al tempo stesso il suo oblio come attore. E' singolare la scelta di Inarritu, in un periodo dove vengono sfornate pellicole supereroistiche a mazzi, imbastire la storia di un attore che cerca riscatto, prendendo le distanze dalla fonte del suo stesso successo. Il backstage diventa quindi il luogo dove si incontrano e si scontrano le ossessioni del suo protagonista e dei suoi compagni di avventura nell'allestimento di una piece teatrale "seria" tratta da Carver, in una miscela riuscita tra commedia e dramma. Bella la regia di Inarritu, piani sequenza che seguono il povero Riggan nel suo peregrinare dentro e fuori le quinte (memorabile il faticoso rientro in teatro dopo che si era inavvertitamente chiuso fuori). Secondo me il film soffre un eccesso di tematiche che Inarritu mette sul piatto, ma sia la regia che il cast grandioso offrono una resa pienamente all'altezza.